martedì 9 aprile 2013

Relazione Museo della Stampa a Soncino


Museo della Stampa
21-3-13
Il museo della stampa-
Gutenberg inventa i caratteri mobili, il suo metodo verrà utilizzato per oltre 300, dalla sua invenzione fino al 1800.
Un metodo che per l’epoca risultò molto innovativo perché consentiva di rimediare agli errori spostando il carattere errato senza ricominciare il lavoro daccapo .
Gutenberg era un orafo e sapeva utilizzare i matalli,unì piombo, antimonio, stagno e rame per formare dei cubetti, i caratteri mobili.
Il museo della stampa di Soncino era gestito da una famiglia ebrea che scriveva in ebraico e stampava con il primo metodo di scrittura , la Xilografia (XIlo = legno , Grafia = scrittura).
Consisteva nell’incisione dei caratteri su una tavoletta di legno che andava successivamente inchiostrata e pressata da un torchio.
Un minimo errore non era correggibile e la tavoletta andava buttata sprecando lavoro, tempo e denaro poiché il legno della tavoletta era molto ricercato, doveva essere abbastanza tenero per essere inciso ma abbastanza resistente per passare sotto al torchio molto pesante.
I caratteri mobili erano dei cubetti con in cima una lettera in rilievo chiamata “Occhio tipografico”, al lato c’è una tacca che deve essere sempre rivolta verso il compositore mentre si sistemano i caratteri su un apposito righello che dà la giustezza delle lettere.
I caratteri vanno posizionati al contrario per uscire giusti sulla stampa.
I caratteri molto grandi, di solito utilizzati raramente per i manifesti venivano fatti in legno, anche se era un materiale meno duraturo del ferro, ma era necessario per non renderli troppo pesanti, dato che i pesi venivano spostati a mano.
La cassetta tipografica è il contenitore dei caratteri mobili, paragonabile alla nostra odierna tastiera.
Le lettere che sono utilizzate di più sono messe al centro della cassetta; che risulta divisa in tanti piccoli scomparti; mentre a raggio, andando verso l’esterno sono posizionate quelle di uso meno frequente .
L’ordine della cassetta tipografica era importante perché il lavoro doveva avvenire in modo automatico e veloce.
Le cassette erano posizionate all’interno di mobili appositi ma quelle usate più frequentemente erano appese ai muri.

L’attuale museo di Soncino non nasce in origine come stamperia, la famiglia ebraica che aprì la stamperia proveniva dalla Germania, in quel periodo, nel 1400 le popolazioni ebraiche erano in fuga dalle persecuzioni antisemite e dal nord Europa arrivano nel sud Europa, il nord Italia.
Arrivarono a Soncino per il Duca di Milano; il quale all’epoca era Francesco Sforza; che accettava di buon grado queste famiglie ebree dato che esse potevano svolgere un’attività che ai cristiano-cattolici era vietata, l’attività Feneratizia, ovvero il prestito di denaro con gli interessi.
Il Duca dette vitto e alloggio a queste famiglio e in cambio loro svolgevano l’attività feneratizia che portava grandi interessi al Conte arricchedolo.
Nel 1472 viene aperto un monte di pietà, un luogo gestito dai preti dove si prestavano soldi in cambio di pegni, un luogo aperto per contrastare l’illegale attività Feneratizia .
L’attività di famiglia non rese più e Israel Natan, il capo famiglia trasforma la prima attività Feneratizia in una stamperia data la sua conoscenza del metodo di Gutenberg.
La famiglia stampava in ebraico, un alfabeto senza vocali, così per aiutare il popolo del borgo che non comprendeva questa lingua la famiglia introduce le vocali sotto forma di puntini e segni.
Stampano la prima bibbia in ebraico a carattere completo, quindi fornito sia di vocali che di consonanti nel 1488.
L’ebraico si legge da destra a sinistra e i libri iniziano dalla fine.
La famiglia diviene molto ricca e comincia a dare fastidio alla chiesa e ai nobili che la costrinsero ad andarsene o a convertirsi alla religione cattolico-cristiana rinunciando al loro cognome , Da Spira.
Ghershon, l’ultimo di questa famiglia lascia Soncino ma in onore della città che l’aveva accolto amorevolmente cambia il suo cognome in Da Soncino.
Prosegue verso Venezia e stampa per Aldo Manuzio e impara a stampare in latino, greco e volgare italiano; stampa per la chiesa, dove tuttora oggi dei testi portano scritto Da Soncino; e infine giunge a Costantinopoli dove si ricongiunge al resto della sua famiglia e muore.

Composizione tipografica-
Per questo lavoro siamo stati divisi in due gruppi, con dei caratteri mobili di vario tipo dovevamo ricostruire la frase “Le acrobazie della stampa” e porla al centro di una cornice.
Una volta sistemata l’ipostazione della frase e della cornice ornamentale abbiamo inchiostrato il tutto e posizionato la nostra matrice sul torchio; posando un foglio A4 sulla matrice e passandoci sopra il torchio abbiamo ottenuto una stampa perfetta.

Un’esperienza nuova, prova stampa della prima pagina della Bibbia in ebraico-
Utilizzando un torchio in ghisa che è una perfetta copia dell’originale in legno posizioniamo i caratteri mobili e li inchiostriamo; posizioniamo la carta che non è più la preziosa pergamena fatta dagli amanuensi ma è una carta fatta dal cartaro a base di stracci.
La carta va inserita nel fraschetto che ha lo scopo di proteggere il foglio e con un torchio in legno si pressa il foglio.


