domenica 29 aprile 2012

I patrioti Bresciani Tito Speri Tito Speri (Brescia, 2 agosto 1825 – Mantova, 3 marzo 1853) è stato un patriota italiano. La statua del Monumento a Tito Speri a Brescia. In gioventù frequentò il Liceo classico Arnaldo di Brescia. Nel 1848 partì come volontario alla prima guerra di indipendenza, e dopo il successivo armistizio ritornò a Brescia dove coadiuvò il comitato clandestino a preparare l'insurrezione delle Dieci giornate di Brescia. Tito Speri comandò la difesa di Porta Torrelunga (l'attuale Piazza Arnaldo) e della piazza che oggi porta il suo nome. L'insurrezione scoppiò approfittando della partenza di parte dell'esercito austriaco verso il Piemonte, e si concluse il 1º aprile 1849, vedendo lo Speri protagonista di vari scontri armati. Con la capitolazione della città, il patriota si rifugiò nel cantone italiano a Lugano, fino a scendere verso Torino per aderire ai moti mazziniani. Rientrò poi a Brescia dopo l'amnistia. Ma la sua attività cospirativa fu scoperta e Tito Speri arrestato; venne condannato a morte nel 1853 tramite impiccagione a Belfiore, nel Quadrilatero austriaco. Il monumento a Tito Speri (innalzato nell'omonima piazza di Brescia) venne inaugurato solennemente il 1º settembre 1888. Resta famosa una poesia a lui dedicata da Giulio Uberti. Enrico Tazzoli (Canneto sull'Oglio, 1812 – Mantova, 7 dicembre 1852) è stato un patriota e sacerdote italiano, il più noto dei Martiri di Belfiore. Professore di filosofia nel seminario vescovile, fu arrestato la prima volta il 12 novembre 1848 per aver pronunciato in chiesa una predica[1] contro i tiranni parlando delle potenze imperiali durante il "sacco di Mantova" del 1630, ma evidentemente alludendo agli "imperiali" austriaci di quell'anno. Tazzoli pur ovviamente non condividendo la visione religiosa di Mazzini, si convinse che il movimento della Giovine Italia era l'unico che avesse organizzazione e adesioni sufficienti ad assicurare concretezza d'azione. Molto impegnato nell'assistenza filantropica e nella educazione popolare, sposò i principi di un suo cristianesimo "illuminato", con lo spirito umanitario e "democratico" delle lotte risorgimentali, tanto da definire il suo supremo amor di patria la sua "seconda religione". Il 2 novembre 1850, in una abitazione al numero 10 dell'odierna via Chiassi, diciotto mantovani parteciparono alla seduta che pose le basi di un comitato insurrezionale antiaustriaco. Tra questi don Enrico Tazzoli era il vero organizzatore e coordinatore del moto. Egli era, altresì, in accordo con Mazzini, esule a Londra, per lanciare le cartelle del prestito interprovinciale mazziniano. Rinvenute casualmente alcune di queste cartelle, la polizia austriaca, facendo anche uso della tortura, scoprì la congiura. Don Enrico Tazzoli fu arrestato il 27 gennaio 1852. Gli vennero sequestrati molti documenti, fra i quali un registro cifrato in cui aveva annotato incassi e spese, con i nomi degli affiliati che avevano versato denaro. Il 24 giugno, in carcere, don Tazzoli seppe che gli austriaci avevano decifrato la chiave di lettura del suo quaderno. Vennero arrestati iscritti di Mantova, Verona, Brescia e Venezia. Accortamente le autorità austriache ottennero un ordine speciale di Pio IX che, sconfessando il vescovo che l'aveva negata, ordinò la sconsacrazione di Enrico Tazzoli che avvenne il 24 novembre. Monsignor Giovanni Corti fu quindi costretto a procedere alla lettura della formula di condanna, al ritiro dei paramenti sacri tolti di dosso e alla raschiatura con un coltello della pelle delle dita che avevano sorretto l'ostia dell'eucarestia. Non essendoci a quel punto più conflitto con il diritto ecclesiastico, il 4 dicembre gli austriaci diedero ai dieci processati lettura della sentenza del Consiglio di guerra austriaco che già il 13 novembre aveva decretato la condanna a morte. L'emozione suscitata e il susseguente intervento delle autorità religiose lombarde indussero il Governatore generale Josef Radetzky a commutare alcune pene ad anni di carcere, ma lo stesso confermò la pena capitale per Tazzoli, Scarsellini, Poma, De Canal e Zambelli. Il 7 dicembre 1852 furono eseguite le condanne a morte per impiccaggione in località Belfiore, poco fuori le mura della città di Mantova. Carlo Poma Carlo Poma (Mantova, 7 dicembre 1823 – Belfiore, 7 dicembre 1852) è uno dei Martiri di Belfiore. Era un medico e un combattente per la libertà • Rimasto orfano tredicenne del padre Leopoldo, dopo aver frequentato il Regio Ginnasio a Mantova, studiò medicina all'Università di Pavia. Dopo la laurea tornò nelle città natale dove prestò servizio nell'ospedale locale. Nel tempo divenne un seguace delle idee di Giuseppe Mazzini. Si legò a una società segreta fondata a Mantova dal sacerdote Enrico Tazzoli, che si muoveva per la fine del predominio austriaco nell'Italia settentrionale. La casa di Carlo Poma venne usata dai cospiratori come deposito per i manifestini e per altri scritti rivoluzionari. La polizia austriaca scoprì le cospirazioni con una perquisizione e nel giugno del 1852 arrestò tra gli altri Poma. Gli austriaci trovarono anche una lista