Età internazionale : Schema cronologico e degli eventi dei secc. XV-XIII
Età internazionale
Schema cronologico e degli eventi dei secc.
XV-XIII
Il regno di Mittani si era formato probabilmente qualche tempo dopo la spedizione di Murshili I in Siria (1595 attacco a Babilonia). La prima menzione di Mittani data comunque alla fine del XVI sec. da fonte egiziana che narra una spedizione in Siria, forse quella di Tutmosi I (1528-1510). Capitale del regno è Washukkanni, per cui si ipotizza l'identificazione con Tell Fekheriye. Il primo re di questo regno di cui si abbiano notizie più precise è Parattarna, che domina su una serie di regni minori dell'area che si estende da Kizzuwatna a Terqa (sul medio Eufrate). Documento particolarmente significativo è l'iscrizione di Idrimi (ca. 1500), il re che grazie all'appoggio del re di Mittani potè insediarsi a Alalakh. Il re Tuhdaliya I/II espande il regno ittita sia verso ovest (contro la coalizione di Ashshuwa che comprende Wilusha e Taurisha) che verso est. A est si estende il dominio hurrita (mittanico), il cui sovrano in questa fase è Shaushtatar, che domina su Alalakh e Kizzuwatna. Anche il faraone egiziano inaugura una politica di espansione in Siria dove si registrano una serie di scontri con Mittani, il più famoso dei quali è la battaglia di Megiddo, ove la coalizione di pricipi siriani alleata di Mittanni è sconfitta dagli egiziani. Altra scofitta si verificherà una decina d'anni dopo ad Aleppo. Tutto ciò indebolisce il re di Mittani. Il re ittita Tuhdaliya I/II stipula un trattato con Kizzuwatna che così entra nella sfera politica ittita. Con i successori Arnwanda e Tudhaliya III (verso la metà del XIV sec.) il regno verrà praticamente inglobato in quello ittita.
Altra direttrice di espansione è quella verso Aleppo che viene conquistata, mentre trattati sono stipulati con i regni siriani di Tunip e Ashtata, riprendendo le conquiste dei predecessori. Trattato di Kurushtama con l'Egitto (prima attestazione di un trattato formalizzato tra i due). Mittani e Egitto inaugurano a questo punto una politica di alleanza che si concretizza con il trattato suggellato dal matrimonio interdinastico della figlia di Artatama con Tuthmosi IV (1413-1405). Ne seguiranno altri due tra principesse di Mittani e Amenophi III.
Il regno di Mittani si era formato probabilmente qualche tempo dopo la spedizione di Murshili I in Siria (1595 attacco a Babilonia). La prima menzione di Mittani data comunque alla fine del XVI sec. da fonte egiziana che narra una spedizione in Siria, forse quella di Tutmosi I (1528-1510). Capitale del regno è Washukkanni, per cui si ipotizza l'identificazione con Tell Fekheriye. Il primo re di questo regno di cui si abbiano notizie più precise è Parattarna, che domina su una serie di regni minori dell'area che si estende da Kizzuwatna a Terqa (sul medio Eufrate). Documento particolarmente significativo è l'iscrizione di Idrimi (ca. 1500), il re che grazie all'appoggio del re di Mittani potè insediarsi a Alalakh. Il re Tuhdaliya I/II espande il regno ittita sia verso ovest (contro la coalizione di Ashshuwa che comprende Wilusha e Taurisha) che verso est. A est si estende il dominio hurrita (mittanico), il cui sovrano in questa fase è Shaushtatar, che domina su Alalakh e Kizzuwatna. Anche il faraone egiziano inaugura una politica di espansione in Siria dove si registrano una serie di scontri con Mittani, il più famoso dei quali è la battaglia di Megiddo, ove la coalizione di pricipi siriani alleata di Mittanni è sconfitta dagli egiziani. Altra scofitta si verificherà una decina d'anni dopo ad Aleppo. Tutto ciò indebolisce il re di Mittani. Il re ittita Tuhdaliya I/II stipula un trattato con Kizzuwatna che così entra nella sfera politica ittita. Con i successori Arnwanda e Tudhaliya III (verso la metà del XIV sec.) il regno verrà praticamente inglobato in quello ittita.
Altra direttrice di espansione è quella verso Aleppo che viene conquistata, mentre trattati sono stipulati con i regni siriani di Tunip e Ashtata, riprendendo le conquiste dei predecessori. Trattato di Kurushtama con l'Egitto (prima attestazione di un trattato formalizzato tra i due). Mittani e Egitto inaugurano a questo punto una politica di alleanza che si concretizza con il trattato suggellato dal matrimonio interdinastico della figlia di Artatama con Tuthmosi IV (1413-1405). Ne seguiranno altri due tra principesse di Mittani e Amenophi III.
Queste relazioni sono documentate per i regni di
Amenophi III (1405-1367) e IV (1367-1350) dalle lettere di el-Amarna, che
rivelano come l'area siro-palestinese fosse divisa in due sfere di influenza
tra i due regni maggiori. Siamo informati anche sulle vicende della successione
al trono, in particolare di Mittani, dove Tushratta assume la regalità dopo una
fase abbastanza problematica e riconferma l'amicizia con l'Egitto. Con Amenophi
IV sembrano tuttavia insorgere alcuni elementi di tensione.
Il re ittita Tudhaliya III riprende verso la fine
del suo regno una politica di aggressione in Siria, anche se, se diamo credito
al racconto del successore, dovette subire attacchi dal nord (Kashka) e
dall'ovest (Arzawa). Sul trono di Hatti sale Shuppiluliuma I (ca. 1370-1342),
verosimilmente in modo non del tutto legittimo, e riprende la politica
espansionistica ai danni di Tushratta di Mittani. Tale politica è favorita
anche dall'Assiria che, liberatasi dalla subordinazione a Mittani con il re
Ashshur-uballit I (1363-1328), intende porsi come interlocutore delle grandi
potenze del tempo.
Shuppiluliuma compie due spedizioni in Siria, la
prima è quella che dura un anno (v. introduzione del trattato tra Shuppilulima
e Shattiwaza) e che porta alla conquista di vari stati siriani, compresi Aleppo
e Alalakh, ma non ancora di Karkemish. Il figlio viene posto sul trono di
Aleppo.
