lunedì 17 novembre 2014

Storia della Carta

Uno dei primi supporti per la scrittura, che precedettero la carta, fu il PAPIRO. Questo veniva ottenuto già verso il 3500 a.C. in Egitto, incrociando le strisce ricavate dal fusto dell’omonima pianta, che cresce lungo le rive del Nilo.  Le sostanze collanti della pianta servivano a tenere insieme le strisce stesse. Sul papiro si poteva scrivere da una parte sola ed i fogli si avvolgevano su una bacchetta di legno.
I libri che venivano prodotti nell’antichità avevano la forma di un rotolo (= volumen), che recava su una faccia la scrittura in una serie di colonne. Chi leggeva lo doveva svolgere gradualmente, usando una mano per tenere la parte che aveva già visto, la quale veniva arrotolata; alla fine però la spirale risultava capovolta, cosicché andava srotolata di nuovo prima che il successivo lettore potesse servirsene. La scomodità di questa forma è evidente, soprattutto perché alcuni rotoli erano di lunghezza considerevole (uno dei più lunghi fra quelli sopravvissuti misurava sei metri e sessanta centimetri, l’equivalente di non più di una settantina di pagine a stampa).
Se il termine greco (khárts) spiega perché in varie parti dell’Occidente (tra cui l’Italia) sia stata usata la parola carta per indicare i fogli su cui scrivere, dopo che gli Arabi ne ebbero appreso i processi di lavorazione dagli artigiani cinesi da loro fatti prigionieri nella battaglia del Talās del 751. Fino ad allora fu tuttavia il papiro a essere impiegato come principale materiale di supporto alla scrittura e, nonostante la rapida e maggior diffusione dell’assai più conveniente carta, la sua importanza storica è ancor oggi testimoniata da molte lingue europee. È infatti dal “papiro” (papýrus in latino e pàpyros in greco) che derivano le attuali
parole papier, termine con cui si indica la carta da scrivere infrancese, tedesco, olandese e polacco (seppure con pronunce
diverse), così come l’inglese paper, lo spagnolo e il portoghese papel, il boemo papir o l’antico slavo papirije, o in Sardegna dove in tutte le sue varianti linguistiche la carta viene detta “Papiru”, per limitarci solo a qualche esempio

Fra il secondo sec. a. C. e il quarto sec. d.C. si verificò un progresso della massima importanza per la storia dei libri. Il rotolo di papiro sparì gradualmente per far posto al codice, cioè si adottò un libro essenzialmente simile a quello in uso anche oggi.

Nel 170 a.C. fu realizzata in Asia Minore la pergamena, icavata da pelli di animali trattate e conciate. I fogli di PERGAMENA presentavano il vantaggio di poter scrivere su entrambi i lati e quindi di venire tagliati e riuniti per formare un codice. I vantaggi del codice sul rotolo erano molti: più pratico e più facile da consultare, grazie alla numerazione delle pagine. Mentre del papiro ai nostri giorni non si parla più, la pergamena viene usata anche attualmente ed è destinataalla scrittura di documenti che si intendono tramandare attraverso i tempi.
All’antica Roma si fanno risalire i primi quotidiani della storia. Nel 59 a. C. iniziano ad essere pubblicati e diffusi gli ACTA DIURNA, vere e proprie gazzette informative quotidiane manoscritte che riportavano notizie di politica e di cronaca. Su tavolette bianche venivano annotati i fatti del giorno: gli editti, le notizie ufficiali, le sentenze dei processi e gli avvenimenti mondani. Furono istituite da Giulio Cesare.

Nel I secolo in Cina viene inventata la CARTA. Per molti secoli l’arte della fabbricazione della carta rimase un segreto ben custodito dai cinesi che, oltre alla stoffa, adoperarono anche la corteccia dell’albero di gelso, finemente sminuzzata. L’uso della carta fu introdotto in Europa dagli arabi e la prima cartiera europea fu costruita in Spagna intorno al 1150.
 

