Gotico Internazionale
Il tardo gotico è una fase della storia dell'arte europea, collocabile
tra il 1370 circa e buona parte del XV secolo, con alcune zone dove si prolungò
a oltranza fino al XVI secolo. Si tratta di uno dei linguaggi figurativi
fondamentali, assieme al Rinascimento fiorentino e fiammingo, che
caratterizzarono il Quattrocento. Fu un fenomeno legato soprattutto alle corti
rinascimentali che ebbe una diffusione piuttosto uniforme in tutta Europa,
favorita dai frequenti scambi di oggetti d'arte e di artisti stessi tra i
centri dell'Italia settentrionale, della Francia e della Germania. Il tardo
gotico mantenne un ruolo dominante e una importante diffusione per tutta la
prima metà del XV secolo; l'Arte del Rinascimento infatti, sviluppatasi a
Firenze, non ebbe una diffusione immediata in tutti i più importanti centri
italiani e soprattutto negli altri paesi europei; in questi contesti il tardo
gotico rimase il punto di riferimento principale per la gran parte della
committenza. In questo periodo più che mai le arti figurative non furono un
riflesso di fenomeni storici o sociali, ma svolsero il ruolo di compensazione
fantastica attraverso l'evocazione di un mondo perfetto ed aristocratico,
basato sull'utilizzo dei santi come oggetto di miniature commissionate dai
signori. Tra i più noti artisti dell'epoca tardo gotica ci sono il Pisanello,
Antonio e Alvise Vivarini, Gherardo Starnina, i fratelli Limbourg, Gentile da
Fabriano e altri.
Il tardo gotico si caratterizzò
per alcuni fattori, comuni alle varie manifestazioni di questo stile:
-L'amore per il lusso, per la
preziosità degli oggetti e per l'eleganza formale della rappresentazione
artistica; abbondava dunque l'uso dell'oro, dei materiali pregiati (come nel
capolavoro dell'ex-voto di Carlo VI), dei colori luminosi e degli smalti.
-L'esaltazione della figura
femminile dal punto di vista etimologico cortese e rinascimentale,come dimostra
nei suoi dipinti il celebre pittore Jan Van Eyck,massimo esponente di questo
movimento culturale-artistico;
-Profanizzazione del personaggi
sacri, sia in senso aristocratico, con i santi raffigurati o come nobili
riccamente abbigliati (Retablo dei santi Orsola, Martino e Antonio di Gonzalo
Pérez), sia in senso popolano, con un'interpretazione in chiave quotidiana dei
testi sacri (Dubbio di Giuseppe di Strasburgo). Inoltre si assiste in questo
periodo alla diffusione di soggetti profani, tratti dal mondo cortese, dai
romanzi cavallereschi e dalla vita quotidiana, magari come contorno a immagini
sacre.
-Grande attenzione al realismo
minuto delle rappresentazioni: ogni oggetto veniva riprodotto nei minimi
particolari, anche i più epidermici. Gli oggetti venivano spesso raffigurati
accostati come in un catalogo, sorvolando sulla collocazione spaziale coerente
e sulla composizione naturalistica (come nella caccia della Visione di
Sant'Eustachio di Pisanello, dove è documentato un gran numero di animali, o
nella Madonna e santi nel giardino del Paradiso del Maestro del Giardinetto,
dove è presente un minuzioso resoconto botanico e avicolo).
-Accanto a questa forma di
realismo coesiste una significativa tendenza all'esasperazione espressiva che
sfocia spesso in uno stile grottesco, brutale, con ricorso frequente a elementi
macabri o truculenti, soprattutto nelle scene sacre: rappresentazione impietosa
di cadaveri (Monumento funebre al cardinale La Grange a Avignone), uso marcato
del sangue nelle scene di martirio (come nell'Ecce Homo del Maestro Francke o
le Stigmate di san Francesco del Maestro del compianto di Cristo di Lindau),
ecc.
-Col realismo e l'esasperazione
grottesca conviveva spesso anche la più raffinata idealizzazione lirica, per
esempio nelle figure di personaggi signorili, di grande compostezza formale e
privi di connotazioni psicologiche specifiche. Queste antitesi possono anche
essere lette come una sorta di compiacimento aristocratico nel confronto tra il
patinato mondo delle corti e il suo opposto umile e miserevole: ad esempio
nella predella della Presentazione al Tempio dell'Adorazione dei Magi di
Gentile da Fabriano a due signorili donne aristocratiche fanno da contrappunto,
all'altra estremità della scena, due miseri mendicanti vestiti di stracci.
