domenica 12 maggio 2013

STORIA DELL’ARTE MODERNA


STORIA DELL’ARTE MODERNA
La storia dell'arte moderna si fa partire dagli inizi del 1400 fino al 1800 con il Canova, artista ancora di tradizione antica. L'arte è prima di questo periodo ha una precisa funzione di arredo, ora invece è concepita più a livello commerciale e sempre sotto una commissione. L'arte moderna tratta i secoli dal 1400 al 1700, dove raggiunge il suo massimo splendore. Di questo periodo è anche il primo tentativo di stendere "una storia dell'arte" per opera del Vasari, grande amico di Michelangelo. Il Vasari per la stesura si basa principalmente sulla vita dei grandi artisti più che su una forma stilistica, sarà solo nell'ottocento che si avrà il primo lavoro di storia dell'arte come noi la conosciamo, basata sia sulla vita dell'artista ma anche sull'opera e il suo significato. Per capire un'opera e per capire la sua funzione si deve leggerla estrapolando il significato che l'artista vuole dare. La tematica può essere religiosa, eroica o più personale, ma un significato ben preciso è sempre presente.
ESEMPI:
AMORE SACRO E AMORE PROFANO
di Tiziano. Nel dipinto sono presenti due figure femminili, una nuda (amore sacro) una vestita (amore profano), sono entrambe sedute su di un antico sarcofago decorato con scene dure, inerenti all'amore violento, tra di loro un amorino gioca con l'acqua sopra il sarcofago, a significare il bisogno di stemperare, mitigare la scena. Le due donne inoltre stanno comunicando, nell'opera c'è armonia tra i due amori, non c'è rottura.
NASCITA DI VENERE
di Botticelli. Dipinto a tematica classica, Venere arriva su una conchiglia spinta dal soffio di Zefiro verso le braccia di Flora, dea dell'eterna giovinezza.
RITRATTO DI LUCINA BREMBATI
di Lorenzo Lotto. Sappiamo si tratta di Lucina Brembati perché l'artista lo scrive sotto forma di rebus sulla luna (lu-cc-na) mentre al dito della donna c'è l'anello della famiglia Brembati. Tiene la mano sull’addome, si presume che la donna fosse incinta


RITRATTO VIRILE
di Lorenzo Lotto. Si sa che il protagonista è Leonino B. perché anche in questo caso l'artista lo rappresenta mettendogli in mano una zampa di leone in miniatura che riconduce al suo nome.
Il ritratto può avere anche una valenza puramente erotica, solamente per dare piacere al committente, senza però essere mai volgare, come ad esempio "La Venere di Urbino" e "La Venere del prado" di Tiziano.
Il Rinascimento italiano si fa partire con le opere di Brunelleschi e lo si fa terminare con il Canova e l'illuminismo. Il Rinascimento tocca le classi più alte e le nuove emergenze culturali, accanto al Brunelleschi che per primo inizia a costruire in un nuovo modo, si continuerà ancora per un secolo a costruire in maniera classica. Intorno al 1400 il centro Italia era occupato da vari comuni indipendenti, dove si cominciava ad avere un certo livello di benessere ed è da qui che si comincia a vedere una significativa trasformazione sociale, la città inizia ad arricchirsi. A Firenze nel 1400 si afferma che la società è al massimo della sua cultura e che il livello di alfabetizzazione infantile è altissimo, fatto rarissimo per il periodo, tuttavia Firenze è scarsa di forze militari e per questo è minata da periodi più o meno marcati di crisi, basti ricordare la peste del 1300 che portò ad un alto disagio sociale, alla guerra contro Milano del 1351, e alla guerra contro Pisa o contro il papato. Solo nel 1382 a Firenze torna l'ordine, con l'affermazione di alcune ricche famiglie. Alcune di queste ricche famiglie sono: i Ricci, gli Albricci, gli Alberti, gli Strozzi e i Medici (la famiglia che diventerà la più importante della città con in mano tutti gli organi di potere). La nascita di un nuovo linguaggio si può far risalire al 1401 con il bando di concorso per la realizzazione della porta del battistero di Santa Maria del fiore, decorata a pannelli con formelle bronzee di grande impatto visivo. Il concorso fu vinto da Lorenzo Ghiberti e da Filippo Brunelleschi. Si fa strada in un'epoca ricca e favorevole, l'esempio del passato, l'esempio di Roma, la Roma antica, viene a formarsi una coscienza storica, ci si rifà al passato. Se nell'antichità Roma è stata "caput mundi", la città e ne erediterà il titolo in questo periodo è appunto Firenze. Si ricerca il vero, si rivaluta il corpo umano nella sua perfezione di proporzioni e bellezza, non più statue stilizzate per evidenziare un significato simbolico, ma un realismo materiale costruito secondo i precetti della fisicità umana. Nasce inoltre una nuova concezione dello spazio, nasce la prospettiva, la misurazione dello spazio e la sua rappresentazione tridimensionale secondo regole geometriche e matematiche. Già nel Ghiberti si notano, nelle sue formelle, le nuove tendenze artistiche che si rifanno alle regole classiche di rappresentazione del corpo umano, perfetto, e con una grande attenzione al dettaglio.
È però nelle formelle del Brunelleschi che si nota maggiormente l'ingresso delle nuove regole compositive, anche se entrambe sono di stampo classicheggiante il Ghiberti non segue tutte le nuove influenze prospettiche. Il Brunelleschi invece, rispettando la prospettiva, ci presenta tutta la drammaticità della scena, trascurando la bellezza dei corpi per dare risalto alla durezza dell'evento. Qui la vita quotidiana irrompe sulla scena biblica (i servitori si vedono stanchi per il viaggio, uno si guarda in piedi doloranti mentre l'altro si massaggia una gamba).