Vista alla Rocca-
Soncino è un borgo medioevale cinto da mura e da un fossato.
L’attuale rocca è la seconda rocca di Soncino, la prima stava esattamente dalla parte opposta.
L’attuale è stata costruita dal 1473 al 1475 per difendersi dalla Serenissima; per costruirla hanno abbattuto il monastero di Santa Caterina e riutilizzato le fondamenta.
Diverrà una casa, viene infeudata dai Marchesi Stampa alla fine del 1500 che costruiscono una nuova palazzina all’interno e nel 1800 viene utilizzata come magazzino comune.
Nel 1802 una scossa di terremoto rese la rocca inagibile, venne restaurata dal Beltrami; che lasciò tutto ciò che era possibile lasciare di originale, ricostruì alcune parti mancanti e aggiunse alcune cose che in origine non c’erano per facilitare l’uso della rocca.
Riempie tutte le stanze sotterranee al di sotto del terzo livello per dare stabilità alla struttura.
Un castello è abitato da un sovrano mente nella rocca vive il capitano e la plebe che funge anche da soldati.
Il capitano non aveva famiglia perché essendo un personaggio importante la sua famiglia sarebbe stata in costante pericolo.
In guerra una volta che hanno preso il capitano si abbandonano le armi.
La rocca ha due ingressi, quello principale e quello verso il borgo, è costruita in mattoni anche se sono un materiale tenero rispetto alla pietra, ma era l’unico materiale economico disponibile.
Il ponte levatoio dell’entrata principale è una copia di quello originale che andò distrutto, costruito dopo la seconda guerra mondiale, circa nel 1946 è l’unico funzionante con lo stesso meccanismo dell’originale.
Il cortile antecedente alla vera e propria rocca, il rivellino, aveva due funzioni, quella di trappola in caso fossero entrati dei nemici avrebbero chiuso tutti i ponti levatoi,  sarebbero rimasti intrappolati e i soldati dagli spalti avrebbero potuto difendere la rocca; e la funzione di dogana facendo pagare un dazio ai mercanti per vendere le merci.
La rocca ha quattro torri agli angoli tutte con le merlature a coda di rondine che indicavano che la rocca era stata voluta dal sovrano quindi era Ghibellina; 3 quadrate e una rotonda, più resistente e messa all’angolo più esposto.
Nella torre quadrata più grande, il Mastro stava il capitano, l’ingresso ora è stata rifatto nel 1800, ma l’originale era una botola nascosta. Nella torre del capitano c’erano 4 stanze; La cantina, una stanza grande con una volta a botte con due finestre, si conservava il cibo per il capitano e per tutto il borgo in caso di emergenza. Sotto alla cantina c’era una stanza trappola, chiamata “presa d’acqua”, aveva delle botole collegate all’acqua del fossato, in caso il nemico fosse entrato nella torre avrebbero aperto le botole inondando la cantina e facendo marcire le provviste. La prigione, era una prigione di lusso per i comandanti e i capitani fatti prigionieri, venivano tenuti per settimane o addirittura per mesi al buio in attesa di un accordo per il riscatto, una volta che il riscatto veniva pagato facevano uscire i prigionieri alla luce del sole e diventavano ciechi, li restituivano prendendo i soldi in cambio e imbrogliando l’esercito nemico che una volta resosi conto della cecità dei prigionieri riscattati non poteva fare altro che ucciderli data la loro inutilità. La cucina, fornita di un camino per illuminare, riscaldare a cucinare e di un pozzo nascosto dietro la porta che forniva acqua pulita, c’era una sola finestra senza vetri perché era un materiale fragile e pericoloso, aveva una tenda di tela imbevuta di olio di clementina che permetteva il passaggio della luce ma non dell’aria; le mura erano molto spesse per non disperdere il calore e per resistere agli attacchi. Infine la camera da letto del comandante, con un piccolo bagno incorporato e la volta a forma di ombrello.
Le quattro torri erano collegate dagli spalti, dove i soldati buttavano sui nemici escrementi bolliti anziché olio o pece che erano molto costose.
La seconda torre quadrata era adibita a cappella religiosa; l’ultimo affresco risale al 1475 ed è la Madonna con il Bambino, dato che la rocca quando è stata terminata i soldati e il borgo l’hanno donata alla Madonna in segno di protezione; un affresco con delle travi con dei secchi e un fuoco rappresenta l’uomo (le travi), la donna (il secchio) e la famiglia (il fuoco), un leone che rappresenta Venezia perché per pochi anni Soncino è stata dominata da Venezia; infine tre coppie di affreschi, una coppia di stemmi con raffigurato il leone rampante di Brescia, una coppia di stemmi di Milano con il biscione e l’aquila nera, perché la rocca è stata voluta da Gian Galeazzo Maria Visconti Sforza figlio di Francesco Secondo Sforza di Bianca Maria Visconti, le due casate di Milano si sono unite e il figlio Gian Galeazzo il quale Duca di mila volle questa rocca. E infine una coppia di cani con una mano, la mano del Duca di Milano che sgancia il collare del cane in segno della fedeltà del Duca verso Soncino.

With love , D. 

0 commenti:

Posta un commento