domenica 12 maggio 2013

Friedrich Nietzsche - pregiudizi morali


Friedrich Nietzsche - pregiudizi morali
Centrale nella Genealogia della morale (1887) è la messa in discussione della morale attraverso un’analisi della sua origine; attraverso tale analisi, Nietzsche[1] scopre che la morale ha un’origine psicologica. Nella prefazione all’opera, egli ci dice che quello che stiamo per leggere è uno scritto polemico, che mette alla berlina i pregiudizi morali. Il filosofo tedesco precisa anche che non è possibile cercare l’origine del male nel mondo dei fenomeni: l’unica strada percorribile diventa il tentativo di cercare l’origine dei pregiudizi morali nella psicologia. Alla domanda centrale dell’opera – come si è giunti all’invenzione dei pregiudizi morali? – Nietzsche prova a dare una risposta che tenga conto delle riflessioni schopenhaueriane, ma ben presto si accorge che, seguendo Schopenhauer, si precipita nel nulla, nella volontà che si rivolta contro se stessa. La distinzione capitale fissata da Nietzsche è quella tra la morale dei signori e quella dei sacerdoti: questi ultimi, provando invidia di fronte alla superiorità dei signori, elaborano una tavola di valori opposti, anteponendo al corpo lo spirito, al sesso la castità, alla forza l’umiltà. Quella che si attua, nota Nietzsche, è una vera e propria congiura contro la vita, nella misura in cui tutti gli istinti che non si scaricano all’esterno si rivolgono all’interno. Nasce in questo modo uno spirito di vendetta contro il prossimo. Chi è malvagio secondo la morale del risentimento, è buono secondo quella dei signori; e viceversa. Per chiarire questo punto, Nietzsche porta l’esempio omerico di Odisseo e Tersite: secondo la prospettiva dei signori, il buono è Odisseo; per quella dei sacerdoti, Tersite. La concezione assolutamente atea di Schopenhauer, nella misura in cui riconosce una colpevolezza innata nell’uomo, finisce per avvicinarsi incautamente alla morale del risentimento: in opposizione alla quale, Nietzsche precisa che il fatto che la vita sia indubitabilmente sofferenza non implica che ci sia una colpa da espiare. Al contrario, che la vita sia sofferenza è un dato che si impone da sé e che, di conseguenza, si giustifica da sé: l’invenzione del peccato originale è soltanto un assurdo espediente per cercare di dare un senso a quella sofferenza, tenendola sotto controllo. Ad avviso di Nietzsche, se è un dato di fatto che la sofferenza appartiene all’esistenza e se l’uomo aspira all’esistenza nella sua forma più alta, allora ne segue che l’uomo aspirerà alla sofferenza più grande. In questa maniera, egli si libera dai vincoli della metafisica e accetta la vita così com’è, nella sua mancanza di senso: è esattamente in questo che risiede il nichilismo attivo. Contro la metafisica, la religione e la scienza l’unico antidoto possibile è l’arte, nella quale la menzogna si santifica senza celare presunte verità oggettive.


[1] Friedrich W. Nietzsche nacque in Sassonia nel 1844 da un pastore protestante. Studiò a Bonn e a Lipsia e insegnò filosofia da giovanissimo in Svizzera. Trascorse gli ultimi anni a Torino, quindi la morte lo colse a Lipsia nell’agosto del 1900.

With love , D. 

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