-Attenzione secondaria per
un'unificazione di tipo spaziale (come avvenne nel Rinascimento con la
prospettiva), per cui gli elementi in un'opera d'arte apparivano isolati nello
spazio o liberamente collocati con dimensioni anche antinaturalistiche (come
nel Polittico di Santa Barbara del Meister Francke dove le figure in primo
piano sono molto più minute di quelle in secondo piano).
-Prevalenza formale della linea
nelle raffigurazioni, ora morbida e sinuosa, ora spigolosa e guizzante, con
colori intensi che ne sottolineino l'andamento, con panneggi dalle ampie
falcate e complicati arabeschi che arrivano ad assorbire l'anatomia umana (San
Bartolomeo del Germanisches Nationalmuseum di Norimberga).
Questo periodo viene chiamato
anche con altri termini equivalenti che ne evidenziano alcune caratteristiche:
Gotico "internazionale" sottolinea l'estesa diffusione
che questa fase stilistica ebbe in molti paesi d'Europa grazie a un
significativo dialogo e a una larga diffusione dei manufatti favorita dalla
predilezione per oggetti piccoli o comunque facilmente trasportabili (codici
miniati, avori, oreficeria, altaroli portatili, arazzi); la circolazione era
provocata dai più svariati canali: dal commercio ai doni di nozze o di
fidanzamento, dai regali per la diplomazia agli spostamenti di artisti
itineranti. I taccuini degli artisti poi, ricchi di schizzi, venivano usati e
copiati come modelli nelle botteghe, aggiornando il repertorio iconografico e
stilistico. Probabilmente il termine di "gotico internazionale" è
quello che meglio rappresenta questo periodo ed è il termine più utilizzato per
il contesto italiano[1]; esistono per esempio quadri che sono dei veri e propri
rompicapo per gli storici perché la comunanza di stilemi in aree geografiche
tanto vaste può far sì che vengano di volta in volta attribuiti ad artisti
francesi, o italiani o inglesi (come nel celebre Dittico Wilton). La
transnazionalità non fu dovuta a fenomeni di irradiazione a partire da un
centro, come avvenne per esempio col gotico francese; si trattò invece di uno
scambio reciproco fra più centri, tra i quali nessuno può vantare un primato.
Le aree più attive furono comunque prima Avignone e la corte papale, poi la
Catalogna, la Borgogna, la Lombardia e la Boemia.
Il Gotico internazionale (o
tardogotico) è uno stile delle arti figurative databile tra il 1370 circa e, in
Italia, la prima metà del XV secolo. Come sottolinea il nome, questa
fase stilistica ebbe un'estensione internazionale, con caratteri comuni, ma
anche con molte variabili locali. Lo stile non si diffuse a partire da un
centro di irradiazione, come era stato per esempio per il gotico e
l'Île-de-France, ma fu piuttosto frutto di un dialogo tra le corti europee,
favorito dai numerosi scambi reciproci. Tra queste corti ebbe comunque un ruolo
preminente quella papale, in particolare quella avignonese, vero centro di
aggregazione e scambio per gli artisti di tutto il continente. L'Italia, divisa
politicamente, fu attraversata da artisti che diffusero questo stile,
spostandosi continuamente (specialmente Pisanello, Michelino da Besozzo e
Gentile da Fabriano) e generò anche numerose declinazioni regionali. Il
linguaggio gotico "internazionale" significò lo svecchiamento della
tradizione gotica (legata ancora a fine del XIV secolo al linguaggio
giottesco), ma solo alcune aree offrirono dei contributi originali e da
"protagonisti" nel panorama europeo, mentre altre acquisirono solo
parzialmente e in maniera più superficiale i singoli stilemi. Tra le zone di
maggior spessore spiccarono sicuramente la Lombardia e, in misura diversa,
Venezia e Verona. A Firenze il gotico internazionale entrò precocemente in
competizione con il nascente stile rinascimentale, ma incontrò comunque il
favore di una committenza ricca e colta, sia religiosa che privata.
