domenica 24 novembre 2013

L’autore.
Personaggio sfuggente, restituitoci alla memoria dalle pagine di Boccaccio come autentico burlone, Buonamico Buffalmacco fu un pittore fiorentino attivo nella prima metà del Trecento. Sulla sua esistenza ci sono parecchi dubbi. Dell’esistenza di Buffalmacco infatti si iniziò a dubitare poiché le uniche notizie che parlano di sue opere vengono dalle attribuzioni nei Commentari del Ghiberti(scrivendo un secolo più tardi, il Ghiberti non si può considerare una vera e propria fonte, le notizie tramandateci da Boccaccio e dalle novelle del Sacchetti, non ci danno notizie precise sulla sua attività, piuttosto ci restituiscono, come si è detto, la figura di una sorta di eroe della burla). In realtà il ritrovamento di documenti d’archivio, tra cui quello del 1320,  che testimonia la sua iscrizione all’Arte dei Medici e gli Speziali di Firenze, non hanno fatto che dimostrare la fondatezza delle informazioni tramandateci nei Commentari.

L’opera.
L'affresco di Buonamico Buffalmacco raffigurante il Trionfo della Morte è il primo di una serie di tre grandi scene per il Camposanto e fu eseguito nel 1336-41, su commessa dei frati domenicani. Staccato dalla parete e riportato su tela (misura: metri 5,6 x 15,0), l'opera è oggi conservata presso lo stesso Campo Santo nel cosiddetto "salone degli affreschi", appositamente attrezzato per la conservazione al chiuso dell'importante ciclo pittorico.
Questa scena è la più emblematica del ciclo del Campo Santo, con un'interpretazione dello spazio libera e disorganica, contrapposta alla prevalente scuola giottesca contemporanea, con caratteristiche narrative che non hanno confronti immediati nel quadro della pittura della prima meta del Trecento. Lo stato di conservazione è piuttosto rovinato, ma viste le drammatiche vicende che queste pitture hanno subito (già con vistosi problemi, furono incendiate durante la seconda guerra mondiale per poi venire restaurate in tutta fretta usando tecniche e materiali che solo in seguito si sono rivelati inadatti) è quanto meno un miracolo che possiamo ammirarle tutt'oggi. Il problema principale è legato al colore che ha perso di incisività per via di una diffusa polverizzazione durante i secoli, anche a causa della collocazione al coperto, ma a contatto continuo con l'aria esterna, tanto da rendere di difficile lettura i dettagli, che appaiono spesso "spalmati" con lo sfondo. Le zone meglio conservate restano quella più alta, in particolare la battaglia tra angeli e demoni, e le due scene cortesi ai lati.

Il tema del Trionfo della Morte, legato alla credenza della fine del mondo, assume tra le mura di un cimitero, un valore fortemente suggestivo. La scena è frammentata in più scene dominate da diversi sentimenti: l'orrido, il grottesco, il comico, il senso di serenità. Le dame ed i cavalieri che si vedono nell’affresco stanno andando a caccia in allegra brigata (si notino i cani e il falconiere), con le vesti eleganti ed i modi cortesi del tempo; ma, guardando l'intera parete affrescata, ci si accorge che essi non hanno tempo per bearsi delle delizie proprie della vita cortese: la tragedia della morte che trionfa sul mondo terreno sta ormai incombendo su di loro.

A sinistra si dispiega un’altra scena parecchio diffusa nella cultura figurativa medievale, si tratta dell’incontro tra i tre vivi e tra i tre morti.
Quest’episodio, testimoniato per la prima volta in un poemetto francese della fine del Duecento, inizia a diffondersi anche nella miniatura e riscuote un successo notevole nella cultura figurativa occidentale. Il racconto narra di tre cavalieri che, durante una battuta di caccia, si imbattono in tre uomini morti, i quali, apparsi per volere di Dio, ammoniscono i cavalieri sulla condotta da tenere pronunciandosi nel motto “Vous serez ce que nous sommes“, ossia “voi sarete quello che noi siamo”.
Tre cavalieri, ignari dell'avvertimento del monaco Macario, che domina la parte soprastante da un promontorio roccioso degradante, vivono la loro esistenza senza problemi, ma si trovano davanti tre cadaveri imputriditi nelle loro bare (ciascuno in uno stadio diverso della morte, dal cadavere "fresco", a quello in putrefazione, a quello ormai scheletro; avvolti da serpenti emanano cattivo odore come suggerisce il cavaliere che si tappa il naso) .