Nel 1450 Johannes Gutenberg inizia la sperimentazione della stampa a caratteri mobili, cioè separati l’uno dall’altro e quindi riutilizzabili più volte. I primi caratteri mobili vengono realizzati in legno, poi in ferro, in rame ed infine in piombo. Nasce così il primo sistema di stampa a rilievo con il metodo tipografico che rivoluzionò il modo di stampare libri.

Nel 1764 esce, prima a Brescia e poi a Milano, la rivista illuminista “IL CAFFE’”. Fu fondato dai fratelli Pietro e Alessandro Verri e da cesare Beccaria; uscirono in tutto 74 numeri, uno ogni 10 giorni. Il nome sarebbe derivato da una bottega di caffè aperta a Milano da un commerciante greco. Gli articoli erano  quasi sempre firmati con sigle.

Produzione della carta
Produzione di pasta da fibra vergine 

La parte principale dell’albero, il tronco, è usato per la produzione di segati. L’industria della pasta e della carta utilizza il materiale residuo delle segherie, rami e cime degli alberi e il materiale ottenuto dalle operazioni di sfoltimento della foresta. Il legno ricavato dalle foreste presenta due parti distinte. La parte interna, costituita dall’utile fibra di cellulosa, e lo strato esterno, constituito dalla corteccia. La corteccia diminuirebbe la qualità della carta se venisse impiegata nella produzione della pasta ed è pertanto eliminata prima del processo e utilizzata come importante biocarburante.
 Una volta eliminata la corteccia, il legno può essere trattato in diversi modi per produrre paste meccaniche o chimiche. 
Ognuno di questi processi porta a differenti tecniche di applicazione, la pasta meccanica può essere prodotta in diversi modi, e la resa è generalmente intorno al 98% della quantità di legno impiegato, producendo in tal modo pasta con opacità elevata. La pasta chimica è prodotta eliminando la lignina dal legno. La lignina è il materiale che agisce da agente legante per le fibre nell’albero in crescita. Eliminando la lignina, la resa ottenuta della quantità di legno impiegato scende al 50%, producendo fibre con una buona resistenza, ma con minore opacità.

Imbianchimento

La pasta prodotta con uno qualsiasi dei processi descritti mantiene ancora una colorazione scura. Tutti i tipi di pasta possono esserebiancati per aumentare il grado di bianco. L’imbianchimento è una richiesta primaria per la carta per l’editoria, poiché il bianco rende migliore la riproduzione dei colori. Sebbene il cloro e il biossido di cloro siano estremamente efficaci nello sbiancare la fibra legno, i problemi ambientali causati da questi elementi hanno comportato l’eliminazione graduale di questi prodotti chimici dal processo di imbianchimento. Infatti, i composti del cloro non possono essere neutralizzati completamente dall’impianto di trattamento delle acque reflue. Pertanto l’acqua trattata immessa nei fiumi o nel mare conterrebbe ancora residui di composti del cloro, come ad esempio le diossine, che consumerebbero ossigeno e distruggerebbero gli habitat acquatici.
La pasta che viene sbiancata senza l’uso di questi prodotti chimici è chiamata Totalmente Priva di Cloro (TCF – Totally Chlorine Free). I prodotti chimici frequentemente utilizzati per l’imbianchimento sono: Ossigeno (O2), Ozono (O3), Perossido di idrogenoH2O2). Per la pasta meccanica l’imbianchimento con perossido è il più comune per ottenere un grado di bianco più alto.
Tutti i residui rilasciati da questi composti possono essere trattati più facilmente nell’impianto di trattamento delle acque reflue e l’acqua immessa nei fiumi o nei mari non ha effetti dannosi sulla vita acquatica. 