SANTA MARIA DEL FIORE
si inizia la sua costruzione già nel 1236, in seguito Giotto progetta il campanile, dopo di che la Chiesa viene arricchita dal Pisani. Per ora esistono solo il corpo e le tre navate, un ampio presbiterio su cui si aprono tre grandi cappelle. Manca la facciata, che peraltro viene costruita solo nel 1800, rifacendosi allo stile della Chiesa iniziato da Giotto e Brunelleschi, a causa delle grandi spese che sono servite per la costruzione della cupola. La cupola era già prevista nel 1300. Nel 1315 il concorso fu vinto dal Ghiberti e dal Brunelleschi. Fu però Brunelleschi a progettare la cupola dopo che il Ghiberti si ritirò dall'impresa. La cupola di 42 m di diametro, grandissima per il periodo, è costituita da due calotte, una esterna tradizionale (il peso viene scaricato sui costoloni portanti) e una interna autoportante (divisa in quadrature con assi orizzontali e verticali che distribuiscono il peso). Questa fu una grande novità costruttiva introdotta dal Brunelleschi. La cupola è alta ben 60 m, dove il tamburo misura 13 m e la lanterna 21 m. Al tamburo basso, preesistente al Brunelleschi, l'artista aggiunge delle cappellette decorate con tre edicolette di gusto classico. Il Brunelleschi oltre ad essere un bravo ingegnere che crea nuovi macchinari per la costruzione (argani, verricelli), riesce a formulare anche nuovi materiali e a disporli in modo tale che la struttura sia autoportante e percorribile all'interno. Per la costruzione il Brunelleschi non utilizza delle pesanti armature, ma costruisce man mano una struttura che riesce a sostenersi ancora prima di essere terminata. Le due cupole erano state studiate anche per un discorso di condizionamento termico.  I muri della chiesa vennero invece decorati con l'alternanza di elementi marmorei bianchi e verdi per dare movimento all'intera struttura. Nel 1436 la basilica venne inaugurata. In questo periodo inoltre nasce la necessità di scrivere dei trattati di ingegneria costruttiva per la realizzazione di grandi progetti e grandi opere edilizie. Santa Maria del fiore ha un interno gotico italiano, cioè impostato come un romanico.
Nella progettazione delle architetture, in questo periodo, l'uomo viene messo al centro dello spazio, si vuole inoltre risaltare il processo costruttivo, le forme importanti della struttura devono essere sottolineate. Si comincia a pensare alla città e alla sua progettazione, grazie anche ad un favorevole contesto politico ed economico. Si cominciano a vedere rappresentazioni di "città ideali" come quella di Piero della Francesca, in cui si ha una riscoperta di Platone, che parla nei suoi scritti di una utopica città ideale. Il più grande studioso di Platone sarà pico della mirandola.Questa voglia di città ideale si esprime attraverso tavole pittoriche e trattati scritti che proseguiranno per almeno due secoli. Alla base del Rinascimento c’è la prospettiva, e Brunelleschi si occuperà per tutta la vita alla stesura di trattati sulla rappresentazione della realtà tridimensionale in supporti bidimensionali. Già Giotto introdusse nei suoi dipinti un accenno di prospettiva, dove però l'architettura è simbolica e nella composizione il senso della profondità è dato dal movimento dei corpi. Persisterà comunque anche in pieno 400 una tecnica pittorica tradizionale, dove le figure sono stilizzate e ambientate in un mondo che pare fiabesco più che reale. (Gentile da Fabriano nell'adorazione dei Magi). Completamente diversa è la pittura di Masaccio, contemporaneo di gentile da Fabriano, dove viene ben definita la prospettiva, accentuando il realismo per tralasciare la minuziosità e i forti toni. Per Brunelleschi la prospettiva era indispensabile per la progettazione della città, per determinare ed esaltare gli edifici più o meno importanti. Tutte le linee di costruzione di un'immagine convergono in un unico punto chiamato fuoco.
BRUNELLESCHI (firenze 1377-1446)
Il Brunelleschi, figlio di un notaio, muove i primi passi come orafo e scultore, si cimenta anche nella pittura ma non rimane nulla a testimonianza. Nel primo 400 si trasferisce a Roma e acquisisce una formazione letteraria e nello studio della matematica.
L’OSPEDALE DEGLI INNOCENTI
nel 1419 Brunelleschi inizia a lavorare sulla costruzione dell'ospedale impostandolo dentro una ferrea logica geometrica. Ad esempio nel colonnato la misura delle colonne, della distanza tra esse e la profondità del portico formano un cubo perfetto, ogni finestra sopra il porticato sovrasta perfettamente l'arcata sottostante. I punti di forza vengono realizzati in materiali scuro per sottolineare la struttura.
LA CAPPELLA DELLA SACRESTIA VECCHIA
tra il 1422 e il 1428 viene invitato a realizzare la cappella della sacrestia vecchia. Anche questa viene strutturata geometricamente, è un cubo perfetto sovrastato da una cupola la quale è un semicerchio perfetto, anche qui ritorna la bicromia per staccare le mura dalle linee di costruzione.
LA CAPPELLA PAZZI
anche questo è un progetto fortemente geometrico, con percorsi che sottolineano i processi costruttivi, commissionata nel 1429 da Andrea dei Pazzi, costruita accanto a Santa Croce. Si nota subito la facciata, una delle poche eseguite dal Brunelleschi. La novità qui è la costruzione di un avanportico che occupa tutta la facciata, costruito su colonne doriche. Il grande arco centrale è affiancato da una serie di colonne più basse, risulta così essere un ingresso trionfale per una cappella dalle dimensioni molto modeste. Ci sono tre colonne corinzie per parte, che sorreggono una trabeazione decorata a rosette e sovrastata da un'altra cornice. Sopra c'è la vera e propria facciata, divisa in due dal grande arco centrale (probabilmente il progetto era diverso, per il Vasari, Brunelleschi voleva costruire un timpano sopra la facciata, ma morì prima della conclusione dell'edificio). La facciata che sovrasta le colonne è divisa con doppie paraste, dove lo spazio tra esse viene a sua volta diviso in quattro quadrati (misurazione dello spazio), anche qui il bicromismo tra strutture di costruzione e muratura. In questo periodo l'architettura è realizzata secondo proporzioni perfette, l'interno è ancora una volta un cubo perfetto, sovrastato da una semisfera divisa in 12 spicchi. I pennacchi della volta sono decorate con dei tondi in ceramica rivestiti di vetro. Anche l'interno viene evidenziato con due colori, uno per lo scheletro costruttivo l'altro per le mura. Dal corpo centrale si aprono delle cappelle sovrastate da cupole.
LEON BATTISTA ALBERTI (genova 1404- roma 1472)
risente enormemente dell'influenza di Brunelleschi, è un grande intellettuale, in cantiere non si presenta quasi mai. È un uomo di grande cultura, autore di testi diversissimi dall'antiquariato alla pittura all'architettura. Studia diritto economico a Bologna che ne consegue il titolo di "abbreviatore apostolico". Nel 1436 scrive il "trattato sulla pittura" dove riporta regole per rappresentare la prospettiva. Scrive inoltre un testo secondo il quale ricostruisce l'immagine della Roma antica in base al trattato vitruviano, e con cui dare direttive di nuova costruzione per il rilancio di una nuova città: la città ideale. Nel 1438 a Ferrara si terrà un grande concilio ecumenico, su richiesta degli Estensi; è in questo periodo che l’Alberti conosce il futuro re di Ferrara che gli proporrà una ristrutturazione urbana della città.