La successiva spedizione durò sei anni e si
concluse con la conquista di Karkemish e l'imposizione sul trono di Mittani del
fedele Shattiwaza. Le fasi dello scontro sono verosimilmente più complesse di
quanto compare dai documenti ittiti; le lettere di el Amarna rivelano altre
fasi del conflitto e le lettere da poco scoperte a Qatna potranno, una volta
pienamente comprese, contribuire a far luce su questi complessi rapporti che
coinvolgono anche l'Egitto. Anche
Ugarit, che faceva parte della sfera di influenza egiziana, deve entrare in
quella itttita e il re Niqmadu II stipula un trattato con Shuppiluliuma.
La spedizione dei sei anni porta alla conquista
di Karkemish, ove viene posto Piyashshili, altro figlio del re ittita. Un altro
figlio viene mandato in Egitto come sposo della vedova, si presume, di Amenophi
IV, ma è ucciso in un agguato. Viene quindi operata una rappresaglia ittita nei
territori egiziani di Siria dove però i soldati contraggono una malattia epidemica.
Attacco ittita anche a Qatna, che con il re
Akizzi era forse passata all'Egitto.
La guerra contro Mittani prosegue con
l'intervento di Piyashshili di Karkemish che sostiene un pretendente al trono,
Shattiwaza figlio di Tushratta, che durante le lotte per la successione si era rifugiato presso la corte
ittita. Il re di Mittani, Shuttarna, si allea intanto con gli Assiri.
L'aggressione ittita a Mittani viene dunque presentata come ristabilimento
dell'ordine legittimo e il legame con Hatti suggellato dal matrimonio tra
Shattiwaza e una figlia del re ittita. Mittani diventa così stato subalterno a
Hatti e la sua ampiezza ridotta, mentre Karkemish diviene il centro ittita per
gli affari siriani. Si ha notizia di una ribellione in Mittani, ma in seguito
il nome stesso del regno non compare più nelle fonti, che menzionano invece
Hanigalbat. Il re assiro Adad-nirari I (1305-1274) narra di aver sconfitto
Shattuara I, il successore di Shattiwaza (forse all'epoca della battaglia di
Qadesh). Gli Assiri prendono quindi il controllo della regione e con
Salmanassar I (1273-1244) la assoggettano completamente.
A Hatti prende il potere, forse nel 1321, il re
Murshili II che intraprende una vittoriosa campagna contro Arzawa determinata
dalla pericolosa alleanza di questo regno con Ahhiyawa, ossia i Micenei.
Con il successore Muwatalli II la capitale viene
spostata da Hattusha a Tarhuntashsha e il regno viene diviso.
Intanto i re egiziani Sethi I e poi soprattutto
Ramses II (che sale al trono forse nel 1279) intraprendono una politica di
aggressione in Siria per recuperare i territori persi al tempo di Shuppiluliuma
I, ottenendo la sottomissione di Benteshina di Amurru. Nel 1275 gli egiziani
organizzano una grande spedizione che si scontra con gli Ittiti a Qadesh in una
sanguinosa battaglia ricordata nelle fonti egiziane, ma che fu probabilmente
favorevole all'esercito ittita di Muwatalli II, che comunque riesce a
riconquistare il controllo di Amurru e altre zone siriane.
A Hatti sale al trono Murshili III che sarà però
vittima di una contesa dinastica che porterà poi al trono Hattushili III, che firmerà un trattato di
pace con l'Egitto, suggellato da un matrimonio interdinastico nel 1246. L'area
di influenza ittita si estende fino a Qadesh e ha in Karkemish il centro più
importante.
Con il successore Tuthaliya IV il regno ittita
comincia a mostrare segni evidenti di crisi. Il re stipula un trattato con il
regno di Tarhuntashaha ove era insediato un altro ramo della dinastia ittita.
Perde una battaglia contro gli Assiri a Nihriya, deve intervenire contro i
Lukka in Anatolia sud-occidentale e affrontarre la turbolenza dell'area
occidentale.
Shuppiluliuma II interviene contro Cipro e contro
i pirati che operavano lungo le coste meridionali dell'Anatolia. Tali campagne
vanno probabilmente connesse anche alla grave situazione di instabilità che
stava creandosi nell'area mediterranea per l'azione dei Popoli del Mare contro
cui intervergono i faraoni Merneptah (1230) e Ramses III (1190).
I decenni successivi vedono assedi e saccheggi
alle città della costa siro-palestinese e la distruzione di Ugarit ad opera
probabilmente dei questi stessi gruppi. La crisi si ripercuote anche nell'area
della Siria interna con la disgregazione delle entità statali preesistenti e
soprattutto sul regno ittita, la cui capitale era forse già stata spostata da
Hattusha prima della fine che comunque giunge intorno al 1180-70. Nel vuoto
politico si accresce l'importanza di Karkemish e dalle rovine di Hatti nascono
gli stati neo-ittiti.
Medio
Assiro - Mentre nel Levante si sviluppa il confronto tra
Ittiti e Egiziani, l’Assiria si inserisce nel gioco delle grandi potenze e con
Adad-nirari I (1307-1275) raggiunge l’Eufrate impadronendosi delle città che
avevano costituito il regno di Mittani
Altro attacco avviene sotto il successore
Salmanassar I (1274-1245) che combatte contro il re di Mittani/Hanigalbat che
si era ribellato e i suoi alleati Itttiti e Ahlamu
Con Tukulti-Ninurta I (1233-1197 BC) la presa
assira su Hanigalbat si consolida soprattutto sulla parte centrale, benché si
verifichino vari scontri con gli Ittiti e campagne contro aree hurrite ribelli
situate al confine nord di Hanigalbat. Egli espande I confini assiri a nord e a
nord-est e sconfigge il re di Babilonia Kashtiliash. Il confine occidentale va
collocato tra il Balikh e l’Eufrate. Hanigalbat è sede del gran visir (sukkallu
rabu) che porta anche il titolo di “re di Hanigalbat”, ma la regione non è
autonoma. E’ bacino agricolo di primaria importanza amministrato da funzionari
assiri che sono membri della famiglia reale e che risedono in palazzi assiri e
in tenute agricole (dunnu), come quello rinvenuto a Sabi Abyad (livello 6), che
era stato fondato all’inizio del regno.
Mentre il governo e l’amministrazione sono in
mano agli assiri, la popolazione hurrita locale fornisce la forza lavoro.
Il regno di Tukulti-Ninurta I termina con lotte
dinastiche, egli viene imprigionato e ucciso dal figlio alla testa di una
rivolta di nobili assiri nel 1197 BC.