La cassa d’afflusso

Nella cassa d’afflusso, la consistenza dell’impasto è costituita per il 99% di acqua e materiali di processo e per l’1% di fibra. Questo volume di acqua è necessario per impedire la flocculazione. La flocculazione è la tendenza delle fibre a raggrupparsi insieme. Se si lascia che questo accada, si avrà una non ottimale formazione del foglio. Per impedire la flocculazione, nella cassa d’afflusso viene creata una turbolenza.
La cassa d’afflusso distribuisce un getto uniforme e determinato di impasto per iniziare a formare il foglio di carta.


L’impasto

Una volta che la pasta è stata portata al grado di bianco desiderato, può essere aggiunto del colorante per stabilizzare la tonalità corretta. L’occhio umano è molto percettivo alle differenze di tonalità. A seconda del prodotto finale richiesto, possono essere aggiunti altri additivi e materiali di processo. Sono aggiunti grandi volumi di acqua prima di trasferire l’impasto nella cassa d’afflusso.

Seccheria

Per stabilizzare il contenuto finale di umidità della carta, sono eliminate ulteriori quantità di acqua per evaporazione.
La seccheria è costituita da una serie di cilindri riscaldati a vapore, attraverso i quali passa il foglio. I cilindri sono disposti in modo tale che il velo di carta entra prima in contatto con un lato e successivamente con l’altro, per assicurare una asciugatura omogenea. Il foglio può essere supportato durante questa fase, oppure può essere autoportante, a seconda del modello della macchina. Il supporto migliora il contatto e il trasferimento di calore e favorisce le prestazioni ad alta velocità. Alla fine di questa sezione, la carta è stata prodotta secondo la procedura richiesta e da questo momento possono seguire diverse ulteriori fasi di lavorazione. Per la carta giornale, una calandra può essere tutto ciò che necessita Nella seccheria la carta è essiccata mediante cilindri in acciaio riscaldati a vapore.
al prodotto finito. Una calandra è formata da un numero di rulli in acciaio che entrano in contatto con ciascun lato della carta per lisciare le fibre sulla superficie. Alcune macchine
continue completano il processo con una calandra morbida. Una calandra morbida ha due coppie di rulli in acciaio. Un rullo in ogni coppia è coperto con un materiale
morbido in gomma e ogni coppia è disposta in modo tale da realizzare il contatto su entrambi i lati della carta con ciascuno dei rulli. L’accoppiamento del rullo morbido con uno più duro produce diverse forze frizionali sulla carta e impartisce un leggero effetto lucido quando liscia le fibre.
La carta che necessita di ulteriori processi di lavorazione è avvolta attorno ad una bobina in acciaio per formare le bobine madri, anche chiamate “tamburi”. Alla fine il contenuto secco è del 90-95%, a seconda del tipo di prodotto.

Patinatura

Per la produzione di carta di alta qualità, elevato grado di bianco, una durata maggiore e una superficie di stampa migliore, può essere aggiunto uno strato di patina sulla carta base prodotta (supporto). Lo strato di patina è costituito principalmente da caolino (argilla cinese) e carbonato di calcio (CaCO3).
Ulteriori agenti leganti sono necessari per assicurare che il materiale fine e polveroso a base di caolino e carbonato di calcio aderisca alla carta base formando uno strato coeso.
Possono essere aggiunti anche altri additivi, come ad esempio sbiancanti ottici che migliorano ulteriormente la percezione del bianco della carta. Gli sbiancanti lavorano convertendo la luce ultravioletta nello spettro visibile, donando una tonalità blu alla carta. La carta può avere infine una finitura lucida o opaca ,a seconda degli ulteriori processi.

Taglio e avvolgimento

La carta è sottoposta ad attente analisi di laboratorio e se i risultati sono soddisfacenti, la carta conforme procede verso l’avvolgitore.
Le bobine sono adesso della qualità, nella dimensione, nel diametro e nella grammatura richiesta dal cliente/utilizzatore finale. Per proteggerle lungo tutta la catena di trasporto, le bobine sono avvolte in un imballo resistente all’umidità ed etichettate con le informazioni necessarie per una facile identificazione. Durante ciascuna fase di produzione della pasta e della carta, viene eseguito un rigoroso controllo da parte di operatori altamente specializzati, assicurano che la carta prodotta soddisfi in modo costante le specifiche tecniche della qualità e si comporti al meglio in ciascuno dei processi di stampa adatti alla qualità prodotta.