(L'emblema di Leon battista Alberti è l’occhio alato che rappresenta la fama ottenuta che durerà nei secoli. L'emblema era il simbolo di una famiglia o di una persona che doveva dare una descrizione del personaggio.)
PALAZZO RUCCELLAI
è il classico modello della dimora signorile in città, è una struttura che domina sulle altre. Esiste anche qui una forte geometria, costruito in bugnato lavorato a motivi geometrici. Innanzitutto è presente una base (gradino) a sottolineare le forti fondamenta su cui poggia, ma man mano che si sale, la struttura si alleggerisce.
Nel 1448 si trasferisce a Rimini chiamato dai Malatesta per realizzare il tempio malatestiano. Nel 1456, su commissione, l'Alberti conclude la facciata di Santa Maria novella.
SANT’ANDREA A MANTOVA
Nel 1472 progetta Sant'Andrea a Mantova, qui la facciata viene completamente svuotata e affiancata da quattro paraste che la dividono.
MASACCIO (arezzo 1401- roma 1428)
si inserisce ancora in una cultura tradizionale di gusto cavalleresco in un contesto fiabesco. È figlio di un notaio, si trasferisce a Firenze dove lavora nei laboratori di  Masolino. Si iscrive alle arti dei medici e dei Speziali che gli danno una protezione assicurativa.
IL TRITTICO DI SAN GIOVENALE
è la prima opera di Masaccio, fondo oro che non dà profondità allo spazio, tuttavia lo definisce con la disposizione dei corpi che si prospettano verso l'osservatore, volumetricamente disposti nello spazio e fisicamente diversificati tra loro, che sembrano quasi dei ritratti reali. Il bambino di ispirazione antica guarda verso di noi con un'espressione seria, quasi triste, diversamente dalle espressioni beate che si davano ai personaggi in quel tempo.
SANTA MARIA METTERZA
è una pala delicata a Sant'Anna, madre di Maria, qui collabora con Masolino, è un omaggio alla maternità. Per tradizione, esisteva una gerarchia di composizione per questo tema: Sant'Anna era sempre più grande nel dipinto, anche qui si ha la stessa composizione, Sant'Anna sovrasta Maria e Gesù. Sono tutti e tre seduti su di un trono, dietro di loro un drappo sorretto da tre angeli con le ali aperte, tutto su fondo oro. In basso il gradino da profondità alla scena che in alto risulta piatta. La differenza con altre opere sta nella rappresentazione di Sant'Anna che dovrebbe essere la protagonista ma qui sembra invece far parte dello sfondo senza spiccare. A spiccare sono Maria e Gesù, il volto della Madonna è triste guardando il bambino perché è consapevole del futuro che lo aspetterà. In questo dipinto c'è l'essenzialità del gesto.
MASOLINO (arezzo 1383 – firenze 1440)
inizia a lavorare nel 1422 quando si iscrive alla bottega delle arti dei medici e dei speziali.
LA PIETA’
si differenzia dalla pittura tradizionale, il Cristo è ben definito nelle anatomie, c'è attenzione nei particolari e alla prospettiva anche se manca il realismo nelle dimensioni.
LA CAPPELLA BRANCACCI
MASOLINO – ADAMO ED EVA: proposti nel paradiso terrestre che risulta però essere un po' indefinito tranne nella rappresentazione dell'albero e delle fronde che riempiono il dipinto superiormente. Sul ramo il serpente con la testa di donna suggerisce loro di mangiare il frutto proibito. I due sono anatomicamente ben definiti, Adamo indeciso mentre Eva sta per mangiare la mela.
MASACCIO – ADAMO ED EVA: dall'altra parte della cappella lo stesso tema proposto dal Masaccio. I due vengono cacciati dal paradiso terrestre in una terra arida e desolata. Corpi ben definiti, tristi, Eva viene imbruttita e il ventre le si è dilatato (ad indicare la punizione inflittale:” partorirai con dolore"), rappresenta un'umanità sofferente celebrando una nuova concezione del racconto sacro, ciò che risalta è la rappresentazione di un'umanità diventata fragile.
SAN PIETRO RESUSCITA TABITA
ci sono due scene distinte ,in un'unica rappresentazione, separate dai due giovani al centro che sembrano passeggiare incuranti di ciò che li circonda. Sulla sinistra San Pietro guarisce lo zoppo, sulla destra resuscita Tabita. Sullo sfondo viene rappresentata una scena del vivere quotidiano molto realistica e ricca di particolari. I volti risultano però tutti simili e idealizzati.
TRINITA’ DI SANTA MARIA NOVELLA
l'artista sceglie una scala proporzionale per tutte le figure, tutta la composizione sembra costruita su una prospettiva che parte dal basso tranne per la trinità sacra. Qui sceglie un artificio prospettico, lo spettatore viene portato alla stessa altezza della scena, svincolando dalle regole prospettiche.
BATTISTERO DI CASTIGLIONE
ci propone un paesaggio che sprofonda, mentre in primo piano sparisce la prospettiva.
DONATELLO (firenze 1386-1455)
tra il 1402 e il 1404 si trasferisce a Roma e si forma con il Ghiberti. Si stacca subito dal gusto gotico tradizionale.
IL DAVID del 1409-10
una delle prime opere, doveva vedersi dal basso e fu quindi pensato per questo scopo. Anatomicamente proporzionato si presenta col peso spostato a destra e tra le gambe si intravede la testa di Golia. Gli dà una visione di fierezza preoccupandosi di dargli una forma plastica libera nello spazio.
MONUMENTO FUNEBRE A ILARIA DEL CARRETTO
richiamo alla classicità. Mostra interesse per il recupero del mondo classico. Cherubini e foglie sono ripresi quasi pari pari dalla tradizione classica. Rende elegante il corpo più di quanto non lo fosse in realtà. Slancia molto il corpo quasi fino ad allungarlo troppo secondo la tradizione gotica degli anni precedenti.


SAN GIORGIO
il peso è più equilibrato, la mano sinistra è portata davanti e appoggiata sullo scudo, ha un'espressione fiera, è in azione, sembra voler muoversi. Lo scudo è messo in evidenza, un particolare importante proprio per i committenti. Lo sguardo fa pensare ad una tensione psicologica. Nella pedella in basso si vede la scena dell'uccisione del drago. C'è una grande tensione plastica di movimento, riesce a dare una forte prospettiva solo con un accenno di architetture.