Documentazione da archivi periferici assiri dei
secoli XIV-XI
Tall Munbaqa – Ekalte
Tell Sheh Hamad – Dur
Katlmmu
Tell Huwera – Harbe
Meshkene – Emar
Tell Sabi Abyad
Tell Taban – Tabetu
Tell Bderi – Dur-Ashshur-ketti-lesher
A Tell Sabi Abyad è documentato il governo
di Ilī-padâ , gran visir con sede a
Dur-Katlimmu e propietario del dunnu fino
alla sua morte nel 1185 ca. (livello 5; Wiggermann 2000; Wiggermann in prep.;
Akkermans and Wiggermann in press).
Ninurta-apil-Ekur (1182-1170 BC), figlio di
Ilī-padâ, salì al trono d’Assiria e il titolo di re di Hanigalbat scomparve.
L’insediamento madio-asiro di Sabi Abyad continuò dopo il 1182 (livelli 4
and 3), anche se le sue relazioni conn l’amministrazione assira sono meno ben
documentate.
Il controllo assiro dell’area del Khabur continua
durante il regno di Tiglatpileser I (1114-1076 BC), come documentano i testi da
Tell Bderi (Dur Aššur-ketti-lešer), Tell Taban (Tabetu), Tell
Barri (Kahat) and Tell Brak (Pfälzner 1995: 114, 225-226; Ohnuma et al.
1998, 2000; Ohnuma and Numoto 2001). I
ritrovamenti recenti da Giricano Höyük , in Turchia sud-orientale, databili al
1069/68 BC (Radner 2004; Schachner 2002, 2003) attestano la sopravvivenza del
sistema amministrativo basato sul dunnu
almeno fino al regno di
Aššur-bel-kala, benché forse su scala minore e gestito da dinastie
locali legate agli Assiri ( Masetti-Rouault 1998: 235). Ad un certo punto però
gli assiri appaiono perdere il controllo dell’area del Balikh e di altre parti
del regno ad opera di tribù e città-stato aramaiche che si insediano nella
Jezira e saranno riassorbite dall’impero
assiro solo nel IX sec.
La struttura amministrativa medio-assira in
Hanigalbat prevede, oltre al gran visir, altri visir (sukkallu)
responsabili per parti della regione. Città
e villaggi (ālu) erano amministrati da un hazi’anu o sindaco, che rispondeva a un bel
pahete , o governatore nella sua capitale di distretto. Alti ufficiali spesso amministravano i loro
possedimenti nella forma del dunnu, ossia tenute agricole solitamente
fortificate usate per i rifornimenti di
prodotti per la sussistenza e di un
surplus per rifornire le sedi distrettuali di tali funzionari e le loro
residenze a Assur e altrove. I dunnu potevano avere compiti anche nel controllo
dei confini , tassazione e azioni militari.
Un dunnu
era amministrato da un abarakku o
abarakku rabû, intendente o capo intendente, che era responsabile sia di fronte al
propietario del dunnu, sia alla città nella cui giurisdizione il dunnu
si trovava (Wiggermann 2000: 172-3). Tali tipi di strutture erano probabilmente
simili ai dimtu del periodo
mitannico e forse erano amministrati secondo regole simili. Erano circondati da un muro , comprendevano
una corte su cui si affacciavano edifici
domestici e amministrativi, granai, orti, un’aia per la trebbiatura, stalle,
ecc.
Problemi relativi alla transizione nei secc. XIII
– XI nel regno Medio-Assiro
-
Tipo di struttura politica: doppia regalità su
Assiria e Hanigalbat o rapporto subordinato di Hanigalbat
-
Controllo del territorio a macchia d’olio o
secondo il modello del «network empire»
-
Estensione del controllo assiro e suoi limiti
(posizione di Ishuwa e Suhu)
-
Rapporto con gli Ittiti
-
Dopo Tukulti-Ninurta i il regno assiro si
restringe e perde progressivamente il controllo della Jezira. Solo con
Tiglat-pileser I (1114-1076) si registrano successi nel contenimento delle
popolazioni del nord e delle infiltrazioni di Aramei , con la capacità di
ripercorrere le rotte militari verso occidente.
-
La fase successiva è però caratterizata da un
altro restringimento del regno al nucleo originario che durerà fino all’epoca
di Adad-nirari II (911-891) che riuscirà a riprendere un programma di
espensione lungo varie direttrici.
Karkemish con la regione alto-eufratica a cavallo del Tauro, fino a Malatya, poté esercitare un
primato politico, nel segno della continuità dinastica ittita, ereditando la
denominazione di Hatti per gli Assiri.
Ne conosciamo i sovrani e l’intreccio dei legami familiari: a Talmi-teshub, contemporaneo dell’ultimo sovrano ittita Shuppiluliuma II, successe Kuziteshub, noto da due impronte di sigillo a stampo che raffigurano il patrono dio della tempesta (una rinvenuta a Lidar Hüyük); da lui discende una linea di príncipi sul trono di Malatya, che si ricostruisce da un complicato sistema di citazioni in monumenti: le iscrizioni rupestri di Gürün di Runtiya, figlio di PUGNUS-mili di Melid e nipote di Kuzi-teshub di Karkemish, la
stele di Ispekchür di Arnuwanta che si dichiara nipote di Kuzi-teshub e figlio di PUGNUS-mili, signore della regione di Malizi/Melid (e dunque i due sono fratelli), la stele di Darende con l’iscrizione di Avis ad Arnuwanda, figlio di PUGNUS-mili di Melid, la stele di Izgin (Elbistan Hüyük) di Tara di Melid che cita Arnuwanda, il cui nipote è Halpasulupi, come questi ricorda nel rilievo di Malatya della caccia al leone.
Per tutto il XII sec. a.C. questa dinastia assicurò stabilità all’area fino almeno all’incursione di Tiglat-pileser I di Assiria (1115-1077 a.C.), che dichiara di aver sottomesso Allumari di Meliddu e imposto tributo a Ini-teshub re della terra di Hatti, probabilmente il sovrano di Karkemish.
A questa fase corrisponde anche un grande impegno nella realizzazione monumentale in tutta l’area che era stata compresa entro i confini dell’impero ittita: a Karkemish (“Water Gate”), a Zincirli (sfingi), a ‘Ain Dara con il grandiosotempio sulla cittadella (fregio e base nella cella) e ad Aleppo nel celebrato tempio del dio della tempesta (protome leonina riusata nelle sculture piú tarde).