I tipi di carta che vengono fabbricati sono tanti e ciò dipende dal fatto che questo prodotto ha molteplici usi.
La carta viene classificata in base alla sua composizione:
-carte fini di pasta cenci, a cui piò essere aggiunta cellulosa;
-cartemezzefine di pasta di cellulosa
-carte ordinarie di pasta di legno

I formati commerciali della carta:
Carta per scrivere e disegnare: 
- carta di quaderno: è fatta di pasta di cellulosa
- carte da disegno: carte pregiate,robuste e con diversi tipi di superficie, adatti al tipo di impiego ed al  materiale che devono ricevere

Carte da stampa per usi grafici:
-destinate alla stampa di quotidiani, periodici e libri, guide telefoniche, pieghevoli pubblicitari e commerciali; sono le carte più prodotte e di buona stampabilità.

Carte per imballaggio: 
Utilizzate per avvolgere, imballare, confezionare, per sacchi e sacchetti, alimenti. scatole, 
astucci e copertine:
-Carte oleate e carte paraffinate
-Carte plasticate
- Carte per pacchi

-Carta per regali
-Carta velina
-Carta kraft


Carte per usi igenico-sanitari:
sono la carta igienica, i fazzoletti, tovaglie e tovaglioli, gli asciugamani e le carte per uso medico. Hanno un’elevata porosità e igroscopicità.

Carte speciali per usi industriali

Carta valori:
Fabbricata con pasta di stracci o fibre di lino, che conferiscono alle banconote 
resistenza all’usura.
Caretterizzata dafgli inserti in filigrana e aggiunta all’impasto di fibre
 luminescenti evidenziabili alla esposizione alla luce ultravioletta.

Le proprietà fisiche. Le proprietà fisiche si riferiscono al materiale ed alla struttura del foglio
- grammatura, cioè il peso della carta in grammi per metro quadrato di carta (g/m2) che varia dai 10 grammi agli oltre \60 di cartoncini e cartoni.
-spessore, che varia dai 2 centesimi di millimetro fino a più di un mm per i cartoni
- assorbenza, che ri riferisci alla capacità della carta di assorbire acqua e porosità.
-rigidità, permeabilità (capacità di lasciarsi attraversare dai liquidi) e grado di umidità


Le proprietà meccaniche. Le proprietà meccaniche della carta sono in generale buone, tra queste sono importanti la resistenza allo strappo , la resistenza alla piegatura e la resistenza alla trazione e all’allungamento

Le proprietà tecnologiche.Le proprietà tecnologiche differenziano i tipi di carta ed il loro uso
- spera, cioè l’aspetto della carta vista in trasparenza
- grado di bianco, che si misura in percentuale
- stampabilità