dei cospiratori, lista che diede luogo a ulteriori arresti. Carlo Poma fu condannato a morte tramite impiccagione nel novembre del 1852. Fu giustiziato nel giorno del suo ventinovesimo compleanno il 7 dicembre 1852 assieme a Giovanni Zambelli, Scarsellini, Tazzoli e Bernardo De Canal, nella valletta di Belfiore, alle porte di Mantova. A causa della sua tragica morte Carlo Poma è considerato come uno degli eroi e una delle personalità più importanti del Risorgimento. L'Ospedale di Mantova dove prestò la sua opera, porta il suo nome. Bartolomeo Grazioli Bartolomeo Grazioli (Fontanella, 25 settembre 1804 – Mantova, 3 marzo 1853) è stato un sacerdote e patriota italiano , uno dei "Martiri di Belfiore". Di umili origini, entrò giovane in Seminario a Mantova ed unì alla sua inclinazione pastorale un forte anelito di indipendenza politica per la patria. Nel 1827 fu ordinato sacerdote, e nel 1842 parroco di Revere ed in seguito venne nominato Direttore delle scuole elementari nella sua parrocchia. Nel 1848 aderì al movimento irredentista, del quale divenne un capo locale. Fu arrestato dalla polizia austriaca mentre era parroco di Revere (MN) e fu impiccato nella valletta di Belfiore con il conte veronese Montanari e con il bresciano Tito Speri il 3 marzo 1852, in quanto reo confesso dei reati contestati, tra i quali spiccò l'accusa di aver svolto opera di proselitismo per il movimento rivoluzionario e per l'eversione. Angelo Scarsellini Era un patriota veneziano con la fantasiosa proposta di catturare (sequestrare) l'imperatore e di scambiarlo per più autonomia e libertà: una follia allo stato puro. La proposta venne naturalmente respinta. Fu affidata invece a don Tazzoli l'emissione di un prestito per la raccolta di denaro di piccolo taglio per non dare nell’occhio. With love , D. ❤
Ingredienti per preparare la Torta variegata: 125 gr di farina 2 uova 110 gr + 17 gr di zucchero 95 gr di burro 25 gr di cacao amaro Mezza bustina di vaniglia 1 pizzico di sale Mezza bustina di lievito per dolci zucchero a velo per spolverizzare Procedimento: Preriscaldare il forno a 180 gradi e imburrare e infarinare una tortiera. In una terrina e con una frusta elettrica, sbattere a lungo le uova unite a 110 gr di zucchero; continuare a lavorare il composto finché non sarà diventato gonfio, soffice e chiaro. In un'altra terrina lavorare il burro fino a ottenere una crema e unirlo al composto precedentemente preparato. Quindi, aggiungere anche il sale e la farina versata poco alla volta, continuando sempre a lavorare il composto. Aggiungere il lievito per dolci e mescolare Dividere il composto versandone poco meno della metà in un'altra terrina e procedere come segue: - nella terrina con più composto aggiungere vaniglia e mescolare; -nella terrina con meno composto aggiungere il cacao, 17 gr di zucchero e mescolare. Versare al centro della tortiera il composto al cioccolato; subito dopo e sempre versandolo al centro della tortiera con movimento circolare, versare il composto alla vaniglia. Infornare il dolce per circa 40-45 minuti e, prima di estrarlo dal forno, effettuare la prova dello stuzzicadenti, che dovrà risultare ben asciutto. A fine cottura, estrarre la Torta variegata dal forno, lasciarla raffreddare e, quindi, sformarla, spolverizzarla con lo zucchero a velo e servirla. Una cosetta fuori dall'ambito scolastico :D Una pausa golosaaa ❤ With love , D. ❤
La Stele degli avvoltoi, oggi conservata al Louvre, è un bassorilievo in pietra calcarea, che fu eretta come monumento per celebrare la vittoria del Re Eannatum di Lagash su Enakalle di Umma. Su di essa vi sono iscritti vari accadimenti riguardanti la guerra. In una scena, il re si trova sul suo carro con un'arma nella mano destra, formata da tre barre di metallo fuse assieme ad anello, mentre i suoi soldati, con elmi e lance in mano, marciano dietro di lui. Il senso della moltitudine di soldati viene reso attraverso la sola rappresentazione del susseguirsi delle teste e delle lance, poste una dietro l'altra (sia le teste che le lance). L'esercito passa crudelmente sopra i corpi degli sconfitti, attaccati persino da avvoltoi (particolare dal quale la stele prende nome). La scena cinica, però, non è stata rappresentata per l'atto in sé che raffigura, bensì per celebrare magnificamente il sovrano. Questo fatto viene spiegato chiaramente attraverso le scritte cuneiformi presenti nella stele, dove viene indicato Eannatum come colui «la cui parola è giusta». L'intera stele, probabilmente, era alta in tutto 180 cm e risale al 2500 a.C. circa. Titolo: Stele degli avvoltoi Artista :ignoto Contesto storico : Impero Babilonese Dimensioni :1.80 x 1.30 x 0.11 m (muro originale della stele ) Ubicazione attuale : Museo del Louvre (Department of Mesopotamian antiquities, Richelieu, ground floor, room 1a) Datazione : 2500 a.C. Materiali : pietra calcarea With love , D. ❤
Le 7 meraviglie del mondo moderno
Il 7/7/2007 sono state annunciate a Lisbona le 7 meraviglie del mondo moderno. Autore dell’iniziativa è stata una società (a scopo di lucro) svizzera chiamata “New Open World Corporation” (NOWC), non legata all’UNESCO.