La Lombardia fu senz'altro
la regione protagonista del gotico internazionale in Italia. Con Gian Galeazzo
Visconti (al potere dal 1374 al 1402) venne iniziato un programma politico teso
a unificare il nord-Italia in una monarchia al pari di quella francese, con la
quale intrattenne continui scambi culturali. Il cantiere del Duomo di Milano,
per il quale il Visconti richiamò maestranze francesi e tedesche, divenne il
cantiere europeo più importante per la scultura tardogotica, ma anche uno
strumento di confronto e aggiornamento per tutte le arti, ad ampio raggio.
L'atelier di miniatori del Visconti era attivo soprattutto a Pavia e già dal
1370 circa aveva elaborato una raffinata fusione tra il cromatismo giottesco e
i temi cortesi e cavallereschi. Protagonisti di questa prima stagione furono il
miniatore anonimo autore del Guiron le Coutois e il Lancelot du Lac, oggi alla
Bibliothèque Nationale di Parigi, e Giovannino de' Grassi, che miniò il libro
di preghiere detto Offiziolo, con rappresentazioni di grande eleganza lineare,
accuratezza naturalistica e preziosità decorativa[5]. La generazione
successiva, soprattutto nella personalità di Michelino da Besozzo, elaborò
questo retaggio in maniera ancora più libera, fantasiosa e internazionale.
Nell'Offiziolo Bodmer usò una linea fluida, colori tenui e un ritmo prezioso
nel disegno delle figure, che prescindeva con indifferenza le problematiche
spaziali; il tutto era arricchito da freschissimi dettagli naturalistici, presi
dall'osservazione diretta[6].
Lo stile aggraziato di Michelino
ebbe successo e un ampio seguito per lungo tempo. Ad esempio, ancora nel 1444,
gli affreschi nella Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza dei fratelli
Zavattari sono caratterizzati da tinte tenui, personaggi attoniti e senza peso,
presi dal mondo cortese; altri esempi si contano anche per la seconda metà del
XV secolo. L'altro filone accanto allo stile dolce di Michelino fu quello grottesco,
testimoniato dalle opere di Franco e Filippolo de Veris nell'affresco del
Giudizio Universale della chiesa di Santa Maria dei Ghirli di Campione d'Italia
(1400), o dalle miniature espressive di Belbello da Pavia. Per esempio nella
Bibbia di Niccolò d'Este, miniata da Belbello nel 1431-1434, sono usate linee
fluide e deformanti, figure fisicamente imponenti, gesti eccessivi e colori
accesi e cangianti. A questo lessico si mantenne fedele per tutta la sua lunga
carriera, fino a circa il 1470.
Nei primi due decenni del XV
secolo Venezia diede avvio una svolta politica epocale, concentrando i
suoi interessi verso la terraferma, inserendosi più attivamente nel quadro
occidentale e distaccandosi progressivamente dall'influenza bizantina. In
pittura, scultura e architettura si registrò un contemporaneo innesto di motivi
tardo-gotici, amalgamati al sostrato bizantino: le finezze lineari e cromatiche
del gotico erano infatti molto affini elle astrazioni sontuose di marca
orientale. Il rinnovo fu favorito anche dall'afflusso di artisti di provenienza
esterna, arruolati a San Marco e a Palazzo Ducale. La Basilica fu coronata
dalle cupole e fu deciso, nel 1422, di prolungare Palazzo Ducale sul lato della
piazza, fino a San Marco, continuando lo stile della parte precedente,
trecentesca. Si consacrò così uno stile architettonico "veneziano",
svincolato dalle mode europee del momento, che venne riusato per secoli.
Appartengono a questo stile le eleganti polifore a archetti finemente ornati
della Ca' Foscari, del Palazzo Giustiniani e della Ca' d'Oro, dove un tempo la
facciata era anche decorata da smaglianti dorature ed effetti di policromia.
Questi palazzi sono caratterizzati da un portico al piano terra aperto
sull'acqua, per l'attracco dei natanti, mentre il piano superiore è illuminato
da grandi polifore, di solito in corrispondenza del salone centrale, al quale
si arriva da uno scalone che serve anche gli altri ambienti. Gli archetti e i
lapicini creano decorazioni fitte e modulari, che moltiplicano le aperture e creano
ritmi di chiaroscuro da merletto. Palazzo Ducale venne coperto di affreschi tra
il 1409 e il 1414, con artisti esterni di grande fama, quali Pisanello,
Michelino da Besozzo (forse) e Gentile da Fabriano, opere oggi quasi totalmente
perdute per varie cause. L'influenza veneziana si vede in alcune opere di
Gentile, come l'Incoronazione della Vergine del Polittico di Valle Romita
(1400-1410), eseguito per un eremo nei pressi di Fabriano.