ABACUC
è il profeta che viene chiamato nella tradizione classica "lo zuccone". Il personaggio è pelato e considerato un vero e proprio ritratto di qualcuno. Il volto non è bellissimo ma il corpo è muscoloso, il panneggio, con le pieghe, ci fa capire la sua anatomia. Nessuna voglia di stilizzazione, l'antico non diventa un repertorio da riprodurre, ma è solo un'elezione su cui si reinventa l'opera.
PRESENTAZIONE DELLA TESTA DEL BATTISTA
i volti non sono tutti uguali. Il rilievo è molto basso, le mattonelle del pavimento creano una misurazione dello spazio che porta alla mensa. Lo sfondo si apre in tre arcate che lasciano intravvedere dietro di loro delle altre arcate. È un ambiente moltiplicato in quattro diversi elementi, con un sapiente uso della prospettiva.
IL DAVID del 1440
rappresentato come un ragazzino, in equilibrio su una gamba, la mano sinistra poggia sul fianco, il sorriso appena accennato sembra burlesco, per sottolineare il fatto che un giovane, grazie all’uso dell’intelletto, ha sconfitto un gigante armato.
ANNUNCIAZIONE
è presente una bicromia, il marmo bianco alternato alla foglia d'oro. La vergine è momentaneamente sconcertata dall'arrivo dell'angelo. C'è una perfetta scansione prospettica, un perfetto dialogo di sguardi tra i soggetti.
CANTORIA DEL DUOMO
La forma è tradizionale, il balcone è retto da una serie di mensole. Per tradizione il pulpito è decorato. Ci si rifà ai sarcofagi.  Scompartire le formelle di ordine gigante con le figure che coprono lo spazio era il modo tradizionale. Qui è tutto diverso, la parte inferiore è un busto posto su una base decorata pittoricamente, la parte superiore crea un doppio piano. Anche qui ci sono le colonnine ma formano una specie di portico in cui una serie di puttini stanno danzando. Le colonne a tutto tondo sono decorate a mosaico con tessere dorate come il fondo del rilievo.
Nel 1443 Donatello va a Padova per erigere la statua del Gattamelata, ovvero Erasmo da Narni. A Padova in questo momento entra il linguaggio del nuovo Rinascimento, in una terra che fino a quel momento era rimasta esclusa perché sotto il dominio di Venezia.
IL GATTAMELATA
Tradizionalmente le statue equestri venivano fatte per adornare la tomba di importanti personaggi, qui invece, la statua era solo un monumento, visto che il personaggio non era sepolto in quel luogo. La statua viene realizzata tra il 1447 e 1453. Erano già stati fatti dei monumenti equestri precedentemente, la statua non si trova in un luogo sacro ma è aperta al pubblico, sembra essere una rappresentazione ideale e non realistica dell'individuo. Il cavallo non è in tensione, sotto lo zoccolo sinistro c'è una palla per dare equilibrio, la coda era legata secondo l'usanza. Nel piedistallo due angeli classicheggianti recanti le insegne del defunto aprono le porte dell'aldilà. . La statua si riferisce a quella di Marco Aurelio a Roma.
ALTARE DI SANT ANTONIO
Tra il 1446 e il 1450 Donatello viene chiamato a eseguire l'altare dedicato a Sant'Antonio. La complessa struttura di archi venne però smontata nel cinquecento, solo nell'ottocento Camillo Boito vuole recuperare il vecchio progetto che assemblò però in maniera errata. Donatello insisteva che una pala d'altare doveva essere il collegamento tra architettura e scultura. Nella parte inferiore ci sono bassorilievi marmorei, gli archi dei bassorilievi creano prospettiva, le figure si muovono e sono vivaci.
GIUDITTA E OLOFERNE
Tornato a Firenze dopo il 1457 scolpisce Giuditta e Oloferne. Giuditta è un personaggio che riesce grazie all'astuzia a vincere il generale dell'esercito nemico. Oloferne, ubriaco ai piedi della donna non è attento a ciò che succede, Giuditta alza il suo capo e sta per ucciderlo. Donatello usa una composizione verticale. A quest'opera sono state date varie interpretazioni, dalla castità che uccide la lussuria, alla vittoria delle forze della Repubblica contro la tirannia.
MADDALENA
lo scultore usa tutt'altro tipo di materiale: legno policromo. La Maddalena era stata per secoli identificata come la peccatrice di cui parlano i Vangeli, il concilio Vaticano secondo ha rigettato questa identificazione. Il bel personaggio della Maddalena qui è diventato un volto scavato di cui sono rimasti solo gli splendidi capelli. C'è un'intensa drammaticità che esalta la caducità della donna.
BEATO ANGELICO  (firenze 1395- roma 1455)
Nasce a Vicchio vicino firenze, si chiama Guido Di Pietro e diventerà frate domenicano col nome di giovanni, si forma nella bottega di Lorenzo Monaco come pittore, dal 1429 al 1440 sarà monaco, passerà al convento di san marco a firenze che sarà poi decorato da lui. Insiste molto sulla spiritualità delle sue opere per commuovere i fedeli e farli partecipare alla religione. Per l’emozionante religiosità di tutte le sue opere e per le sue doti di umanità e umiltà verrà chiamato Beato Angelico.
IL GIUDIZIO UNIVERSALE
Dipinto nell’armadio degli argenti nel 1431 al convento di san marco, Cristo appare nella mandorla di luce circondato dagli angeli, ai lati ci sono 24 schiere di santi, sotto, le tombe sono posizionate a distanza regolare e al centro un sarcofago aperto. A sinistra i beati si salvano mentre a destra i dannati vanno all’inferno. Perfetto esempio di definizione simmetrica dell’evento. Accenna un po’ di prospettiva nella collina sullo sfondo e nei personaggi in primo piano ma principalmente si dedica alla descrizione dei personaggi in pieno gusto medievale.
TABERNACOLO DEI LINACOLI
Posa convenzionale dei corpi, il bimbo non è naturale come in Masaccio. Studio attento della caratterizzazione fisica dei santi.
PREDICA DI SAN PIETRO
Diversità delle facce e per le fogge dei vestiti, non c’è la volumetria spaziale di masaccio.
MADONNA DELLA STELLA
Commissionata dall’arte degli orefici, la figura della vergine è umanizzata, c’è la volontà di pura decorazione in un contesto irrazionale senza uno spazio fisico vero.