With love , D. ❤
Tramandare ai propri posteri notizie di fatti accaduti ed il sapere in genere è stata, fin dalla preistoria, un’attività umana che ha lasciato traccia fino ai giorni nostri. I graffiti nelle caverne preistoriche e nelle tombe egizie, le pergamene dei cinesi, le lapidi dei romani, ci hanno infatti lasciato una quantità di informazioni tali che hanno fatto ricostruire la storia dell’umanità. C’erano una volta gli amanuensi, monaci del Medio Evo che per tramandare il sapere depositato nelle chiese, trascrivevano manualmente i testi sacri che venivano poi passati in fascicoletti distinti ai copisti che provvedevano a realizzare, sempre manualmente e con bella grafia, le copie delle varie pagine che componevano il libro che veniva poi artigianalmente rilegato. Alcuni di questi libri venivano arricchiti di illustrazioni a colori disegnate a mano (miniature). La diffusione del libro cresceva ed il lavoro degli amanuensi e dei copisti altrettanto; fin quando un tal Johannes Gutenberg di Magonza (Germania), inventò il carattere mobile. Il carattere mobile sostituiva comunque un procedimento più lungo e complesso che consisteva nello scolpire con sgorbie e bulini in unici blocchi di legno intere matrici di stampa sulle quali venivano torchiati i fogli da stampare: le cosiddette xilografie la cui realizzazione restò in uso anche dopo l’avvento del carattere mobile, per la realizzazione di illustrazioni artistiche. L’invenzione del carattere mobile si basava sulla realizzazione di caratteri in una leggera lega metallica per mezzo di matrici in legno, preventivamente scolpite in “negativo” in cui si versava il metallo fuso, che potevano essere poi disposti in maniera allineata grazie a delle forme-guida (compositoi) che permettevano di comporre intere pagine. Il compositoio veniva posizionato su un torchio che pressava lo stesso non prima di averci posizionato sopra il foglio di carta. Carattere mobile e torchio insomma, furono l’invenzione che stravolsero la stampa intorno il 1455, periodo in cui Gutenberg pubblicò la Bibbia delle 42 linee, cosiddetta perché conta 42 righe per colonna con un totale di 1.282 pagine per 180 copie delle quali oggi ne restano solo 48 sparse in alcune delle principali biblioteche e musei del mondo (in Italia ve ne sono 3 copie -2 su carta pergamena, 1 su carta- a Città del Vaticano, presso la Biblioteca Apostolica Vaticana). Mentre la Magonza di Gutenberg custodiva ancora i segreti del nuovo processo di stampa, nel resto d’Europa sopravvivevano gli incunaboli, le xilografie, le acqueforti, almeno fino al 1550 ca. Animate vicissitudini politiche (il sacco di Magonza), fecero sì che gli allievi di Gutenberg si disperdessero per l’Europa diffondendo le nuove tecniche di stampa nelle città di dove si trasferirono: Strasburgo, Basilea, Zurigo, Augusta, Ulm, Norimnerga e, in Italia nella prima tipografia impiantatasi a Subiaco fu stampato nel 1465 il De Oratore di Cicerone. A Napoli, nel 1470, fu Sisto Riessinger a mettere sù la prima tipografia. Ma si deve all’opera di Aldo Manuzio la sostituzione del carattere gotico, col quale si erano fino allora stampati i libri, con quello latino ed il corsivo. A parte il procedimento calcografico (1450) e quello di acqueforti e acquetinte , lo studio dell’impostazione grafica e fisica del libro e quello del design dei caratteri di stampa a cui si deve la creatività dello stesso Manuzio, di Claude Garamond che risolse il problema delle legature fra lettere (1531), Cristophel van Dick (1650 ca.), Granjon, Bodoni (‘700) ed altri, non vi furono particolari sviluppi riguardo le tecnologie di stampa fino alla prima rivoluzione industriale. L’età dei lumi aveva gettato le premesse per far scattare una frenesia inventiva che fu caratterizzata dall’invenzione della macchina a vapore ed altri sistemi tecnologici che vennero applicati anche in campo tipografico facilitando la produzione in serie di libri e riviste. Il grado culturale e l’alfabetizzazione crescevano e pertanto bisognava soddisfare il bisogno di sapere ed informarsi di dotti e studiosi attraverso anche la nascita dei primi giornali. La Linotype (1886) e, successivamente, la Monotype furono il gran passo avanti nella stampa tipografica. La possibilità infatti di poter produrre vari caratteri e famiglie, in gran quantità e rapidamente, velocizzarono i procedimenti di stampa grazie anche all’invenzione del telaio meccanico, del torchio a carrello, del clichè e il perfezionamento della fotografia che cominciava a sostituire le illustrazioni fatte a mano. E’ poi nel ‘900 che vengono costruite le macchine da stampa di tipo industriale: le rotative, le macchine per stampa offset. Il ruolo principale nello sviluppo dell’arte tipografica è dato dalle applicazioni delle tecniche fotografiche che danno il modo di stampare immagini a colori: dal dopoguerra nasce la stampa a colori ! Il procedimento delle stampe a colori si basa sulla quadricromia (da qualche parte troverete scritto quatricromia) consistente in 4 pellicole corrispondenti ognuna ad un colore (cyan, magenta, giallo e nero) ricavate dalla riproduzione selettiva delle immagini a colori attraverso un’opportuna filtratura dei colori complementari e per mezzo di una retinatura indispensabile a dare tutte le sfumature di colore presenti nell’immagine originale. Le 4 pellicole così realizzate, venivano messe a contatto delle cosiddette lastre (plates) dalle quali, attraverso un opportuna foto-incisione, venivano ricavate le matrici di stampa da montare sui rulli delle macchine offset. Le tecniche di riproduzione fotografica vengono applicate anche per la costruzione di un’altra grande invenzione quale è la fotocompositrice che fa abbandonare man, mano le precedenti monotype e linotype (‘o cchiummo ca se ne va). La fotocompositrice permetteva di realizzare veri e propri testi visibili su un monitor permettendo inoltre di effettuare eventuali correzioni immediate prima di stampare il tutto da montare poi su fogli di acetati, pronti per essere riprodotti.