Le decine di protomi di leoni e sfingi e rilievi delle due cave di basalto di Yesemek e Sikizlar documentano l’intensa attività di una bottega, forse itinerante, che si riconosce per temi (leoni, sfingi e dèi della montagna), convenzioni figurative (acconciature delle sfingi, zampe e criniere) e stile (alto rilievo e tecnica mista, tutto tondo e scultura).
L’abbandono di tante sculture di costosa lavorazione nelle cave indica una crisi dei committenti, forse alla fine del XII sec. a.C., che potremmo collegare all’intervento del re assiro Tiglat-pileser I.
Nei secoli successivi, XI e specie X, disponiamo di solide fonti archeologiche ed artistiche e di poche fonti epigrafiche. Conosciamo a Karkemish una dinastia di “Gran Re” con Talmi-teshub/Ura-Tarhunza figlio di x-ziti e Tuthaliya citati in due stele (A4b e A16c) sormontate dal sole alato a rilievo; poiché la prima è dedicata da un sacerdote della dèa Kubaba, figlio del signore Suhi, si arriva a stabilire un contatto con i sovrani del X sec. a.C., Suhi I, Astuwatimanza, Suhi II e Katuwa.
A loro risalgono iscrizioni e rilievi che creano una percorso di propaganda regale e celebrazione degli dèi sulle facciate degli edifici principali della città. Questi monumenti comprendono i rilievi che ascendono sulla scalinata (“Great Staircase”) verso l’acropoli.
Ne conosciamo i sovrani e l’intreccio dei legami familiari: a Talmi-teshub, contemporaneo dell’ultimo sovrano ittita Shuppiluliuma II, successe Kuziteshub, noto da due impronte di sigillo a stampo che raffigurano il patrono dio della tempesta (una rinvenuta a Lidar Hüyük); da lui discende una linea di príncipi sul trono di Malatya, che si ricostruisce da un complicato sistema di citazioni in monumenti: le iscrizioni rupestri di Gürün di Runtiya, figlio di PUGNUS-mili di Melid e nipote di Kuzi-teshub di Karkemish, la
stele di Ispekchür di Arnuwanta che si dichiara nipote di Kuzi-teshub e figlio di PUGNUS-mili, signore della regione di Malizi/Melid (e dunque i due sono fratelli), la stele di Darende con l’iscrizione di Avis ad Arnuwanda, figlio di PUGNUS-mili di Melid, la stele di Izgin (Elbistan Hüyük) di Tara di Melid che cita Arnuwanda, il cui nipote è Halpasulupi, come questi ricorda nel rilievo di Malatya della caccia al leone.
Per tutto il XII sec. a.C. questa dinastia assicurò stabilità all’area fino almeno all’incursione di Tiglat-pileser I di Assiria (1115-1077 a.C.), che dichiara di aver sottomesso Allumari di Meliddu e imposto tributo a Ini-teshub re della terra di Hatti, probabilmente il sovrano di Karkemish.
A questa fase corrisponde anche un grande impegno nella realizzazione monumentale in tutta l’area che era stata compresa entro i confini dell’impero ittita: a Karkemish (“Water Gate”), a Zincirli (sfingi), a ‘Ain Dara con il grandiosotempio sulla cittadella (fregio e base nella cella) e ad Aleppo nel celebrato tempio del dio della tempesta (protome leonina riusata nelle sculture piú tarde).
Le decine di protomi di leoni e sfingi e rilievi delle due cave di basalto di Yesemek e Sikizlar documentano l’intensa attività di una bottega, forse itinerante, che si riconosce per temi (leoni, sfingi e dèi della montagna), convenzioni figurative (acconciature delle sfingi, zampe e criniere) e stile (alto rilievo e tecnica mista, tutto tondo e scultura).
L’abbandono di tante sculture di costosa lavorazione nelle cave indica una crisi dei committenti, forse alla fine del XII sec. a.C., che potremmo collegare all’intervento del re assiro Tiglat-pileser I.
Nei secoli successivi, XI e specie X, disponiamo di solide fonti archeologiche ed artistiche e di poche fonti epigrafiche. Conosciamo a Karkemish una dinastia di “Gran Re” con Talmi-teshub/Ura-Tarhunza figlio di x-ziti e Tuthaliya citati in due stele (A4b e A16c) sormontate dal sole alato a rilievo; poiché la prima è dedicata da un sacerdote della dèa Kubaba, figlio del signore Suhi, si arriva a stabilire un contatto con i sovrani del X sec. a.C., Suhi I, Astuwatimanza, Suhi II e Katuwa.
A loro risalgono iscrizioni e rilievi che creano una percorso di propaganda regale e celebrazione degli dèi sulle facciate degli edifici principali della città. Questi monumenti comprendono i rilievi che ascendono sulla scalinata (“Great Staircase”) verso l’acropoli.
Alla porta
della cittadella (“King’s Gate”) e nella corte anteriore di Katuwa, si
alternano offerenti (kriophoroi, donne con polos), celebranti,
musici, la dèa Kubaba in trono, scene di caccia, (“Processional Entry”,
“Staircase Recess”); sulla piazza interna su un lato si sviluppano scene
mitologiche (“Herald’s Wall”), sull’altro una sfilata militare, con i carri che
travolgono i nemici e i soldati che soggiogano i vinti (“Long Wall of
Sculpture”), segue il re Suhi con la moglie Wati dietro alle divinità.
Zincirli Su basi stilistiche gli ortostati che ornano la porta sud sono stati
datati al X sec. e messi in relazione
con le sculture di Karkemish di Suhi II, ipotizzando anche un influsso diretto,
ma una realizzazione originale. Possono essere fatte risalire alla fondazione
della città.
Rappresentano scene da connettersi a performance
cultuali; la porta è concepita come spazio cerimoniale pubblico.
L’accesso alla cittadella era fornito da una sola
porta (Outer Gate), anch’essa decorata da ortostati scolpiti e rinvenuti in
situ. Si discute sulla loro datazione che viene comunque posta verso la fine
del X sec. o inizi IX.
Più tardi i rilievi furono coperti da un muro di
rinforzo e una stele commemorativa fu eretta nella corte interna della porta dal re assiro
Esarhaddon (671-70).
La porta era stata costruita a 2,5 m sopra il
livello della città bassa. La parte frontale, decorata con immagini divine e
regali funzionava forse anche come spazio per adunate e per cerimonie.
Oltre la porta esterna sono state rinvenute, più
in alto di quasi 4 metri, quindi alla sommità di un ripido pendio, le
fondazioni di un’altra porta, nelle vicinanze una fossa con 5 grandi leoni ove
furono deposti ritualmente.