ANNUNCIAZIONE
Tema molto usato da beato angelico, gabriele appare alla vergine nella sua casa come da tradizione. È il momento in cui maria accetta il suo suolo. C’è una prospettiva studiata con grande attenzione anche se l’architettura è finta, troppo piccola, sul lato sinistro c’è ancora il gusto per il racconto con la presenza di adamo ed eva sullo sfondo.
ANNUNCIAZIONE
Una fascia rossa decora la parte finale dell’ambiente, maria ha le braccia al seno in segno di accettazione, dio osserva la scena da un particolare del portico.
ANNUNCIAZIONE
Il giardino somiglia di più ad un prato, l’architettura anche se un po’ rimpicciolita è più plausibile.
Beato Angelico a differenza del Masaccio usa colori brillantissimi e alla fine del suo percorso si dedicherà meno al dettaglio e più alla comunicazione tra i personaggi.
NATIVITA’
La capanna è impostata secondo la prospettiva ma il resto dell’immagine è ancora legata alla tradizione del presepe come nei secoli precedenti.
INCORONAZIONE DELLA VERGINE
Descrive bene le vesti e si riesce a riconoscere i santi, ma pur essendoci termini prospettici si sofferma ancora sulla descrizione dei dettagli.
DEPOSIZIONE
Commissionata dagli strozzi, la pala è del 1423 di Gentile da Fabriano, i santi sono su pilastri laterali, le cuspidi sono aguzze, l’insieme è molto maturo, dimostra di avere assimilato le nuove tecniche prospettiche e di saper usare gli scorci. Sono presente però ancora colori brillanti.
DEPOSIZIONE
Il corpo viene portato fuori dalla tomba, si intravedono una foresta e una montagna, si diverte a descrivere i fiori e il prato.
Beato Angelico decora gli appartament papali, di cui però non rimane traccia, nella Roma del 500 si adatta usando molto bene la prospettiva.
MADONNA DELLE OMBRE
Tradizione classicheggiante di cui il trono è testimonianza, non ci descrive la veste di Maria, le ombre sono molto lunghe.
JACOPO DELLA QUERCIA (siena 1371,74- 1438)
opera tra Siena, Firenze, Lucca, Bologna. Non partecipa alle discussioni fiorentine sulle novità prospettiche, sviluppando in maniera indipendente il proprio pensiero, per capirlo dobbiamo evitare schematismi ed esaminarlo per se stesso. Non adotta la prospettiva lineare, indaga i problemi del nuovo e ne esprime il dramma attraverso un alto senso di sintesi.
TOMBA DI ILARIA DEL CARRETTO
il sepolcro medievale era di due tipi: quello sotterraneo con la lastra a livello del pavimento e quello sollevato e contenuto entro complesse strutture architettoniche. Nel primo, il corpo del morto era rappresentato giacente, quasi a ricordarne eternamente le fattezze così come erano apparse per l'ultima volta quando era stato esposto. L'artista rinnova la forma rappresentando Ilaria giacente ma sollevata da terra sul sarcofago, sempre che il monumento sia oggi ancora come era in origine. Ad avvalorare l'ipotesi di una diversa disposizione, c'è la differenza stilistica fra il sarcofago, squadrato e tornato da putti grevi, collegati da pesanti festoni, e la fluidità lineare con cui è raffigurato il corpo di Ilaria, contenuto entro cuscini in alto, dal cagnolino (simbolo di fedeltà) ai suoi piedi in basso. Il volto è liscio e disteso, la veste, invece, finemente pieghettata intorno alla cintura, si organizza in strutture via via più ampie dall'alto al basso. Per conseguenza la luce scorre unitaria e diffusa sul viso, crea chiaroscuri più lievi e più sentiti sul corpo.
FONTE DI PIAZZA
fatta tra il 1408 e il 1419, sostituita nell'ottocento da una copia. È una struttura diversa dalle altre, costruita da vasche sovrapposte distesa orizzontalmente; la vasca più bassa del livello pavimentale, chiusa su tre lati da un basso parapetto. Si ornava con due statue sui pilastri laterali e, all'interno del recinto marmoreo, con rilievi della Madonna col bambino, le virtù, la creazione di Adamo, la cacciata dal paradiso. Queste immagini mostrano potenza di linguaggio ottenuta attraverso la larghezza delle forme che dominano lo spazio.
PORTALE MAGGIORE DI SAN PIETRO
il vertice dell'arte di Jacopo della Quercia è costituito dalla decorazione, lasciata interrotta a causa della sua morte, del portale maggiore di San Pietro, con storie del vecchio e del nuovo testamento. Rappresenta lo stacciato in modo ben diverso da Donatello e circondando i possenti corpi con una linea di contorno che ne contiene e ne costringe le forme. La sintesi del rilievo nei corpi nudi si esalta per abbondanti panneggi dei personaggi vestiti.
PAOLO UCCELLO (firenze 1397-1475)
Per metà è legato al passato per metà alle nuove tecniche, solitario, strano, melanconico. Si entusiasma delle nuove tecniche e allo studio della prospettiva, la sperimentazione fa parte della sua cultura creativa. Dal 1407 al 1414 lavora nella bottega del Ghiberti dove ha un approccio col mondo tardo gotico. Va a padova e venezia, nel 1431 torna a firenze e inizia a dipingere le storie della genesi e noè.
GIOVANNI ACUTO
A santa maria del fiore gli viene affidata la realizzazione del monumento funebre di Giovanni Acuto, un dipinto equestre, dove il gusto per laprospettiva appare evidente. La figura è vista dal basso, sul cenotaffio c’è una scritta che inneggia al cavaliere. Il cavallo però non è visto dal basso, viene portato su, sembra in tensione. La luce proveniente da dietro lascia percepire i lineamenti.
OROLOGIO DELL’OPERA DEL DUOMO
Dipinge i 4 evangelisti e uno addirittura sembra sporgere curiosamente
STORIA DI NOE’
Nella parte superiore noè costruisce l’arca, nell’altra parte, l’arca è nel mare dell’alluvione. Crea un vertice prospettico in cui presenta lo stesso elemento in due diversi momenti cronologici. I personaggi sono tutti su tinte grigie e gli unici colori sono quelli del cielo.
BATTAGLIA DI SAN GIROLAMO
Le tavole erano nella villa dei medici, erano pannelli lunghi usati per decorare le stanze. Il primo momento è un groviglio di armi e armature. La prospettiva è corretta, sullo sfondo scuro risaltano i colori delle lance, dei stendardi e dei cavalli. La prospettiva è molteplice, muovendosi il fuoco ottico cambia. Gusto per i dettagli da una parte e grande attenzione dall’altra. Nel terzo momento il terreno è chiaro, il guerriero in basso a sinistra viene visto con una prospettiva dal basso.