With love , D. ❤

domenica 20 luglio 2014

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martedì 21 gennaio 2014

CANZONIERE di Francesco Petrarca

Petrarca scrive due opere in volgare: il Canzoniere, il cui titolo originale è Rerum Vulgarium Fragmenta, e i Trionfi. L’autore apparentemente dichiara di aspettarsi la gloria dovuta alla sua produzione in latino, in realtà lo conosciamo più per le opere in volgare che per quelle in latino.Petrarca inizia a lavorare al Canzoniere nel 1335 e lo porterà avanti per tutto il resto della sua vita, dunque fino al 1374. Ci fu una grande diffusione postuma, la prima edizione a stampa è del 1470, una critica filologica curata da Pietro Bembo è del 1501, e celebra Petrarca quale modello assoluto per la poesia, Boccaccio per la prosa. Darà origine al fenomeno del petrarchismo. “Voi ch’ascoltate ...” allude a un pubblico ristretto.
Le caratteristiche principali del Canzoniere sono: l’indefinitezza della figura di Laura, Il paesaggio idillico (paesaggio stato-d’animo).Vi è l’’assenza di una  realtà storica; l’unica realtà è quella interiore. L’amore si presenta come simbolo di una generale condizione interiore ;usa l’amore per esplorarsi totalmente interiormente; capiamo la condizione interiore di Petrarca: Sentimenti oscillanti e contradditori; molte preoccupazioni morali e religiose; sentiva la stanchezza e il peso della carne; si vergognava per la debolezza; sognava una conciliazione tra umano e divino , fra cielo e terra e l’unilinguismo.