L’ingresso al complesso palatino era offerto
dalla porta Q, i cui resti sono mal conservati. Il portale era fiancheggiato da
leoni. Si è supposto che la porta
servisse come luogo di riunione.
Essa doveva inoltre inquadrare la scalinata e il
colonnato dell’edificio K.
Nelle vicinanze dell’edificio J è stata rinvenuta
una statua colossale su un basamento che
raffigura due leoni tenuti da un uomo. Forse la statua è stata danneggiata e
mutilata di proposito in antichità. Potrebbe rappresentare la statua di un antenato
regale cui veniva tributato un culto.
Si è ipotizzato che la statua possa essere eretta
all’inizio del IX sec., sia stata danneggiata intorno al 676-670 e poi sepolta
ritualmente.
Nell’edificio J c’è un ortostato con l’iscrizione
e la raffigurazione di Kilamuwa. Il testo è in lingua fenicia e scrittura
aramaica. Il complesso è da
identificarsi con il palazzo di Kilamuwa.
Un secondo nucleo dell’area palaziale è
costituito dal complesso di sud-ovest, la cui separazione dal resto viene
datata al regno di Bar-rakib, che fece erigere una struttura tra le due corti.
Tale struttura, denominata Portico nord, consiste
di due unità architettoniche: il bit-hilani IV e il portico nord-ovest.
L’edificio hilani IV presenta ortostati figurati
nella facciata d’ingresso, uno dei quali rappresenta Bar-rakib assiso sul trono
e impegnato in attività amministrative, un altro mentre banchetta.
La sala aperta era forse spazio dedicato allo
svolgimento di attività connesse al governo che potevano comprendere pratiche
amministrative e cerimoniali.
Di particolare interesse sono le iscrizioni su
due ortostati che attestano la fedeltà di Bar-rakib al re assiro Tiglat-pileser
III e identificano l’edificio come costruzione di Bar-rakib.
Altro edificio di questa parte è il Bit hilani
III, caratterizzato da un portico con due colonne con basamento a forma di
sfinge. Viene datato alla seconda fase
del regno di Bar-rakib ed era utilizzato
probabilmente per i banchetti dell’élite del regno
Bit hilani II fu forse costruito dopo il crollo
dell’antico palazzo dell’area J e vi furono poste statue colossali
Altro edificio è il Bit hilani I nei cui pressi è
stata rinvenuta una sepoltura e una stele funeraria che rappresenta una donna
riccamente abbigliata. Rimane aperta la
questione sull’uso dell’area a scopo funerario nel VII sec.
In quest’area è stata rinvenuta la stele di
Kattamuwa.
L’Anatolia centrale nei secoli XII-VIII a.C.
Simonetta Ponchia
1 Questo articolo si inquadra nello studio
storico generale sulla regione che completa la ricognizione archeologica sul
sito di Yassıhüyük di cui rende conto l’intervento seguente. Contributi
relativi alla fase del primo mill. a.C. sono stati elaborati dalla scrivente
(PONCHIA 2008 e cds), per il periodo ittita da de Martino (DE MARTINO, FALES,
PONCHIA cds), mentre una ricostruzione complessiva relativa alle varie fasi
storiche attestate sul sito è in corso di preparazione da parte dei
coordinatori della missione per il rapporto finale sull’attività condotta.
La problematica storica
L’area compresa nella grande ansa del fiume
Kızılırmak/Halys, che aveva costituito il cuore dell’impero ittita, appare
nella prima metà del primo millen-nio a.C. una regione di frontiera, per cui la
scarsità delle fonti ad oggi note lascia supporre un ruolo marginale, ma lascia
soprattutto aperti una serie di interroga-tivi1. Oggetto di dibattito sono in
particolare la fase che segue la fine dell’impero ittita e l’abbandono della
sua capitale @attu^a, e l’affacciarsi sulla scena internazionale della potenza
frigia – il cui centro Gordio si trova a sud-ovest di Ankara – fasi scarsamente
documentate dalle fonti scritte e caratteriz-zate da una ancora incerta
periodizzazione della ceramica.
La fine dell’impero ittita, collocabile intorno
al 1200/1190 a.C. – data con cui si suole far iniziare l’età del ferro – era
stata peraltro preceduta da una fase di crisi interna che aveva in pratica
condotto alla divisione del regno in due par-ti, l’una con capitale a @attu^a e
l’altra più a sud a Tar~uta^^a, sotto due rami ri-vali della stessa dinastia.
Le vicende specifiche che travolsero l’antica capitale, in cui vi sono tracce
di eventi distruttivi e di abbandono, e quelle che caratterizza-rono la
transizione verso un’organizzazione politica diversa, costituita dai vari stati
detti siro- o neo-ittiti, sono ancora avvolte nel buio, dato che la
documen-tazione comincia ad essere più consistente solo nel IX sec. a.C. Questa
lunga fase “oscura” è oggi al centro di una globale riconsiderazione alla luce
degli in-dizi, ancora scarsi, ma di notevole rilievo che stanno emergendo dalla
più recen-te ricerca archeologica ed epigrafica.
Uno degli aspetti cruciali è la ricostruzione
della cronologia delle fasi seguen-ti il declino ittita nella regione di
@attu^a e il suo rapporto con la cronologia del regno frigio. Una recente
revisione di quest’ultima e dei dati archeologici da Gordio ha consentito di
evidenziare il rafforzamento di una élite di potere in Frigia tra la
fine del X e l’inizio del IX sec. a.C., che portò alla ristrutturazione monumentale della capitale e alla costruzione di una
serie di edifici a megaron. Il successivo strato di distruzione che
veniva datato a un’invasione cimmeria, nota peraltro solo da fonti greche, nel
VII sec. a.C., è invece ora attribuito in base a metodi scientifici al lasso di
tempo 830/800 a.C., e si ritiene che fosse immedia-tamente seguito dalla
ricostruzione della città cui corrisponde anche l’imporsi dei Frigi sulla scena
internazionale.
Tutto ciò suggerisce di proporre
un’immagine diversa della geografia politica dell’intera regione, ma con
interpretazioni ancora non univoche. Secondo H. Genz si può stabilire che
durante l’VIII sec. a.C. la produzione ceramica nella regione del Kızılırmak si
differenzia da quella della regione più occidentale, il cui influsso in
quest’area, con la diffusione delle iscrizioni frigie, si potrebbe porre nel
successivo VII sec. a.C.3. K. Strobel ha sostenuto con forza l’ipotesi che già nel
IX sec. a.C. lo stato frigio avesse raggiunto la regione posta a nord-est del
Kızılırmak, ma gli indizi di una capacità di controllo territoriale sono da
altri ritenuti insufficienti4. Il secolo successivo avrebbe visto, come
confermano in questo caso le fonti epigrafiche assire, la potenza frigia
tentare di estendere il suo controllo diretto o egemonico nelle aree di Tabal e
Cilicia, a loro volta cor-ridoi di accesso al Mediterraneo e alla Siria.