SAN GIORGIO E IL DRAGO
Torna la favola, S. Giorgio libera la città di selene dal drago, tutto è astratto, non c’è nulla di religioso, il drago ha le ali da pippistrello-farfalla. La grotta sembra di carta, un arredo teatrale, il bosco è sovrastato da una nuvola a girandola quasi fosse un uragano. Sembra esserci un pavimento invece che della terra.
Un interpretazione sui dipinti con san giorgio potrebbe essere il razionale contro l’irrazionale. Per un periodo il drago rappresentava le forze oscure della natura (vulcani, fumarole, ecc.) successivamente il drago diventa l’infedele, nel Saraceno e San Giorgio il santo diventa un guerriero, un crociato.
CACCIA NELLA FORESTA
È un altro pannello decorativo, caccia in atmosfera notturna, la foresta sprofonda, le figure sono vivacemente colorate, c’è il gusto per il movimento, tutti corrono a parte un cavallo che si impunta.
PIERO DELLA FRANCESCA (arezzo 1420-1492)
Urbino è molto importante anche come campo di ricerca, qui vive Luca Pacioli che scrive una serie di trattati, “de divina proporzione” in cui si parla di grande armonia cosmica, tutto è creato in base a precise proporzioni, questo clima influenza Piero della Francesca.
Prende da Masaccio il gusto per l’attenzione della figura umana mentre rifiuta l’atteggiamento drammatico di alcune rappresentazioni masacciesche. I suoi personaggi sembrano essere fuori dal mondo, privi di gestualità.
MADONNA DEL PARTO
La figura sta sotto una sorta di tenda ricamata coi simboli del melograno, frutto per tradizione legato alla fertilità, all’interno la tenda ha piccole pelli di vaio che la rendono ancora più preziosa. Gli angeli sono piccoli confronto la vergine, riprende la tradizione di fare il personaggio principale più grande rispetto gli altri. La luce viene da sinistra e immerge le figure in un astrazione esaltandone le forme geometriche, il volto della vergine è un ovale perfetto, è distaccata, fuori dal tempo.

MADONNA DELLA MISERICORDIA
Fa parte di un polittico, il personaggio principale è ben più grande dei fedeli inginocchiati, il fondo oro di tradizione precedente non da spazio allo sfondo, c’è però una connotazione spaziale nel mantello che forma quasi una tenda. I fedeli tutti diversi e dettagliati disposti in termini prospettici corretti.
IL BATTESIMO DI CRISTO
Lo specchio d’acqua è vivo, l’albero, il cielo, la nuvola si riflettono nell’acqua. Iconografia abbastanza consueta, sulla sinistra ci sono 3 angeli, la colomba rappresenta lo spirito santo. Esiste una costruzione matematica, materia che viene studiata dall’artista, le figure sono tutte riconducibili ad una regola geometrica. Cristo è al centro della scena, i protagonisti sono in primo piano, ma sembra che i protagonisti non si accorgano di ciò che sta accadendo. A fare da contrappunto a cristo c’è un albero col tronco chiarissimo che occupa buona parte del dipinto con le sue fronde. Al di là del cristo il fiume giordano sembra uno specchio, gli angeli rappresentati secondo la tradizione classica si tengono per mano (possibile messaggio politico del dipinto, si presume che rappresenti la pace tra la chiesa d’oriente e quella d’occidente per impedire la dilagazione ottomana), dosa con equilibrio i corpi sulla scena, non c’è presa emotiva, la descrizione del soggetto è ideale, tutto è fermo, tempo compreso.
Nel 1459 si trasferisce a roma su invito di papa niccolò V per affrescare la stanze vaticane, saranno però distrutte nella grande ricostruzione del 500.
RITRATTO DI SIGISMONDO MALATESTA
Riprende la tradizione di epoca imperiale, ritrae di profilo, cerca di tenere un carattere realistico e non idealizzato.
FLAGELLAZIONE
La scena è divisa in due momenti distinti, davanti a destra ci sono tre persone in città, in una prospettiva perfetta con una colonna corinzia che divide la scena a metà. Il personaggio seduto è ponzio pilato mentre il cristo è in secondo piano, perché? Probabilmente è una ricostruzione politica del tempo in chiave biblica.


STORIE DALLA VERA CROCE
Si trovano nella basilica di san francesco ad arezzo. Commissionata dalla famiglia bacci, racconta le storie della vera croce, il legno della croce sarebbe cresciuto sulla tomba di adamo, ripercorrendo tutte le tappe fino a quando l’albero diventa una figura importante. Il racconto sulle pareti non è disposto in ordine cronologico. Il fondo urbano ha le caratteristiche della firenze del tempo, tutto sembra fermo, anche se ci sono dei ritratti non ci trasmettono nessuna emozione. Alcune tipologie ritornano spesso, come il collo lungo e le spalle strette delle figure femminili.
SOGNO DI COSTANTINO
I grandi personaggi sono rappresentati con una certa tipologia, è il primo notturno italiano. Sul letto batte una violenta luce proveniente dall’angelo che però rimane al buio, l’angelo è un corpo vero, vivo, l’atmosfera è quella del sogno. Le guardie non si accorgono di nulla, vediamo la scena con gli occhi di costantino.
LA PALA DI BRERA
Commissionata da federico di montefeltro, personaggio che nel dipinto è inginocchiato ai piedi della vergine, ci propone una volta a botte perfettamente studiata dal basso che si conclude con un elemento a conchiglia. L’uovo di struzzo è simbolo dell’immacolata concezione. La vergine è il simbolo della fede. Siamo sul piano di federico man mano che ci si alza fino a maria, poi si ha una veduta dal basso. La sequenza di spazi crea una sorta di semicerchi, elementi geometrici e matematici che creano proporzioni dove si inserisce l’immagine.
MADONNA DI SENIGALLIA
Ultima fase di piero della francesca, c’è uniformità nei personaggi, l’iconografia è comune, il fattore rilevante è la componente architettonica. La scena è ambientata in una abitazione, forse a casa della vergine, c’è un attento studio della luce.
ANDREA DEL VERROCCHIO (Firenze 1435, Venezia 1488)
è pittore, scultore e orafo. La sapienza tecnica dell'orafo, la ricerca accurata del particolare resteranno una delle sue qualità fondamentali. Anche il verrocchio inserisce la sua statua nello spazio, allargando il rapporto fra l'uomo e l'ambiente. Ma la conquista dell'ambiente avviene, in lui, con un lento e graduale moto e con un morbido chiaroscuro. Verso i trent'anni comincia a ricevere incarichi di una certa importanza.
