Breve storia della stampa
Tramandare ai propri posteri notizie di fatti accaduti ed il sapere in genere è stata, fin dalla preistoria, un’attività umana che ha lasciato traccia fino ai giorni nostri.
I graffiti nelle caverne preistoriche e nelle tombe egizie, le pergamene dei cinesi, le lapidi dei romani, ci hanno infatti lasciato una quantità di informazioni tali che hanno fatto ricostruire la storia dell’umanità.
C’erano una volta gli amanuensi, monaci del Medio Evo che per tramandare il sapere depositato nelle chiese, trascrivevano manualmente i testi sacri che venivano poi passati in fascicoletti distinti ai copisti che provvedevano a realizzare, sempre manualmente e con bella grafia, le copie delle varie pagine che componevano il libro che veniva poi artigianalmente rilegato.
Alcuni di questi libri venivano arricchiti di illustrazioni a colori disegnate a mano (miniature).
La diffusione del libro cresceva ed il lavoro degli amanuensi e dei copisti altrettanto; fin quando un tal Johannes Gutenberg di Magonza (Germania), inventò il carattere mobile.
Il carattere mobile sostituiva comunque un procedimento più lungo e complesso che consisteva nello scolpire con sgorbie e bulini in unici blocchi di legno intere matrici di stampa sulle quali venivano torchiati i fogli da stampare: le cosiddette xilografie la cui realizzazione restò in uso anche dopo l’avvento del carattere mobile, per la realizzazione di illustrazioni artistiche.
L’invenzione del carattere mobile si basava sulla realizzazione di caratteri in una leggera lega metallica per mezzo di matrici in legno, preventivamente scolpite in “negativo” in cui si versava il metallo fuso, che potevano essere poi disposti in maniera allineata grazie a delle forme-guida (compositoi) che permettevano di comporre intere pagine.
Il compositoio veniva posizionato su un torchio che pressava lo stesso non prima di averci posizionato sopra il foglio di carta.
Carattere mobile e torchio insomma, furono l’invenzione che stravolsero la stampa intorno il 1455, periodo in cui Gutenberg pubblicò la Bibbia delle 42 linee, cosiddetta perché conta 42 righe per colonna con un totale di 1.282 pagine per 180 copie delle quali oggi ne restano solo 48 sparse in alcune delle principali biblioteche e musei del mondo (in Italia ve ne sono 3 copie -2 su carta pergamena, 1 su carta- a Città del Vaticano, presso la Biblioteca Apostolica Vaticana).
Mentre la Magonza di Gutenberg custodiva ancora i segreti del nuovo processo di stampa, nel resto d’Europa sopravvivevano gli incunaboli, le xilografie, le acqueforti, almeno fino al 1550 ca.
Animate vicissitudini politiche (il sacco di Magonza), fecero sì che gli allievi di Gutenberg si disperdessero per l’Europa diffondendo le nuove tecniche di stampa nelle città di dove si trasferirono: Strasburgo, Basilea, Zurigo, Augusta, Ulm, Norimnerga e, in Italia nella prima tipografia impiantatasi a Subiaco fu stampato nel 1465 il De Oratore di Cicerone.
A Napoli, nel 1470, fu Sisto Riessinger a mettere sù la prima tipografia.
Ma si deve all’opera di Aldo Manuzio la sostituzione del carattere gotico, col quale si erano fino allora stampati i libri, con quello latino ed il corsivo.
A parte il procedimento calcografico (1450) e quello di acqueforti e acquetinte , lo studio dell’impostazione grafica e fisica del libro e quello del design dei caratteri di stampa a cui si deve la creatività dello stesso Manuzio, di Claude Garamond che risolse il problema delle legature fra lettere (1531), Cristophel van Dick (1650 ca.), Granjon, Bodoni (‘700) ed altri, non vi furono particolari sviluppi riguardo le tecnologie di stampa fino alla prima rivoluzione industriale. L’età dei lumi aveva gettato le premesse per far scattare una frenesia inventiva che fu caratterizzata dall’invenzione della macchina a vapore ed altri sistemi tecnologici che vennero applicati anche in campo tipografico facilitando la produzione in serie di libri e riviste.
Il grado culturale e l’alfabetizzazione crescevano e pertanto bisognava soddisfare il bisogno di sapere ed informarsi di dotti e studiosi attraverso anche la nascita dei primi giornali.
La Linotype (1886) e, successivamente, la Monotype furono il gran passo avanti nella stampa tipografica.
La possibilità infatti di poter produrre vari caratteri e famiglie, in gran quantità e rapidamente, velocizzarono i procedimenti di stampa grazie anche all’invenzione del telaio meccanico, del torchio a carrello, del clichè e il perfezionamento della fotografia che cominciava a sostituire le illustrazioni fatte a mano.
E’ poi nel ‘900 che vengono costruite le macchine da stampa di tipo industriale: le rotative, le macchine per stampa offset.
Il ruolo principale nello sviluppo dell’arte tipografica è dato dalle applicazioni delle tecniche fotografiche che danno il modo di stampare immagini a colori: dal dopoguerra nasce la stampa a colori !
Il procedimento delle stampe a colori si basa sulla quadricromia (da qualche parte troverete scritto quatricromia) consistente in 4 pellicole corrispondenti ognuna ad un colore (cyan, magenta, giallo e nero) ricavate dalla riproduzione selettiva delle immagini a colori attraverso un’opportuna filtratura dei colori complementari e per mezzo di una retinatura indispensabile a dare tutte le sfumature di colore presenti nell’immagine originale.
Le 4 pellicole così realizzate, venivano messe a contatto delle cosiddette lastre (plates) dalle quali, attraverso un opportuna foto-incisione, venivano ricavate le matrici di stampa da montare sui rulli delle macchine offset.
Le tecniche di riproduzione fotografica vengono applicate anche per la costruzione di un’altra grande invenzione quale è la fotocompositrice che fa abbandonare man, mano le precedenti monotype e linotype (‘o cchiummo ca se ne va).
La fotocompositrice permetteva di realizzare veri e propri testi visibili su un monitor permettendo inoltre di effettuare eventuali correzioni immediate prima di stampare il tutto da montare poi su fogli di acetati, pronti per essere riprodotti.
With love , D. ❤
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