In quest’area di sbocco
meridionale delle rotte anatoliche, e precisamente tra Aleppo e Tell Tayinat a
45 km da Antakya (antica Antiochia), si è recentemente imposto all’attenzione
il rinvenimento di iscrizioni in luvio-geroglifico, databili intorno al 1100
a.C., in particolare quelle in cui Taita presenta la propria titola-tura di
“eroe e re del paese di Palistin/Walistin”5. L’interesse dei testi, scritti in
una delle lingue adottate nelle iscrizioni ufficiali dei re ittiti e
caratteristica poi delle iscrizioni monumentali dei regni neo-ittiti, consiste
soprattutto nel fatto che vi compaiono elementi diversi: da un lato appunto la
tradizione ittita, dall’altro il riferimento a un re di Palistin, nome che
rimanda a quei Peleset che troviamo annoverati nei rilievi egizi di
Medinet Habu tra i Popoli del Mare, cui viene attribuito un ruolo di
perturbatori nella crisi finale del Tardo Bronzo. Le iscrizioni suggeriscono
come questa “età oscura” fosse caratterizzata, almeno nella regione
siro-anatolica più prossima al Mediterraneo, da un processo di apertura ad
altri orizzonti culturali, in particolare egei, e a una loro rielaborazio-ne e
integrazione da parte di regni locali, svincolati ormai dal controllo ittita.
Appare chiaro da questi esempi
come il quadro dei rapporti nell’area siro-anatolica e la loro cronologia necessitino
di una complessiva riconsiderazione.
L’interpretazione dei dati
raccolti durante la ricognizione archeologica sul si-to di Yassıhüyük potrebbe
dunque costituire un tassello interessante, benché piccolo, per ricostruire
questa fase così problematica e contribuire a compren-dere se la zona, che
durante l’età del Bronzo Tardo si trovava nella regione cen-trale nell’impero
ittita, attraversasse poi una fase più o meno lunga di vacanza di un potere
unificante, oppure se fosse presto inglobata in altre compagini statali come
quella frigia, o ancora se fosse terreno di contesa tra stati diversi. La
pro-blematica può essere precisata considerando innanzitutto gli itinerari
ricostruibi-li dalle fonti assire, le più eloquenti nel panorama generale.
Uno sguardo agli itinerari
Uno snodo importante di tali
itinerari sembra trovarsi a ca. 100 km in linea d’aria a sud-est del Kızılırmak
nella piana di Elbistan, che risulta in comunica-zione a est con la regione
eufratica e la rotta Malatya-Elazig-Muş, a lungo terre-no di scontro tra impero
assiro e Urar\u, e a sud, attraverso la valle del Ceyhan, con gli stati
siro-hittiti, come Tabal e Que/Cilicia. Un’indicazione dell’importanza
strategica di questa enclave è il racconto del re assiro Sargon II
(722-705 a.C.) che in un’iscrizione commemorativa delle sue gesta narra di aver
posto 10 fortezze a salvaguardia delle rotte che gli Assiri controllavano
nell’area e che erano mi-nacciate da Urar\u, Mu^ku e un’altra entità etnica o
politica il cui nome si è perso in una lacuna del testo7. Il dato che si può
cogliere è che in questa fase l’area posta a sud, o forse addirittura a cavallo
del Kızılırmak, rappresentava una sorta di frontiera lungo gli itinerari che
conducevano verso le principali aree dell’Anatolia centrale. Tuttavia, tranne
che nel caso dell’Urar\u, la grande poten-za che aveva il suo centro nell’alta
regione armena tra i laghi di Urmia e Van, l’individuazione e la
caratterizzazione di questi antagonisti degli Assiri non è scevra da problemi.
Nel caso di Mu^ku l’identificazione con i Frigi (denominazione nota dalla documentazione greca) appare sostanzialmente accettata8, ma resta il fatto che il nome Mu^ku corrisponde a quello usato alcuni secoli prima da un altro re assiro, Tiglat-pileser I (1114-1076 a.C.) nel descrivere la penetrazione nella regione dell’alto Eufrate, posta più a est, di cinque re di Mu^ku, a capo di 20.000 uomini, da lui poi debellati9. È al momento difficile stabilire se questa continuità nella denominazione possa rivelare un elemento di effettiva continuità storica dei Frigi con gli antichi Mu^ku del XII sec. a.C. – che potevano anche aver svolto il ruolo di élite militare che si impose dopo il crollo del potere centrale ittita – op-pure essere il risultato di uno di quei meccanismi di assegnazione dei nomi che si notano per varie aree e fasi storiche anche contemporanee. In questo caso, non si dovrebbe pensare a una presenza degli antenati dei Frigi in area centro-anatolica in epoca molto antica, né a uno spostamento dei Mu^ku verso ovest dove avrebbero poi dato vita al regno frigio, ma piuttosto al fatto che gli Assiri avessero esteso la denominazione Mu^ku a indicare popolazioni anatoliche in generale, o l’avessero associata, per via di analogia con la memoria storica anco-ra viva e che Tiglat-pileser ci consente di rintracciare fino al XII sec. a.C., a elementi capaci di intervenire con forza per impadronirsi delle rotte che porta-vano verso il centro dell’Anatolia. I Mu^ku avrebbero dunque impersonato per gli Assiri questo elemento anche nei secoli successivi, seppure la loro apparizio-ne sulla scena politica del I millennio a.C. non vada direttamente associata ai più antichi episodi e siano quindi da ritenere entità distinte.