Il Taj Mahal
Il Taj Mahal, situato ad Agra, nell'India settentrionale (stato di Uttar Pradesh), è un mausoleo fatto costruire nel 1632 dall'imperatore moghul Shah Jahan in memoria della moglie Arjumand Banu Begum.[1] Nonostante vi siano molti dubbi riguardo al nome dell'architetto che lo progettò, generalmente si tende a considerare Ustad Ahmad Lahauri il padre dell'opera.
A causa di un disinteresse durato diversi secoli, alla fine del XIX secolo, complici l'erosione ed i ladri depredatori di tombe, la struttura versava in un grave stato di abbandono. Durante il governatorato inglese di Lord William Bentinck, inoltre, ci sarebbe stato un piano per demolire il Taj Mahal al fine di recuperare i marmi di cui è ricoperto e i terreni da utilizzare poi per la coltivazione.
Secondo alcuni, tuttavia, questa sarebbe solo una voce messa in giro in quel periodo per screditare l'immagine del poco amato governatore Lord Bentinck.
Questo periodo di abbandono e disinteresse terminò con la nomina a viceré dell'India dell'inglese Lord George Nathaniel Curzon nel 1899, che avviò un restauro dell'intera struttura terminato nel 1908.
Durante il XX secolo l'edificio fu molto curato: nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, il Governo indiano eresse un'impalcatura attorno alla struttura per difenderla da eventuali danni provocati da attacchi aerei da parte dei tedeschi prima e dei giapponesi poi. Tale precauzione fu presa anche durante la guerra tra India e Pakistan, tra il 1965 e il 1971.
Negli ultimi anni il Taj Mahal ha dovuto affrontare, tuttavia, un nemico molto più subdolo: l'inquinamento. A causa delle polveri sottili, infatti, il candido marmo di cui è ricoperto si sta ingiallendo. Al fine di risolvere questo problema, oltre alle normali operazioni di pulitura regolarmente commissionate dal Governo indiano, dovrebbe essere fatto un intervento di trattamento dei marmi con dell'argilla (materiale non corrosivoabrasivo) dal costo di oltre 200.000 dollari, che dovrebbe richiedere due o tre mesi ed essere ripetuto ogni tre anni.[14] Per evitare un intervento così dispendioso, oltretutto da dover essere ripetuto così spesso, le autorità locali hanno messo in atto delle misure di prevenzione: una legge, infatti, vieta di costruire industrie inquinanti nell'area attorno al Taj Mahal.

La Grande Muraglia
La Grande Muraglia consiste in una lunghissima serie di mura edificate nell'odierna Cina. La sua costruzione cominciò nell III secolo a.C. (circa 215 a.C.) per volere dell'imperatore Qin Shi Huangdi, lo stesso a cui si deve il cosiddetto Esercito di terracotta di Xi'an e l'ancora inviolato tumulo sepolcrale.
Nonostante il nome cinese (il è una misura che corrisponde a circa 500 metri) la lunghezza della muraglia è stata, fino a poco tempo fa, considerata di 6.350 chilometri con altezze variabili. Dalle misurazioni ottenute con le più recenti strumentazioni tecnologiche (raggi infrarossi, Gps) la Grande Muraglia sarebbe lunga 8.851,8 chilometri, circa 2500 chilometri in più dei 6.350 stimati.
Doveva servire a contenere le incursioni dei popoli confinanti, in particolare dei Mongoli, ma non si rivelò molto efficace, perché gli invasori riuscivano spesso a sfruttare i punti deboli rappresentati dalle porte che, giocoforza, la muraglia doveva avere.

Una leggenda dura a morire :

Viene spesso indicata come l'unica opera umana visibile dallo spazio (o addirittura dalla Luna), un'affermazione che, per quanto suggestiva, è priva di ogni fondamento. Il motivo è molto semplice: anche se lunga 8.851,8 chilometri, una misura teoricamente distinguibile dallo spazio, la Grande Muraglia è però larga meno di 10 metri, pertanto già a un centinaio di chilometri di altezza, e a maggior ragione da migliaia o centinaia di migliaia di chilometri, essa sarebbe irrimediabilmente al di fuori del potere risolutivo dell'occhio umano. Effettivamente, molti astronauti hanno riferito al quartier generale della NASA di non aver mai notato la serpeggiante costruzione, se non usando il binocolo. Essa, forse, si potrebbe distinguere dal paesaggio a occhio nudo in condizioni eccezionali di visibilità. In ogni caso, dalla Luna è assolutamente impossibile vederla, poiché a quella distanza la Terra appare una "meravigliosa sfera, principalmente bianca, con un po' di blu e qualche zona gialla e occasionalmente un po' di vegetazione verde".