Del Canzoniere abbiamo due manoscritti autografi (ovvero scritti da Petrarca stesso di suo pugno) e entrambi sono conservati nelle Biblioteche Vaticane; sono:
-          Vaticano latino 3195
-          Vaticano latino 3196 o anche Codice degli abbozzi
Il Canzoniere è stato scritto, come per le epistole, in varie fasi dall’autore, che lo cambia spesso aggiungendoci nuove poesie, cambiando posto ad alcune e a volte cambiandone anche il contenuto stesso. Uno studioso americano di Petrarca, Henry Wilkins (che scrive Una vita di Petrarca), sostiene che il Canzoniere prima di arrivare a noi è passato a nove differenti stesure. Nel Vaticano latino 3196 sono rappresentate queste fasi: ci fa vedere come sia il risultato finale e come fosse l’originale. Il Canzoniere è costituito da 366 componimenti: la maggior parte sono sonetti, poi canzoni e madrigali (breve componimento con schema metrico fisso, di contenuto pastorale) Si distinguono gruppi omogenei: l’amore per Laura, la spiritualità attraverso la solitudine, le liriche politiche e quelle religiose, la descrizione fisica di Laura, le comuni strutture linguistiche. Scompare ogni traccia di realismo e concretezza fisica, per quanto il poeta la descriva fisicamente, Laura diventa una figura simbolica. Si tratta di poesie compiute in sé stesse ma il problema è che sono inserite in un’opera organica, dunque hanno valore in sé e valore nell’organico dell’opera, a differenza di ciò che è avvenuto per le Rime di Dante. Le poesie sono divise in:
-          In vita
-          In morte di Laura: questa muore nel 1348, a causa della peste nera
Tutte le poesie che Petrarca finge siano state scritte prima della sua morte (266 componimenti) sono racchiuse nel primo gruppo; le altre riflessioni su Laura già morta vanno dal componimento 267 in poi. Il nome stesso Laura si associa al lauro (pianta dell’incoronazione del poeta), all’auro e all’aura. Nel 9, V Familiares a Giacomo Colonna, Petrarca ribadisce l’esistenza reale della donna. Egli parte da un innamoramento giovanile per una bella di Avignone per costruire la propria poesia, legandola a rimandi simbolici e cronologici tipici dello stilnovismo. La vita di Petrarca non cambia per via di Laura (come quella di Dante per Beatrice), che però diventa ragione di vita ed eterna immagine del desiderio irrealizzabile, grazie alla quale Petrarca conosce se stesso. Per Dante la morte di Beatrice è un punto di partenza per la sua spiritualizzazione assoluta, per Petrarca dopo la morte, Laura diventa garanzia di purezza (per esser rimasta casta), ma manca la donna nella sua fisicità, è questo un dolore più umano. Il poeta ha difficoltà perché non è mai in pace per via di Laura, nonostante l’astrazione simbolica, rimane sempre la passione terrena. L’ordine che dà Petrarca è un ordine cronologico ideale, infatti delle poesie del primo gruppo possono trovarsi nel secondo e viceversa.
Petrarca ha sempre presente l’opera di Dante ma non lo nomina mai direttamente, perché si tratta di un rapporto problematico. Infatti Petrarca ne avverte la grandezza, ma la poesia di Petrarca cambia rotta e si occupa della coscienza lacerata e divisa. Il confronto tematico e linguistico fra i due è comunque sempre presente. Petrarca vorrebbe scrivere un’opera narrativa continua (come la Divina Commedia), però la struttura stessa della sua anima non glielo permette e perciò sceglie di scrivere delle poesie divise, sebbene alcune siano poi collegate per argomenti (ad esempio le prime 10 poesie trattano dell’innamoramento di Laura) o per soluzioni stilistiche. Per questi motivi il Canzoniere si muove a metà fra il frammento e l’opera globale.
Il linguaggio volgare di Petrarca è più semplice di quello di Dante per diversi motivi:
-          Motivo storico, per cui i letterati italiani hanno mantenuto lo stesso linguaggio per la divisione tra la lingua scritta e la lingua parlata [motivo extratesto]
-          Scelta precisa di Petrarca, il quale, a differenza di Dante, scrive in uno stile medio che elimina le punte più alte del linguaggio (presenti nel Paradiso della Divina Commedia) ma anche quelle più basse. Petrarca usa una lingua più concreta, sebbene generica, e non si sofferma a descrizioni minuziose di Laura e di dove è. È un linguaggio che risente del latino classico riscoperto.
Si individuano due linee tematiche che caratterizzeranno la letteratura italiana nei secoli futuri:
-          Prospettiva dantesca: plurilinguistica e pluristilistica.
-          Prospettiva petrarchesca: monolinguistica e monostilistica.