Nel caso di Mu^ku l’identificazione con i Frigi (denominazione nota dalla documentazione greca) appare sostanzialmente accettata8, ma resta il fatto che il nome Mu^ku corrisponde a quello usato alcuni secoli prima da un altro re assiro, Tiglat-pileser I (1114-1076 a.C.) nel descrivere la penetrazione nella regione dell’alto Eufrate, posta più a est, di cinque re di Mu^ku, a capo di 20.000 uomini, da lui poi debellati9. È al momento difficile stabilire se questa continuità nella denominazione possa rivelare un elemento di effettiva continuità storica dei Frigi con gli antichi Mu^ku del XII sec. a.C. – che potevano anche aver svolto il ruolo di élite militare che si impose dopo il crollo del potere centrale ittita – op-pure essere il risultato di uno di quei meccanismi di assegnazione dei nomi che si notano per varie aree e fasi storiche anche contemporanee. In questo caso, non si dovrebbe pensare a una presenza degli antenati dei Frigi in area centro-anatolica in epoca molto antica, né a uno spostamento dei Mu^ku verso ovest dove avrebbero poi dato vita al regno frigio, ma piuttosto al fatto che gli Assiri avessero esteso la denominazione Mu^ku a indicare popolazioni anatoliche in generale, o l’avessero associata, per via di analogia con la memoria storica anco-ra viva e che Tiglat-pileser ci consente di rintracciare fino al XII sec. a.C., a elementi capaci di intervenire con forza per impadronirsi delle rotte che porta-vano verso il centro dell’Anatolia. I Mu^ku avrebbero dunque impersonato per gli Assiri questo elemento anche nei secoli successivi, seppure la loro apparizio-ne sulla scena politica del I millennio a.C. non vada direttamente associata ai più antichi episodi e siano quindi da ritenere entità distinte.
Più problematico è colmare la
lacuna nel testo di Sargon, che potrebbe cela-re un riferimento proprio alla
regione che costituisce l’oggetto principale delle nostre ricerche. La
tradizionale integrazione [Ka^ku] si basa sul confronto con altre iscrizioni
assire e di Sargon in particolare, in cui il nome compare in liste che paiono
seguire un percorso geografico da nord a sud. Pare quindi verisimile che anche
in questo caso si facesse menzione dell’area più settentrionale. Nella
geografia politica ittita il toponimo designava la regione a settentrione di
@attu^a, serbatoio di attacchi e minacce che furono particolarmente gravi
nell’ultima fase dell’impero, tanto da essere ritenute come una delle possibili
ra-gioni dello spostamento a sud, a Tar~unta^^a, della capitale.
Se l’integrazione fosse
corretta, non si potrebbe escludere che il termine in-dicasse solo
genericamente un’area posta a nord, di cui quindi la regione com-presa nella
provincia di Yozgat potrebbe anche far parte, consentendo di ipo-tizzare una
sua autonomia nell’VIII sec. a.C. rispetto alle due maggiori potenze, quella
frigia (Mu^ku) e quella urartea. È evidente che si può utilizzare tale
sup-posizione soltanto come un’ipotesi di lavoro per interpretare i dati
raccolti in rapporto a ciò che conosciamo dal punto di vista della cultura
materiale per le aree più prossime.
I dati archeologici noti per la
piana di Elbistan e le regioni adiacenti sembra-no peraltro indicare una
generale comunanza, dal punto di vista culturale, con l’ambito neo-ittita,
estendentesi a sud rispetto al Kızılırmak. L’eredità ittita ca-ratterizza sia
il regno di Gurgum, che le iscrizioni assire consentono di localiz-zare nella
regione di Elbistan, sia la più complessa entità di Tabal11. Anche que-sta
denominazione ci è nota dalle fonti assire e risulta piuttosto problematica. Se
infatti esaminiamo le fonti autoctone ricostruiamo un’immagine politicamen-te
composita della regione che si estende a sud-est del Kızılırmak fino alla
Cili-cia.
11 Su Tabal vd. lo studio di ARO 1998.
Essa si caratterizza come erede
dell’ideologia politica ittita fors’anche per la prossimità con Tar~unta^^a,
che contribuì a lasciare una forte impronta in tutta la regione meridionale,
fino alle coste cilicie. Tale carattere è particolarmente evi-dente nella
statuaria monumentale, che comunque elabora anche motivi propri e influssi di
altre aree, e nella titolatura dei sovrani. In sintesi si può riconoscere che
l’area è aperta a intrusioni dall’esterno, è caratterizzata da rivalità e
conflitti interni e riassestamenti di confini e potere, da un lato
richiamandosi alla tradi-zione più antica, dall’altro mescolando elementi
esterni, in un contesto chiara-mente internazionale come affermato da alcuni
sovrani, e confermato dalle iscrizioni bilingui in luvio-geroglifico e fenicio.
D’altra parte, il comune sostrato istituzionale derivato dalla tradizione, che
si può ricostruire dalle pur laconiche iscrizioni sparse sul territorio di
Tabal, può aver favorito la capacità di assorbire elementi culturali ed etnici
diversi, proprio codificando le relazioni attraverso un comune linguaggio
dotato di antico prestigio. Questa dimensione culturale, ca-pace di rielaborare
apporti diversi ma anche di mantenersi ancorata alla propria tradizione, si
affianca a un’economia probabilmente vivace, grazie soprattutto alle risorse
minerarie e alla stessa posizione lungo itinerari commerciali, e alla capacità
di agire come interlocutori dotati di peso politico. Lo stesso Sargon cercò
un’alleanza nell’area dando in sposa una figlia al signore di Bit-Puruta^,
Ambaris, uno dei sovrani di questa composita regione, che non tenne però fede
agli impegni di alleanza.
Anche il raccordo con gli
itinerari verso sud doveva dunque costituire per Sargon un punto nevralgico, da
tenere ben sorvegliato per le interferenze frigie e le mutevoli tendenze dei re
locali che aspiravano ora a una più decisa auto-nomia, ora a garantirsi
l’appoggio dei potenti vicini. Il rafforzamento del con-trollo sulla regione di
Tabal fu un obiettivo costante della politica di Sargon, come mostra anche una
lettera che egli scrisse al governatore assiro di Que/Cilicia, da cui si
comprende come un atto distensivo del sovrano frigio Mida fosse considerato
consentire un più agevole controllo assiro dell’area me-desima12. La difficoltà
complessiva di intervento nella regione è comunque resa manifesta dalla morte
di Sargon stesso, forse in un’imboscata, proprio nella zo-na di confine
fortificata o in aerea ad essa limitrofa e dalle testimonianze relati-ve ai
regni dei suoi successori durante i quali, dopo l’eclissi della potenza frigia
nella regione, in Cappadocia sembra risorgere un regno indipendente, in grado
di porsi nuovamente come interlocutore degli Assiri.
12 Su questo testo, più volte commentato, vd.
l’analisi di LANFRANCHI 1988.