Petra (Giordania)

Petra è un sito archeologico posto circa 250 km a Sud di Amman, la capitale della Giordania, in un bacino tra le montagne ad Est del Wadi Araba, la grande valle che si estende dal Mar Morto fino al Golfo di Aqaba. Il suo nome semitico era Reqem o Raqmu («la Variopinta»), attestato anche nei manoscritti di Qumran.
Fu nell'antichità una città edomita e poi divenne capitale dei Nabatei. Verso l'VIII secolo fu abbandonata in seguito alla decadenza dei commerci e a catastrofi naturali, e, benché le antiche cavità abbiano ospitato famiglie beduine fino ad anni recenti, fu in un certo senso dimenticata fino all'epoca moderna. Il complesso archeologico fu rivelato al mondo occidentale dall'esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt nel 1812.
Ancora oggi si suole raggiungere Petra a piedi o a cavallo. L'ingresso più caratteristico è quello orientale, attraverso la lunga e profonda fessura delle rocce, chiamata Sik (o Siq). Alla fine del primo tratto di questo lungo corridoio dapprima si intravede e poi si apprezza in pieno per la presenza di un ampio spiazzo, uno dei più bei monumenti di Petra, il Khasneh al Faroun o il Tesoro del Faraone (il nome, di pura fantasia è stato inventato dai beduini), la cui facciata è profondamente incisa nella roccia.

 

 

 

 

 

 

Cristo Redentore

Il Cristo Redentore è una statua rappresentante Gesù Cristo. La statua trova collocazione sulla cima della montagna del Corcovado, che si erge a 700 m s.l.m. a picco sulla città e sulla baia di Rio de Janeiro, è alta 38 metri, di cui 8 metri fanno parte del basamento. È uno dei monumenti più conosciuti al mondo. Ormai la statua è un simbolo della città e del Brasile e rappresenta il Cristo Redentore dell'umanità. Il monumento fu progettato dallo scultore francese Paul Landowski e come supervisore alla costruzione fu scelto l'ingegnere locale Heitor da Silva Costa. Un gruppo di tecnici studiò il progetto di Landowski e decise di sviluppare la struttura in calcestruzzo anziché in acciaio perché questo materiale è più adatto a strutture a forma di croce. Si decise, inoltre, di ricoprire lo strato esterno di un materiale al tempo stesso malleabile e resistente a condizioni climatiche estreme.
Il monumento fu inaugurato il 12 ottobre 1931 dal presidente Getúlio Vargas in una grande e sontuosa cerimonia.
Nell'ottobre del 2006, in occasione del 75esimo anniversario della statua, l'arcivescovo di Rio de Janeiro Eusebio Oscar Scheid consacrò una cappella sotto la statua.

 

 

 

 

 

 

Machu Picchu

Machu picchu è un sito archeologico inca situato in Perù, nella valle dell'Urubamba, a circa 2.430 m.s.l.m. Il nome, deriva dai termini quechua, machu (vecchio) e pikchu (cima o montagna). Le autorità peruviane, che ovviamente ricavano dei notevoli vantaggi economici dal turismo, sostengono che non ci siano problemi e che l'estremo isolamento della valle dell'Urubamba sia, da solo, sufficiente a limitare il flusso turistico. Periodicamente viene proposta la costruzione di una funivia per raggiungere la città dal fondovalle, ma finora la proposta non è passata. La località è oggi universalmente conosciuta sia per le sue imponenti ed originali rovine, sia per l'impressionante vista che si ha sulla sottostante valle dell'Urubamba circa 400 metri più in basso. a gola di Picchu, situata a metà strada fra le Ande e la foresta amazzonica, fu colonizzata da popolazioni montane, non selvatiche, provenienti dalle aree di Vilcabamba e della Valle Sacra, nella regione di Cusco, e in cerca di espansione alle loro frontiere agricole. Le prove archeologiche indicano che l'agricoltura è praticata nella regione almeno dal 760 a.C. A partire dal periodo dell'Orizzonte medio (dall'anno 900 d.C.), si registra un'esplosione demografica da parte di gruppi non documentati storicamente ma probabilmente legati all'etnia Tampu dell'Urubamba. Si ritiene che questi popoli possano aver fatto parte della federazione ayarmaca, rivale dei primi inca della regione di Cusco. In questo periodo si espande considerevolmente la superficie agricola "artificiale" (terrazze). Ciò nonostante, il sito specifico della città di Machu Picchu (la cresta rocciosa che unisce i monti Machu Picchu e Huayna Picchu) non reca traccia di essere stato edificato prima del XV secolo. Si suppone che la città fosse stata costruita dall'imperatore inca Pachacútec intorno all'anno 1440 e sia rimasta abitata fino alla conquista spagnola del 1532. La posizione della città era un segreto militare ben custodito, in quanto i profondi dirupi che la circondano erano la sua migliore difesa naturale. Difatti, una volta abbandonata, la sua ubicazione rimase sconosciuta per ben quattro secoli, entrando nella leggenda. Scoperte archeologiche, unite a recenti studi su documenti coloniali, mostrano che non si trattava di una normale città, quanto piuttosto di una specie di residenza estiva per l'imperatore e la nobiltà Inca. Si è calcolato che non più di 750 persone alla volta potessero risiedere a Machu Picchu e probabilmente durante la stagione delle piogge o quando non c'erano nobili, il numero era ancora minore.