SECRETUM di Francesco Petrarca

Il Secretum  è una delle opere più celebri di Francesco Petrarca. Il titolo del componimento (per esteso De secreto conflictu curarum mearum; il segreto conflitto dei miei afffanni), preannuncia una confessione da parte dell’autore, che riguarda le angosce e i patimenti che agitano il suo animo.
Petrarca inizia la stesura del Secretum nel 1347, ma modifica e rivede l'opera più volte, in particolare negli anni tra il 1353 e il 1358, nel culmine della crisi religiosa. La rielaborazione e il cambiamento sono tendenze proprie di questo tipo di opera, che si articola come un viaggio introspettivo del poeta nel proprio "io" più profondo e nascosto allo sguardo altrui. L’opera è divisa in 3 libri, è strutturata come un dialogo e vede come unico interlocutore S. Agostino  (la sua guisa spirituale )e come ‘testimone’ una donna bellissima, la quale non prende mai parola; la  Verità. In realtà i due protagonisti sono entrambi proiezioni di Petrarca stesso, e incarnano la parte morale e coscienziosa del suo animo e quella mondana e più terrena. Tre libri dunque, come tre sono le ‘sedute’ con il Santo, in cui l’autore cerca, attraverso la propria esperienza personale, di tracciare un esempio per i lettori. L’idea di fondo da cui nasce il turbamento che sconvolge il poeta è la coscienza di una morte certa, che, incombente, vanifica ogni esperienza su questo mondo.
Nel primo libro, partendo proprio dal rapporto tra vita e morte, Francesco e Agostino analizzano la futilità e l’inutilità dei patimenti del Petrarca e la sua debolezza di volontà.. Il Santo sprona il poeta a rinunciare ai suoi affanni e alla sue ambizioni mondane e di mirare a ciò che è realmente importante e benefico, ovvero la virtù e la fede religiosa che conducono alla conoscenza di Dio, unici valori che sopravvivono anche al confronto con la morte. Petrarca, a differenza del fratello Gherardo, non riesce però a rinunciare davvero a beni ed illusioni del mondo terreno, ed è questo il peccato da cui scaturiscono le sue sofferenze e i suoi mali. Qui S. Agostino espone infatti la sua teoria del male, considerato la conseguenza di una volontà fragile e poco convinta, di cui ci si può liberare se solo lo si desidera realmente.
Nel libro successivo il Santo presenta i sette peccati capitali e si concentra su quello che affligge più gravemente  Petrarca: l’accidia. Il poeta infatti si crogiola in questa inerte angoscia che lo blocca nel limbo che tutti noi proviamo nell’abisso che divide la coscienza del male all’azione verso il bene. Nel terzo volume del Secretum, il viaggio introspettivo si fa sempre più profondo e acuto e Agostino tocca Petrarca nei suoi punti più deboli e scoperti, sottolineando con forza i due peccati cui non riesce a rinunciare: l’amore per Laura e il desiderio di gloria. Il Santo afferma cge questi due sentimenti distolgono il poeta da Dio e dalla salvezza dell’anima, e che gli provocano angoscia e incertezza. Ma Petrarca non vuole compiere l’estrema rinuncia, e decide di non ignorare la propria natura e di rimandare a quando potrà la correzione della sua condotta, sottolineando un’altra grande differenza con Dante, escludendo soluzioni definitive; diventando ormai l’uomo della crisi.
La modernità di quest'opera petrarchesca si trova esattamente in quest’accettazione problematica della propria natura, e nella finezza con cui l'autore mette in luce tutta la complessità interiore dell’animo umano, attraverso una minuziosa indagine introspettiva e una confessione "aperta" di fronte al lettore. La prosa del Secretum, composto in latino da Petrarca, si ispira in maniera esplicita a quello di alcuni modelli di riferimento della tradizione: Cicerone, Boezio, Seneca e S. Agostino stesso.

With love , D. ❤