Poi, guardando più a destra nel dipinto, si vede che il "Giorno dell'Ira" è ormai iniziato e con esso la battaglia tra angeli soccorrevoli e implacabili demoni, determinati a strappare le anime dai corpi dei defunti. Le anime sono rappresentate in forma di infanti che escono dalla bocca delle persone, secondo un'iconografia tradizionale. In alto si consuma la vera e propria battaglia tra Angeli e Diavoli, che si contendono le anime dei defunti. Il precario stato dell'affresco lascia solo intravedere, in basso, nella zona centrale, la Morte in orribili sembianze di Genio volante munito di falce ed ali di pipistrello che campeggia la scena. Sotto la Morte sta un ammasso di persone ormai falciate: fra esse si scorgono, gli uni sopra gli altri, pontefici, imperatori, regine, principi, poveri, servi e villani, a simboleggiare l'umanità tutta coinvolta in eguale destino di morte. Verso quel mucchio si dirigono diavoli mostruosi, bramosi di stapparne le anime. È dunque un formidabile "Memento mori" quello che viene dall'opera di Buffalmacco.
In alto sulla sinistra, arrampicati su balze rupestri, stanno quattro monaci intorno ad una chiesetta; si tratta di eremiti che paiono indifferenti al destino di morte. Sono intenti alle opere della vita attiva e contemplativa: chi munge una capra, chi prega o legge seduto, chi guarda in basso la scena. Attorno alla chiesetta, a sottolineare la calma della vita eremitica, si vedono animali selvatici, quali il fagiano o la lepre, prede che la caccia della nobile brigata non riuscirà ormai più a raggiungere.
Il Monaco Macario, nella parte inferiore dell'affresco, sulla sinistra dello spettatore, si trova all'imboccatura della via del promontorio e cerca di mettere in guardia i giovani.

Anche nell'ultima parte dell'affresco, quella in basso a destra, incontriamo una scena che potrebbe apparire di "amor cortese", tipica del gotico internazionale, con dieci giovani, uomini e donne, seduti in un giardino, su di un prato smaltato di fiori, all'ombra di profumati aranceti, fra suoni e canti, che si godono la vita spensierati. Ma proprio verso di loro la Morte sta ora volgendo la sua falce, per rammentare il destino che comunque li attende.

With love , D. 