 

 

Chichén Itzá

Chichén Itzá è un importante complesso archeologico maya situato nel Messico, nel nord della penisola dello Yucatan. Le rovine, che si estendono su un'area di 3 km², appartenevano a una grande città che fu uno dei più importanti centri della regione intorno al periodo epiclassico della civiltà maya, fra il VI e l'XI secolo. Il sito comprende numerosi edifici, rappresentativi di diversi stili architettonici; fra i più celebri si possono indicare la piramide di Kukulkan (nota come El Castillo), l'osservatorio astronomico (il Caracol) e il Tempio dei guerrieri. In uno Yucatan prevalentemente arido la presenza di due larghi e profondi pozzi naturali, chiamati cenotes, che forniscono acqua in abbondanza, ha reso il sito particolarmente attraente per l'insediamento. Dei due cenotes il Cenote Sagrado è il più famoso. Secondo le fonti post-conquista, sia Maya che spagnole, i Maya precolombiani compivano sacrifici al dio della pioggia Chaac, gettando nel cenote sia manufatti che esseri umani. Il console statunitense Edward Herbert Thompson dragò il cenote negli anni tra il 1904 e il 1910, portando alla luce manufatti d'oro, di giada e di ceramica, così come resti umani con ferite compatibili con l'ipotesi dei sacrifici.
Le cronache Maya riportano nel 1221 una rivolta con una conseguente guerra civile, e le prove archeologiche sembravano confermare che le coperture lignee del grande mercato e del Tempio dei Guerrieri bruciarono all'incirca in quel periodo. Per Chichén Itzá iniziò il declino come città dominante dello Yucatan, soppiantata da Mayapan. Questa cronologia è stata tuttavia drasticamente rivista in anni più recenti. Da un lato una migliore conoscenza archeologica sui cambiamenti della ceramica nella regione, dall'altro un maggior numero di reperti databili con la tecnica del radiocarbonio giunti dagli scavi a Chichén Itzá , hanno spostato la datazione del declino della città all'indietro di due secoli, intorno al 1000 d.C.
Questa nuova datazione lascia un intervallo temporale inspiegato tra la caduta di Chichén Itzá e il sorgere del suo successore Mayapan. Le ricerche in corso nel sito archeologico di Mayapan potrebbero aiutare a risolvere questo enigma cronologico. La città non fu mai completamente abbandonata, tuttavia la popolazione diminuì e nessuna nuova importante costruzione venne eretta dopo il collasso politico. Il cenote sacro rimase comunque un luogo di pellegrinaggio. Nel 1531 lo spagnolo
Francisco de Montejo conquistò Chichén Itzá con l'intenzione di farne la capitale dello Yucatan spagnolo, ma dopo pochi mesi una rivolta dei nativi Maya lo costrinse ad abbandonarla.

 