Verona, per quanto
sottomessa a Venezia dal 1406, mantenne a lungo una propria scuola artistica,
più vicina alla stile lombardo, portato dalla dominazione viscontea precedente
e dal soggiorno di artisti come Michelino da Besozzo (Madonna del roseto, 1435
circa). Importante fu il pittore Stefano da Verona, figlio di un pittore
francese (Jean d'Arbois già al servizio di Filippo l'Ardito e di Gian Galeazzo
Visconti). Nell' Adorazione dei Magi (firmata e datata 1435), costruì con
tratti morbidi e linee sinuose una delle migliori opere del gotico
internazionale, prestando grande cura ai dettagli, alla resa delle materie
preziose e delle stoffe, alla calibrazione della composizione affollata, con un
gusto soprattutto lineare. Ma l'artista più importante attivo a Verona fu
Pisanello, che portò al culmine l'arte figurativa settentrionale. Nella
Cappella Pellegrini della chiesa di Santa Anastasia si trova la sua opera tarda
ma più conosciuta, il San Giorgio e la principessa, dove in una maniera del
tutto personale mescolò eleganza dei dettagli e tensione della narrazione,
raggiungendo vertici di "idealizzato realismo". Oggi le pitture non
sono in stato di conservazione ottimale, con molte alterazioni della superficie
pittorica e la perdita di tutto il lato sinistro. Pisanello in seguito si
trasferì ad altre corti italiane (Pavia, Ferrara, Mantova, Roma), dove diffuse
le sue conquiste artistiche venendo a sua volta influenzato dalle scuole
locali, con particolare riguardo alla riscoperta del mondo antico promossa già
dal Petrarca, alla quale si votò copiando numerosi rilievi romani in disegni
che ci sono in parte pervenuti. Straordinaria è anche la sua produzione di
disegni, veri e propri studi dal vero, tra i primi nella storia dell'arte ad
acquistare un valore indipendente dall'opera su tavola finita.
A Firenze il gotico
internazionale penetrò con caratteristiche molto specifiche (come era dopotutto
avvenuto con la pittura gotica), legate fortemente, come tradizione, alla
classicità. La città all'inizio del XV secolo iniziava un periodo di apparente
stabilità, dopo i gravi stravolgimenti del secolo precedente, con la fine della
minaccia viscontea, la crescita territoriale (assoggettamento di Pisa nel 1406,
di Cortona nel 1411, di Livorno nel 1421) ed economica dominata dalla
borghesia. I costi di queste conquiste però logorarono dall'interno la classe
politica, spianando la strada all'avvento dell'oligarchia, che si realizzò nel
1434 con la signoria di fatto dei Medici. Questa fragilità però non era sentita
dai contemporanei, che anzi lodavano la riaffermazione del prestigio, secondo
quell'umanesimo "civile" dei cancellieri della repubblica come
Coluccio Salutati. La valorizzazione della tradizione locale e delle origini
romane della città portarono di nuovo al rifiuto dei modelli cortesi, già
sperimentati ad esempio nella vicina Siena nel XIV secolo. In architettura il
disegno classico si manifestò già con la costruzione della Loggia della
Signoria (1376-1382), dalle ampie arcate a tutto sesto in piena epoca gotica;
in scultura si cercava una maggiore adesione alla plastica classica, come nella
decorazione della Porta della Mandorla (1391-1397, poi 1404-1406 e successivi)
del Duomo, opera di Nanni di Banco e altri; in pittura restava forte l'adesione
allo stile di Giotto, con pochi progressi. Verso la fine del XIV secolo si
iniziò a stancarsi dei vecchi modelli ed apparvero due strade principali da
percorrere per un rinnovamento: accogliere lo stile internazionale o sviluppare
con ancora maggior rigore le radici classiche. Una straordinaria sintesi delle
due scuole di pensiero è offerta dalle due formelle superstiti del concorso del
1401 per la realizzazione della porta nord del Battistero di Firenze, fuse in
bronzo rispettivamente da Lorenzo Ghiberti e da Filippo Brunelleschi ed oggi al
Bargello. La prova consisteva nel raffigurare un Sacrificio di Isacco entro un