TOMBA DI COSIMO IL VECCHIO
realizza la lastra che ricopre la tomba, con un sapiente calcolo geometrico e con forme essenziali.
IL DAVID
una delle prime opere impegnative, mostra una plastica asciutta, una magrezza delle forme, un'incisività della linea, simili al pollaiolo, ma la compostezza del volto, il sorriso appena accennato sono elementi che rivelano una personalità del tutto diversa. Si nota anche nel tormento classico della testa del Golia, dalla fronte crudamente ferita, un drammaticità Donatelliana, ha però una posa libera e articolata evidenziata dal divergere di alcune parti in varie direzioni.
MONUMENTO FUNEBRE DI PIERO E GIOVANNI DE MEDICI
alcuni elementi derivano da precedenti illustri come lo schema del sarcofago entro un arco o il motivo del sarcofago sorretto da zampe di leone. La novità straordinaria è la sua collocazione non addossata al muro ma inserita, in un arco, in due ambienti diversi. Vi è perciò una duplice illuminazione una anteriore e una di spalle. Le due diverse luci si incontrano e si fondono nel punto centrale dell'arco costituito da una grata bronzea simile a una rete di corda. La corda intrecciata fa sì che la luce non possa fermarsi sulle superfici ma vibri. La ricchezza di motivi ornamentali crea un continuo moto, mentre i vari materiali reagiscono in maniera differenziata alla luce.
PUTTO CON DELFINO
è un eros volante, assolutamente nuovo nel suo slanciarsi in volo; appoggiato su un solo piede e proiettato nello spazio. La forma è creata per essere guardata da ogni parte e articolata liberamente e ricca di moto.
BUSTO DI DAMA IGNOTA
l'originalità del taglio inconsueto al di sotto del gomito e la straordinaria bellezza delle mani hanno fatto pensare alla partecipazione creativa del suo discepolo Leonardo. È un'ipotesi non accettabile poiché non si potrebbe altrimenti spiegare la notorietà dell'artista presso i suoi contemporanei. Il chiaroscuro gioca in tutti i più piccoli particolari: nei piani del volto, nell'acconciatura dei capelli, nelle pieghe della camicia.
MONUMENTO EQUESTRE DI BARTOLOMEO COLLEONI
l'impianto formale del monumento, lasciato incompiuto a causa della sua morte, determina un moto continuo, che libera la statua del limite architettonico del piedistallo. Il condottiero muove alla battaglia, gli occhi fissi sul nemico, c'è dunque una resa psicologica del volto che coglie la personalità del condottiero. Lo raffigura più anziano, forse vicino all'età della morte, ciò gli permette di dargli un'intensità chiaroscurale.
SANDRO BOTTICELLI (Firenze 1445, 1510)
erede della linea fiorentina appresa nella bottega di Filippo Lippi, potenziandola poi attraverso contatti con il Verrocchio. Botticelli opera nell'ambito della cultura umanistica che si sviluppa Firenze intorno ai medici. Alla rappresentazione dei principali membri della famiglia dedica anche un quadro: l'adorazione dei Magi. Ma è soprattutto nelle tavole a soggetto mitico che si rivela la sua adesione alla cultura fiorentina contemporanea. Intelletto e amore sono i temi del Botticelli, il cui valore consiste nel modo in cui li rende, penetrandone il significato ed esprimendolo con il proprio linguaggio figurativo. La linea, che nasce dall'insegnamento fiorentino, serve al Botticelli per idealizzare le immagini, è però un segno inesistente in natura che, contornando gli oggetti, li estranea dalla realtà e li restituisce mentalmente.
LA PRIMAVERA
deve essere letta da destra a sinistra, zefiro, il vento, insegue Flora. Dall'unione dei due nasce Venere, dea dell'amore e della fecondità, sormontata da eros bendato; a sinistra le tre grazie danzano armoniosamente. Le figure sono strettamente coordinate fra loro secondo un andamento lineare, ondulare, che le percorre singolarmente e le unisce l'una all'altra. Venere è arretrata rispetto alle altre figure. Ma pur vivendo in un piano prospetticamente idealizzato, rientra ugualmente nella trama disegnativa di insieme e appare piuttosto più alta e quindi dominatrice. Botticelli parte da un'attenta osservazione del reale: piante e fiori sono quasi tutti riconoscibili nel periodo primaverile nei dintorni di Firenze. Ma questa realtà è idealizzata attraverso il disegno, attraverso la ricerca di bellezza suprema, attraverso la perfezione della natura. Il colore svolge un ruolo importante facendo risaltare alcuni elementi e contribuendo a dare spazialità allo sfondo. Le opere di Botticelli esprimono sempre una fondamentale tristezza, in relazione ad un sottile presagio per la coscienza della fragilità della bellezza e dell'amore.
NASCITA DI VENERE
la disposizione delle figure è su un solo piano anteriore e la linea è continua. Venere è il centro della composizione, e verso di lei convergono le linee dei venti e delle ore. Tutto il corpo è circondato da una linea ininterrotta, sottile ma evidente. La grande massa dei capelli accompagna tutta la forma del corpo. Un leggero chiaroscuro allude al volumetria. Tutto questo toglie al nudo ogni carnalità, in un ideale di bellezza platonica. La malinconia si accentua negli occhi della Venere, nel suo ripiegarsi su se stessa, non è la nascita trionfale della divinità dell'amore, è piuttosto la coscienza della caducità delle cose.
OFFICINA FERRARESE
Cultura diversa da quella di piero della francesca, c’è una ricerca approfondita del dettaglio ma anche una ricerca espressionistica, ferrara nella prima metà del 400 vede la pittura di pisanello, quindi molto dettagliata e solo più tardi subisce l’influenza di padova.
VENEZIA
Momento di passaggio tra il linguaggio tardo gotico e quello rinascimentale. Molti artisti passano da venezia, tuttavia alla seconda metà del 400 resiste ancora al nuovo linguaggio. Venezia è la capitale dello stato, coniuga l’antico impianto bizantino con il linguaggio gotico. In quasi tutte le città ci sono elementi romani, a Venezia no. Alcuni abitanti costruiscono piccoli insediamenti sulle isole per evitare le scorrerie dei barbari. Venezia è una grande città commerciale. Dal 1405 definisce anche il suo dominio sulla terra ferma. Venezia ha una grande attività manifatturiera, ma non si può reinvestire il capitale sempre nel commercio perciò attraversa un periodo di stagnazione. I signori veneziani quindi cominciano a comprare terre verso l'interno andando a scontrarsi con le altre signorine. A Venezia si costruisce in laterizio poiché la pietra era troppo pesante per la città, era però rivestito con sottili lastre marmoree colorate. Le numerose arcate svuotavano ulteriormente le masse murarie. Non ci si preoccupa molto della simmetria piuttosto della funzionalità, persistono ancora gli archi a sesto acuto.