Colosseo

Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio o semplicemente come Amphitheatrum, è il più famoso anfiteatro romano, ed è situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere fino a 50.000 spettatori, è il più grande e importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia giunto fino a noi.
L'anfiteatro è stato edificato su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. e fu inaugurato da Tito nell'80 d.C., con ulteriori modifiche apportate durante il regno di Domiziano. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Il nome "Colosseo", che deriva dalla vicina statua del Colosso del Dio Sole (adattamento del Colosso di Nerone), si diffuse solo nel medioevo. Ben presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago del popolo. Oggi è un simbolo della città e una delle sue maggiori attrazioni turistiche.
Era usato per gli spettacoli gladiatorî e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). La tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è destituita di fondamento. Esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale.
L'edificio forma un'ellisse di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 m per 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 m per 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge i 48,5 m, ma originariamente arrivava ai 52 m.
La sua costruzione iniziò nel 72 sotto l'imperatore Vespasiano, della dinastia flavia. I lavori furono finanziati, come altre opere pubbliche del periodo, con il provento delle tasse provinciali e il bottino del saccheggio del tempio di Gerusalemme (70 d.C.). L'area scelta era una vallata tra la Velia, il colle Oppio e il Celio, in cui si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato dal poeta Marziale) fatto scavare da Nerone per la propria Domus Aurea. Questo specchio d'acqua, alimentato da fonti che sgorgavano dalle fondazioni del Tempio del Divo Claudio sul Celio, venne ricoperto da Vespasiano con un gesto "riparatorio" contro la politica del "tiranno" Nerone che aveva usurpato il terreno pubblico, e destinato ad uso proprio, rendendo così evidente la differenza tra il vecchio ed il nuovo principato. Vespasiano fece dirottare l'acquedotto per uso civile, bonificò il lago e vi fece gettare delle fondazioni, più resistenti nel punto in cui sarebbe dovuta essere edificata la cavea. Vespasiano vide la costruzione dei primi due piani e riuscì a dedicare l'edificio prima della propria morte nel 79. L'edificio era il primo grande anfiteatro stabile di Roma, dopo due strutture minori o provvisorie di epoca giulio-claudia (l'amphiteatrum Tauri e l'amphiteatrum Caligulae) e dopo ben 150 anni dai primi anfiteatri in Campania.
Il figlio e successore di Vespasiano, Tito, aggiunse il terzo e quarto ordine di posti e inaugurò l'anfiteatro con cento giorni di giochi, nell'80. Poco dopo, il secondo figlio di Vespasiano, l'imperatore Domiziano, operò importanti modifiche, completando l'opera ad clipea (probabilmente degli scudi decorativi in bronzo dorato), aggiungendo forse il maenarium summum e realizzando i sotterranei dell'arena: dopo il completamento dei lavori non fu più possibile tenere nell'anfiteatro delle naumachie (rappresentazioni di battaglie navali), che invece le fonti riportano per l'epoca precedente.
Contemporaneamente all'anfiteatro vennero costruiti alcuni edifici di servizio per i giochi: i ludi (caserme e luoghi di allenamento per i gladiatori, tra cui sono noti il Magnus, il Gallicus, il Matutinus e il Dacicus), la caserma del distaccamento dei marinai della Classis Misenensis (la flotta romana di base a Miseno) adibiti alla manovra del velarium (castra misenatium), il summum choragium e gli armamentaria (depositi delle armi e delle attrezzature), il sanatorium (luogo di cura per le ferite dei combattimenti) e lo spoliarum un luogo in cui venivano trattate le spoglie dei gladiatori defunti in combattimento. With love , D. ❤
                               LE PIOGGE ACIDE  
Il valore normale del pH  delle precipitazioni atmosferiche ( pioggia , neve, grandine)è di 5,5. Da  più  di mezzo secolo, in molte zone del mondo, il ph delle precipitazioni  è sceso sotto il valore normale ,dando origine  al fenomeno delle  piogge acide. Uno dei valori più bassi finora registrato si riferisce a un temporale  avvenuto bel 1974 in Scozia : la pioggia aveva un ph di 2,4 ! Fino a un ventennio fa, in provincia di Varese è spesso caduta pioggia con valori di  pH  inferiori a 3,5.
-La formazione delle piogge acide
Nell’atmosfera affluiscono composti come gli ossidi di zolfo e azoto , generati dall’utilizzo dei combustibili fossili. Se la loro quantità è notevole si determina una brusca diminuzione del pH atmosferico . Infatti , nell’atmosfera questi ossidi vengono  trasformati rispettivamente in acido solforico e in acido nitrico , che abbassano il valore del pH dell’acqua  delle precipitazioni .   L’acidità delle precipitazioni ha effetti dannosi soprattutto sulla vegetazione . Infatti, la maggior parte delle  piante cresce  bene nei terreni con valori di pH di 6,5-7 . Più i valori  del pH del terreno si abbassano  , più le piante  assorbono con difficoltà  gli elementi nutritivi, come calcio, magnesio, potassio e sodio ; mentre assorbono più facilmente  elementi come  l’alluminio e il manganese che,  se raggiungono  determinate quantità, risultano  tossici per le piante . Le piogge acide danneggiano anche l’esterno di palazzi e di chiese  e le opere  d’arte esposte all’ aperto    .
-Perché le piogge acide sono diminuite .
 Da quasi  venti anni , il fenomeno delle piogge acide  è in calo , grazie .
v   All’ impiego delle marmitte catalitiche negli automezzi , che hanno determinato una diminuzione  nelle aria di ossidi di azoto ;
v  Alla sempre  maggiore sostituzione , come combustibile , del carbone come il metano ; infatti , nel carbone non è trascurabile la quantità di zolfo, che durante la combustione da origine agli ossidi di zolfo; invece , lo zolfo non è assolutamente presente , come impurezza nel metano ;
v    Alla sempre migliore raffinazione del petrolio , che porta alla quasi completa eliminazione dello zolfo dai suoi derivati.
Negli ultimi vent’anni, nei Paesi dell’Unione Europea e del Nord America, le emissioni di ossidi di azoto e zolfo sono diminuiti di quasi l’80% , come conseguenza , il valore del pH  delle piogge  si è avvicinato al suo valore normale , cioè 5,5. Tale diminuzione , però, non è avvenuta in altre zone del mondo , per esempio in Cina ,  in cui ancora si fa largo  uso del carbone come combustibile.
 With love , D. ❤
Le Sette  meraviglie del mondo antico
Le Sette meraviglie del mondo antico sono le strutture architettoniche, sculture ed edifici che i Greci ed i Romani ritennero le più belle e straordinarie opere dell'intera umanità.

Giardini Pensili di Babilonia
Dopo uno studio minuzioso dei testi antichi e un attentissimo scavo, Robert Koldewey (un archeologo) arrivò fatalmente alla conclusione che le strutture a volta presso la Porta Ishtar erano davvero la base di sostegno dei famosi giardini pensili di Babilonia.  La strada processionale, larga 22 metri, rivestita da mattonelle smaltate azzurre e ornate con 120 leoni di oltre due metri, con le fauci spalancate e dipinti di bianco, rosso e giallo, passava attraverso la celebre porta Ishtar, gigantesca opera fortificata, fiancheggiata da due torri avanzate, anche interamente rivestita da mattonelle smaltate azzurre decorate con immagini di animali sacri tori, draghi, disposti in alternate, che si calcola ammontassero a una trentina.