sabato 23 novembre 2013


L'Inquisizione è l'istituzione ecclesiastica fondata dalla Chiesa cattolica per indagare e punire, mediante un apposito tribunale, i sostenitori di teorie considerate contrarie all'ortodossia cattolica. Le prime misure inquisitoriali erano state approvate nel 1179 .Si legittimava la scomunica e l'avvio di crociate contro gli eretici. Il termine "inquisizione", tuttavia, si trova documentato per la prima volta negli atti del Concilio di Tolosa tenutosi in Francia nel 1229.
Per rispondere al dilagare di fenomeni ereticali e all'emorragia di fedeli la Chiesa cattolica reagì in due modi:
•             appoggiandosi ai movimenti che non si staccavano da Roma e cioè domenicani e francescani;
•             istituendo uno speciale tribunale ecclesiastico che avesse il compito di individuare gli eretici: l'Inquisizione.
Storicamente, l'Inquisizione si può considerare stabilita già nel Concilio presieduto a Verona nel 1184 da papa Lucio III e dall'imperatore Federico Barbarossa, con la costituzione della Bolla di Riuscigli (Esso stabilì il principio - sconosciuto al diritto romano - secondo il quale, anche in assenza di testimoni, si poteva essere accusati di eresia e dunque subire un processo)  con l'occorrenza di reprimere il movimento cataro (albigesi), diffuso nella Francia nell'Italia , e di controllare i diversi e attivi movimenti spirituali .
Nel 1252, con la bolla Ad extirpanda, Innocenzo IV autorizzò l'uso della tortura e Giovanni XXII estese i poteri dell'Inquisizione nella lotta contro la stregoneria.
Gli inquisitori procedevano:
• contro gli eretici;
• contro quelli che impediscono agli inquisitori di esercitar liberamente il loro uffizio;
• contro i pagani che venuti alla fede e battezzati, ritornano a professare il paganesimo;
• contro gli astrologi;
• contro divinatori e maghi;
• contro quelli che impediscono ai fedeli di professare la vera fede;
• contro chi predichi dottrine scandalose e contrarie alla vera religione;
• contro chi usa litanie nuove non approvate.
Il processo accusatorio, previsto dal diritto romano, consisteva nel pubblico confronto orale fra accusatore e accusato, al quale assisteva il giudice: Se l’accusatore non dimostrava le proprie accuse, era condannato dal giudice alla pena che avrebbe dovuto subire l'accusato in caso di colpevolezza.
 Il tribunale dell'Inquisizione adottò invece la procedura del processo inquisitorio nel quale il giudice è anche accusatore, egli è tenuto a raccogliere le prove della colpevolezza dell'imputato, conducendo indagini segrete e dirigendo il processo al quale il pubblico non può assistere né è ammessa la presenza di un avvocato difensore. Per giungere alla condanna è sufficiente la testimonianza concorde di almeno due testimoni o la confessione dell'imputato.
Allo scopo di sciogliere le eventuali contraddizioni presenti nelle sue deposizioni, l'imputato è sottoposto a tortura, essa può essere svolta  più volte nel corso del processo.
Se ritiene che l'accusa di eresia sia stata provata, il tribunale chiede all'imputato di abiurare, cioè di rinnegare le proprie convinzioni. Abiurando, se ritenuto sincero, l'imputato evita la condanna a morte e viene condannato a pene diverse. Se non viene ritenuto sincero  l'imputato è condannato necessariamente a morte: pentendosi, viene prima strangolato o impiccato e il cadavere viene poi bruciato e le ceneri disperse. La pena viene eseguita dall'autorità civile, il cosiddetto braccio secolare , in quanto gli ecclesiastici non possono «spargere il sangue»
Due casi famosi:
La caccia alle streghe
Un capitolo a parte nella storia del tribunale dell'Inquisizione è rappresentato dalla cosiddetta «caccia alle streghe»: l'Inquisizione, come sì è detto, era nata per riportare gli eretici nel solco della «vera fede» e fu solo con papa Giovanni XXII che la competenza degli inquisitori venne estesa alle persone sospettate di compiere atti di stregoneria.
Due inquisitori domenicani, scrissero un manuale che conteneva tutte le informazioni utili per riconoscere, interrogare e punire streghe e stregoni “Il martello delle malefiche”.
Furono circa 110.000 processi e 60.000 esecuzioni, le vittime furono per l'80% donne.
Il processo a Galileo
Dopo anni di osservazioni e studi Galilei credette di avere trovato la prova inconfutabile della teoria copernicana (il movimento delle maree) .Il processo si concluse quando Galilei abiurò le sue concezioni astronomiche davanti ai suoi giudici, essi  condannarono la teoria copernicana, senza però definirla formalmente eretica.
Catari e Valdesi
Il movimento dei catari, nato in Francia , si diffuse rapidamente. Essi credevano che il mondo fosse dominato dal male, contrapposto al bene di Dio: rifiutavano perciò ogni rito che utilizzasse i prodotti del mondo e negavano l'incarnazione di Cristo.
Pietro Valdo, da cui ebbe origine il movimento dei valdesi, aveva cominciato la sua attività di predicatore in un piccolo centro urbano ,movimento predicava le sue dottrine, non basate sulle sacre scritture. La predicazione di Valdo ebbe un successo straordinario.
Al di là delle differenze sul piano dottrinale, questi movimenti erano accomunati da un identico tentativo di vivere in comunità animate da uno spirito di autentica fratellanza .



With love , D.