quadrilobo, come quelli già usati da Andrea Pisano nella porta più antica, che
i due artisti risolsero in maniera molto diversa. Ghiberti divise la scena in
due fasce verticali armonizzate da uno sperone roccioso di sapore arcaico, con
una narrazione equilibrata, figure proporzionate e aggiornate alle cadenze del
gotico. Vi inserì anche generiche citazioni dall'"antico", di sapore
ellenistico, come nel poderoso nudo di Isacco, facendo quindi una mediazione
tra gli stimoli disponibili all'epoca. L'uso dello sfondo roccioso inoltre
generava un fine chiaroscuro, che "avvolgeva" le figure senza stacchi
violenti (che influenzò anche lo stiacciato di Donatello). Ben diversa fu il
rilievo creato da Brunelleschi, che suddivise la scena in due fasce
orizzontali, con piani sovrapposti che creano una composizione piramidale. Al
vertice, dietro uno sfondo è piatto dove le figure vi emergono con violenza, si
trova il culmine dell'episodio del sacrificio, dove linee perpendicolari creano
l'urto tra le tre volontà diverse (di Abramo, di Isacco e dell'angelo, che
impugna il braccio armato di Abramo per fermarlo). La scena è resa con una tale
espressività da far apparire al confronto la formella di Ghiberti una pacata
recitazione. Questo stile deriva da una meditazione dell'opera di Giovanni
Pisano (come nella Strage degli innocenti del pulpito di Sant'Andrea) e
dell'arte antica, come dimostra anche la citazione colta dello spinario,
nell'angolo sinistro. La vittoria spettò a Ghiberti, segno di come Firenze non
fosse ancora pronta al classicismo innovativo che fu all'origine del
Rinascimento, proprio in scultura prima che in pittura. Nel 1414, mentre
lavorava alla porta bronzea, egli realizzò un San Giovanni Battista con un
mantello cadente con grandi falcate ritmiche, che annullano le forme del corpo,
proprio come nei coevi maestri boemi. In pittura ebbe notevole importanza il
viaggio di Gherardo Starnina a Valencia nel 1380; aggiornatosi alle novità
internazionali, quando tornò a Firenze ebbe una forte influenza sulla nuova
generazione di pittori quali Lorenzo Monaco e Masolino da Panicale. Lorenzo
Monaco, pittore e miniatore camaldolese, dipinse, dal 1404, figure allungate,
coperte da ampi panneggi falcati, con tinte raffinate e innaturalmente brillanti.
Non aderì però alla laica cultura cortese, anzi profuse nelle sue opere una
forte spiritualità accentuata dal distacco delle figure dalla realtà e dagli
aristocratici gesti appena accennati. Masolino fu un interprete sensibile e
dotato, solo recentemente rivalutato dalla critica a causa del canonico
confronto con le opere del suo allievo Masaccio: tra i due è stata ormai
evidenziata un'influenza reciproca, non solo da Masaccio a Masolino. A Firenze
visse per un periodo anche Gentile da Fabriano, che lasciò il suo capolavoro,
l'Adorazione dei Magi (1423), commissionata dal cittadino più ricco, Palla
Strozzi, per la sua cappella. Il successivo Polittico Quaratesi mostra già un
influsso legato alla monumentalità isolata di Masaccio.
Il Gotico internazionale (o
fiammeggiante o tardogotico) è uno stile delle arti figurative databile tra il
1370 circa e, a secondo delle zone, la prima metà del XV secolo o gli albori
del XVI. Come sottolinea il nome, questa fase stilistica ebbe un'estensione
internazionale, con caratteri comuni, ma anche con molte variabili locali. Lo
stile non si diffuse a partire da un centro di irradiazione, come era stato per
esempio per il gotico e l'Île-de-France, ma fu piuttosto frutto di un dialogo
tra le corti europee, favorito dai numerosi scambi reciproci. Tra queste corti
ebbe comunque un ruolo preminente quella papale, in particolare quella
avignonese, vero centro di aggregazione e scambio per gli artisti di tutto il
continenti. Lo sviluppo territoriale del gotico internazionale nei vari paesi
europei generò numerose varianti regionali.
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