Il confronto dei dati relativi
al Tabal può risultare utile per costruire un mo-dello ipotetico della politica
estera dei Frigi, che appare caratterizzata da un espansionismo più marcato a
partire dall′età di Mida, contemporaneo di Sargon, come documentano appunto le
fonti assire, ma che in una prima fase potrebbe essere stata volta piuttosto a
espandere il proprio controllo senza una domina-zione diretta. Anche questo
dato potrebbe essere utile per valutare le modalità di penetrazione frigia
nell’area a nord-est del Kızılırmak.
Uno sguardo alla cultura
materiale
Una delle problematiche più
interessanti per la fase che segue la fine dell’impero ittita è
l’interpretazione dei reperti ceramici. Le ricerche condotte da J. Seeher e H.
Genz sul sito di @attu^a e in particolare nell’area di Büyükkaya, insediata
nella fase più antica dell’età del ferro, hanno confermato un’ipotesi che era
già stata formulata da E. Akurgal, ossia che con la fine della
centralizza-zione imperiale ittita, che aveva determinato sul piano della
produzione cerami-ca la diffusione di tecniche e manufatti standardizzati e di
alta qualità, riemerga-no le antiche tecniche di produzione e gli stili che si
erano probabilmente conservati in aree marginali o rurali13. Ciò spiegherebbe la
singolare somiglianza nella produzione ceramica delle fasi del Bronzo Antico e
Medio con quelle dell’età del ferro primo. Questo aspetto si coglie anche nelle
tipologie ceramiche dette di Alişar IV (dal sito omonimo, compreso nella
provincia di Yozgat) rin-venute anche nelle fasi di rioccupazione e
riedificazione nell’area stessa dell’antica capitale @attu^a, benché la
datazione precisa presenti ancora dei pro-blemi. Tra le caratteristiche
salienti di questa ceramica è la particolare decora-zione naturalistica,
soprattutto a silouhette di animali.
La sua diffusione raggiunge
anche l’area posta più ad occidente come atte-stano i rinvenimenti nella stessa
regione frigia e a Kaman-Kalehöyük, dove è stata peraltro rilevata una notevole
varietà di tipologie ceramiche e per cui si è sottolineata l’importanza della
riproduzione ed emulazione di modelli esterni da parte di artigiani locali.
Altra distintiva produzione ceramica è la “grey ware” che trova maggior
dif-fusione proprio in area frigia, in particolare a Gordio, dove pare
attestata dal X sec. a.C. È stata rinvenuta anche nella regione di Elbistan,
dove appare però concentrata solo in pochi centri, e in vari siti nelle
provincie di Kırşehir, Nevşehir e Niğde15. Caratterizzando un periodo molto
lungo, dalla fine dell’impero ittita all’età ellenistica, anche per questa
tipologia permangono pro-blemi di periodizzazione interna e definizione della
cronologia assoluta. Consi-derazione di grande interesse, che può essere ora
confrontata con i dati emersi dalla ricognizione nell’area di Kaman-Kalehöyük e
dall’analisi comparativa dei reperti ceramici compiuta da Matsumura16, riguarda
il rapporto tra una tradizio-ne indigena di produzione di questo tipo di
ceramica, che può essere fatta risali-re fino all’ultima fase di dominio
ittita, e il suo utilizzo in ambito frigio che in-vece viene datato alla metà
del X secolo a.C.. Ciò ha suggerito l’ipotesi di un utilizzo da parte di genti
stanziatesi più recentemente – e che ne avrebbero poi fatto una delle
espressioni della propria cultura – di una tradizione artigianale preesistente.
Questa ipotesi può peraltro essere confrontata con l’altra, formula-ta in base
all’osservazione di un’altra serie di dati, come la presenza nelle fasi
iniziali di Gordio di una ceramica di bassa qualità e di abitazioni piuttosto
pove-re, dell’intrusione nell’area di un elemento estraneo alla cultura
locale17, riba-dendo quindi la teoria dell’origine allogena dei Frigi.
Conclusioni
L’area all’interno dell’ansa del
Kızılırmak fu interessata in maniera diretta negli ultimi secoli del II
millennio a.C. dalle profonde alterazioni delle strutture di potere e sociali
che caratterizzarono gran parte del Vicino Oriente e attraver-sò nei primi
secoli del I millennio a.C. la fase di ristrutturazione cui si assiste anche in
altre regioni. Mentre le zone più meridionali dell’Anatolia e la Siria sembrano
però aver saputo ben presto riorganizzare i centri di potere utilizzan-do la
tradizione come linfa per una nuova realtà che riusciva a fondere anche
elementi culturali ed etnici diversi in maniera dinamica, l’area più
settentrionale non ha finora restituito chiari elementi in tal senso. Sembra
senz’altro aver per-so il ruolo di centro, benché siano evidenti i suoi
rapporti culturali con le altre aree. Al momento si può ipotizzare innanzitutto
uno scenario, per così dire, più lineare, che vede il riemergere di elementi
propri della cultura anatolica, ora più evidenti perché non sovrastati dalla
produzione standardizzata dei centri ammi-nistrativi imperiali ittiti, in un
quadro generale di sostanziale autonomia locale, cui si sarebbe ben presto
imposta la dominazione frigia. Alla luce dei dati com-plessi e talvolta
controversi fin qui brevemente riferiti, si può ipotizzare anche un quadro più
sfumato e un più complicato gioco di rapporti, sul modello di ciò che accade
nella regione più meridionale. L’affermarsi del regno, che i Greci hanno
denominato Frigia e gli Assiri Mu^ku, nello scacchiere centro-anatolico
potrebbe, come sostenuto da A.-M. Wittke (2007), essere caratterizzato in
pri-mo luogo come espansione di carattere commerciale, sulla base di un ruolo
che i Frigi avrebbero svolto già nei secoli precedenti e con una certa analogia
con quello dei Fenici per mare. Questa ipotesi, che ci pare non escluda
comunque l’evoluzione verso un ruolo politico e anche militare di rilievo, come
attestato dalle fonti assire dell’VIII secolo a.C., non è in disaccordo con il
variegato sce-nario che la cultura materiale ci lascia intravvedere e andrà
valutata in relazione alle diverse realtà locali. Si potrà tener presente che
una penetrazione frigia nell’area a nord del fiume Kızılırmak non doveva
verosimilmente scontrarsi con gli interessi di altre potenze interessate agli
importanti itinerari che invece nell’area meridionale connettevano entroterra
anatolico e coste siriane. Sono tuttavia assolutamente necessarie ulteriori
ricerche nei vari siti ancora inesplorati nella Turchia centrale.
With love , D. ❤
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