Colosso di Rodi









La statua venne costruita da Chares di Lindo, scolaro di Lisippo. La costruzione dell'opera durò dodici anni, sicchè si può pensare che l'opera fu dedicata nel 290 a.C. a Helios ed elevata sotto Seleuco Nicatore.
Dal racconto di Filone di Bisanzio riguardante la costruzione della statua, si apprende che essa era alta 32 metri e che l'artista, dopo aver infisso solidamente con grossi perni di ferro i piedi di bronzo della statua in una base di marmo, elevò il resto del corpo a strati avendo cura di preparare, nell'interno della statua, un'intelaiatura di ferro, formata da barre orizzontali e di montanti, che seguivano la forma della statua e che erano fissati con perni alle pareti di essa. Non si sa se essa reggesse una fiaccola o una lancia. E' pensabile che, Chares si sia ispirato all'immagine del Sole sulla quadriga eretta per gli abitanti di Rodi da Lisippo. La scultura di Chares, con ogni probabilità, aveva intorno al capo una fitta raggiera, come altre immagini del sole scoperte a Rodi.
Lo scheletro di ferro era stabilizzato da un riempimento fatto con blocchi di pietra.
Negli anni 224 e 223 a.C. il Colosso di Rodi crollò in seguito ad un terremoto, spezzandosi alle ginocchia. Secondo Strabone non fu restaurato per un divieto sacro. I pezzi si trovavano ancora distesi a terra nel 653 d.C.; furono sottratti dagli Arabi durante una loro scorreria e venduti ad un ebreo di Emesa.       







Mausoleo di Alicarnasso
Il termine mausoleo con il quale si intende la tomba a carattere monumentale- discende dalla tomba di Mausolo. Secondo gli antichi autori è ad Artemisia che si deve la costruzione del Mausoleo dedicato al fratello-sposo Mausolo nel 353-351 a.C..
Ma è evidente che la tomba aveva proporzioni troppo vaste perchè in così poco tempo se ne fosse potuto ideare il progetto e completare la costruzione; è più probabile che ciò sia avvenuto mentre Mausolo era ancora in vita, nel 370-365 a.C., e che l'esecuzione terminasse intorno al 350 a.C., poco dopo la morte di Artemisia.
La tomba di Mausolo, secondo la ricostruzione del Krischen, presenta un grande basamento di 22 metri di altezza, circondato inferiormente da una zoccolatura degradante, sopra la quale si innalza un colonnato ionico di nove colonne per undici, di circa tredici metri di altezza; sopra questo si trovava una piramide a gradini di 7 metri ed infine la quadriga.Il tutto raggiungeva un'altezza di 49 metri.
 In questa ricostruzione di Krischenm, tutto l'insieme è legato da un sistema di misure molto semplice.E’ la ricostruzione più semplice ed attendibile. Essa si accorda con le misure delle fondamenta e con quelle di parti  architettoniche rinvenute dall'archeologo inglese Newton negli scavi del 1856.






Tempio di Artemide ad Efeso
Fu costruito per ordine di Creso circa a metà del VII secolo; di ciò abbiamo come testimonianza delle iscrizioni in caratteri Lidi e greci che si trovavano sulle colonne del tempio.
I lavori furono eseguiti dall'architetto Chersifrone. Gli scavi nel santuario sono oggi ancora in corso, per il momento si ritiene che nel VII secolo il santuario consistesse in una struttura simile ad un altare che cambiò varie volte e di due altri monumenti: l'Hekatompedon, così detto perchè misurava 100 piedi e l'altare a rampa. Il tempio aveva otto colonne sulla facciata e nove sul retro.
L'alto basamento era largo 7,85 m e lungo 131 m. Plinio racconta che le colonne erano alte 20 m, snelle ed elegantemente scanalate (stile ionico), dei bellissimi capitelli sostenevano le travi tanto grosse da far sorgere una leggenda che parla di un intervento della stessa dea per aiutare l'architetto ad erigerle, questi infatti scoraggiato dalla difficoltà dell'impresa meditava il suicidio. Il fregio non aveva figure ma solo una grossa dentellatura sulla cimasa più alta che sorreggeva il timpano. Quest'ultimo aveva tre aperture o finestre: quella centrale fornita di sportelli e al suo fianco si ergevano due statue di amazzoni. Plinio parla nel complesso di 127 colonne. La cella si trovava esattamente al centro dell'edificio; non si è sicuri del fatto che la statua della dea dominasse la cella, ma possiamo immaginare che la grandezza della statua fosse quella delle copie di epoca romana. La strana statua delle molte mammelle dell'Artemide Efesia rappresenta una dea madre. La statua è rigida, la parte bassa assomiglia al sarcofago di una mummia egizia.
Il tempio  fu distrutto il 21 luglio del 356 a.C. da un certo Erostato, che lo incendiò pensando in questo modo di rendere il proprio nome immortale. La scoperta dei resti del tempio avvenne nel 1860 per opera di John Turtle Wood.




Faro di Alessandria in Egitto
Alessandro il Grande giunse in Egitto nel 332 a.C. e, dopo aver conquistato rapidamente il paese, fondò la nuova città ad ovest del delta del Nilo, su una striscia di terreno sabbioso, che separa la palude Mareotide dal Medirerraneo, di fronte all'isola di Faro. Il progetto venne affidato all'architetto Dinocrate; lo portò a compimento Tolomeo figlio di Lago, prima satrapo, poi re d'Egitto.
L'isola di Faro, su cui sorse la famosa torre luminosa, fu congiunta alla città con una diga lunga 7 stadi (1290 metri circa), formando così due porti comunicanti col Nilo per mezzo di canali navigabili.
Architetto ne fu Sostrato di Cnido, figlio di Dexifane, il quale lavorò sotto i primi due Tolomei. La costruzione del Faro iniziò probabilmente nel 297 a.C. Il Faro era stato consacrato a favore dei navigatori agli dei salvatori ("teois soteroi uper ton laixomenon ", come diceva l'epigrafe dedicatoria, che poteva facilmente essere scorta da chiunque entrasse o uscisse dal porto)
Secondo testimonianze storiche, essa era un vero e proprio colosso, alta quanto un edificio di 45 piani. La sua altezza infatti doveva aggirarsi intorno ai 120 - 130 metri e, come una torta nuziale, era composta da tre piani distinti, sempre più stretti. Il I, alto 60 metri, aveva una pianta quadrata ed era molto largo. Il II era alto 30 metri e, sempre stando a racconti e scritti di epoca antica, ricordava molto una torre a sezione ottagonale. L'ultimo pezzo, di 15 metri, invece era costituito da una vera e propria torre cilindrica sormontata da un'enorme statua, forse quella di Alessandro il Grande o quella di Zeus Soter. Nei tempi che seguirono il Faro cadde in rovina, fino a trasformarsi in una vera e propria "cava di pietre". L'ultima possibile raffigurazione del Faro prima della sua distruzione la troviamo in un mosaico della volta della cappella di San Zeno in S. Marco a Venezia, databile intorno al 1200. Mostra il Faro e una nave con l'Evangelista al timone, mentre arriva ad Alessandria per fondare la chiesa copto-cristiana in Egitto.




Statua di Zeus ad Olimpia
Trono alto circa quattordici metri; braccioli sostenuti da sfingi; il dio era seduto ; i piedi poggianti su uno sgabello lavorato; nella mano destra reggeva una vittoria, che si dice fosse d'oro e misurasse due metri,con la mano sinistra regge un'asta molto lunga poggiante sul terreno e avente in cima un'aquila d'oro; la faccia del Dio esprime bontà e gioia, La testa è incoronata di olivo. La statua rimase nel santuario per oltre ottocento anni sempre suscitando stupore e meraviglia nei fedeli. L'imperatore romano Caligola (37-41), secondo Svetonio, cercò inutilmente di impossessarsi della statua con ogni mezzo per portarla a Roma.[2]
All'inizio del V secolo, quando il santuario era ormai in abbandono, entrò a far parte della collezione di opere d'arte pagane di Lauso, che la pose nel proprio palazzo a Costantinopoli, che andò distrutto assieme alla collezione nell'incendio nel 475.



La Piramide di Cheope a Giza
Una delle costruzioni più grandi mai realizzate dall'uomo. S'innalza verso il cielo da parecchie migliaia di anni nella piana di Giza in Egitto.
Le sue misure sono: lato settentrionale 230 m e 25.05 cm, lato occidentale 230 m e 35.65 cm, lato orientale 230 m e 39.05 cm ed infine lato meridionale 230 m e 45.35 cm, per una altezza di 146 m. Il tutto per un peso di circa 6.000.000 di tonnellate e un' area di 13.1 acri. Gli angoli alla base sono quasi perfetti: angolo sud-est 89° 56'e  27", quello di nord-est 90° 3' 2", quello di sud-ovest 90° 0' 33", e quello di nord-ovest 89° 59' 58" (appena due secondi d'arco di differenza).

Secondo stime affidabili, la Piramide consiste di un totale di circa 2.300.000 blocchi di pietra calcarea e granito, con pesi che variano dalle 2.5 tonnellate alle 70 tonnellate. Non solo, ma bisogna aggiungere anche un rivestimento simile a uno specchio di 22 acri costituito, da 115.000 pietre lucidissime, ciascuna del peso di 10 tonnellate, che originariamente coprivano tutte e quattro le facciate. Dopo essere stata staccata da un violento terremoto nel 1301 a.C., la maggior parte dei blocchi di rivestimento fu rimossa per la costruzione del Cairo.
Tra gli specialisti in archeologia egizia, è opinione comune che fu costruita come tomba per il faraone della IV Dinastia (2575 - 2467 a.C.) Khufu (conosciuto come Cheope). Questa opinione si basa principalmente sul ritrovamento di geroglifici su alcune pietre all'interno della piramide che assomigliano al suo sigillo, e alla testimonianza di Erodoto che vide i monumenti nel V° secolo a. C., cioè più di 2000 anni dopo che erano stati costruiti. Nonostante il fatto che nessun corpo fu mai trovato all'interno delle sue stanze ben sigillate, gli egittologi persistono nella loro teoria, facendo nascere una storia su decine di migliaia di schiavi costretti al lavoro per decine di anni nella costruzione di una montagna di pietre in cui mettere il cadavere di un solo uomo.
With love , D. ❤