CA’ D’ORO
è un edificio di impianto gotico, è asimmetrica, c'è un ingresso dal mare. La parte nobile è al piano superiore che riprende il portico della base. Nelle soffitte ci sono le stanze della servitù. Non interessa la simmetria nella facciata, si ricerca solo la funzionalità. Il gotico continua ad avere successo per quasi tutto il 400, anche se si innesta via via con altri linguaggi. Venezia è in conflitto contro Milano, Ferrara, con il Papa e l'impero al nord. Occupa tutta la Dalmazia fino all'antica Ragusa. Occupa anche parti di Cipro e Turchia. In questi anni si afferma il mito della città, che configura Venezia come città nata per un miracolo divino. Venezia era l'unica città ad avere strade per una doppia viabilità: canali per le merci in transito veloce, strade e calli solo per spostarsi da una parte all'altra della città. Il linguaggio rinascimentale verrà accolto molto tardi a Venezia, poiché riconosciuta come città bella e originale non si sentiva in dovere di cambiare stile, di aggiornarsi ai tempi.
I volti sono tutti uguali mentre le vesti sgargianti sono tutti diversificati, proponendo tipologie fisiche metaforiche. Le donne hanno gambe lunghissime.

ANDREA MANTEGNA (Isola di Carturo 1431  Mantova 1506)
è uno dei protagonisti del Rinascimento veneto. Possiede un linguaggio che ha i criteri del Rinascimento e che pone le basi per rivedere il linguaggio locale. Nel 1441 è registrato come pittore e segnalato come figlio di Francesco Squarcione poiché adottava i suoi allievi per pagare meno tasse e tenersi i guadagni. Mantegna farà causa al suo "padre adottivo" proprio per questo motivo. Nel 1447 va a Venezia e conosce  Jacopo Bellini di cui sposerà la sorella. Avrà un'importanza fondamentale nella cultura veneta, assumerà l'antico come sua principale tendenza reinventandolo.
CICLO DELLE STORIE DI SAN GIACOMO MAGGIORE E SAN CRISTOFORO
commissionato dall'imperatrice Oretari, saranno danneggiati nel 1943 a causa dei bombardamenti. Gusto per il linearismo, indaga le pieghe della terra, gli strati, in una natura ruvida e scarna non in linea con la cultura del gotico internazionale; la sua non è una descrizione soave, ma c'è una prospettiva geometricamente perfetta, con un gusto di invadere certi spazi non di sua pertinenza: rappresenta anche la cornice con rilievi e sculture che escono, ingannando l'occhio dello spettatore. Si identificano quindi quattro caratteristiche: linearismo, gusto dell'antico, prospettiva e illusionismo.
SAN CRISTOFORO SAETTATO
La colonna divide la scena che però è unica, la città antica è aggiornata al presente, la gente si affolla sull'arcata a guardare cosa sta succedendo. Il campanile, a sinistra, sembra quello di Venezia.


ASSUNZIONE DELLA VERGINE
c'è una falsa architettura, al di qua ci siamo noi e gli apostoli. La vergine muore e viene portato in cielo da un gruppo di angeli; nella parte inferiore gli apostoli assistono al miracolo (illusionismo prospettico straordinario). La vergine è vista dal basso, i cherubini sopra la testa della vergine sono rossi al contrario della resa della scena. L'imperatrice Oreari si lamenterà perché il Mantegna rappresenta meno di 12 apostoli.
POLITTICO DI SAN LUCA
il committente è un signore di Pavia che pretende il fondo oro. San Luca è ingigantito nel quadro centrale, ai lati i santi protettori della città. Gli spazi sono creati da una sequenza di piastrelle pavimentali e dalla volumetria dei personaggi; il trono di marmo configura uno spazio prospettico coerente.
ORAZIONE NELL’ORTO
Gesù invoca il padre per allontanare da sé la sofferenza ed è su una montagnola di roccia viva con un scaletta a sinistra. Gli apostoli sono addormentati, gli angeli mostrano a Gesù i simboli della passione. A destra, Giuda guida le persone venute ad arrestare Cristo. La città è Gerusalemme, con le mura medievali i il colosseo. Si vede la punta di una piramide.
PRESENTAZIONE AL TEMPIO
La vergine presenta il bambino al sacerdote. Dietro ci sono Mantegna e Nicolosia (omaggio alla salvezza del loro bambino). Il dipinto è visto attraverso una finestra, la vergine è appoggiata su questa invadendo lo spazio.
PALA DI SAN ZENO
il Santo è colpito dalle frecce, colpisce la sofferenza: il Santo è legato ad una colonna antica e colpito in parti non vitali. Viene sempre rappresentato il momento del martirio, non della morte.
CAMERA DEGLI SPOSI
tutto insieme ci configura uno spazio aperto. Per lo spettatore c'è uno straordinario inganno all'interno della stanza. Sta per cadere al centro della stanza un vaso di arance. È scorciato dal basso: capacità impressionante di scorcio. Il parapetto di cerchi dipinto è lo stesso che troviamo alla base della stanza. Gli angioletti sono stati realizzati studiando le pieghe della pelle che si snodano in una serie di cerchi concentrici. È un espediente per farci capire l'abilità nello scorcio. Le tende sembrano congelate, secondo Vasari l'artista immergeva drappi nel gesso per poi copiarli. I Gonzaga erano appassionati di cavalli, cani, nani e il Mantegna li rappresenta sulle pareti.
PREDELLA CON CROCEFISSIONE
Grande capacità di inventare spazi che non esistono,la cima del golgota è stranamente pavimentata, le persone affiorano dal quadro facendo intuire l’esistenza di una strada anche se di fatto non è rappresentata.
INCONTRO DI LUDOVICO GONZAGA COL CARDINALE GONZAGA
La città sullo sfondo non è Mantova perché è posizionata su un colle, ci sono elementi classici che riprendono Roma, nei dettagli decorativi c’è un volto che sembra del Mantegna.
MORTE DELLA VERGINE
Si vede Mantova nel portico aperto in cui gli apostoli stanno accanto alla vergine. Non è il momento dell’assunzione in cielo. La parte superiore è stata tagliata e portata via, c’è solo l’anima della vergine accanto a quella del pedre eterno.
SAN SEBASTIANO
La torsione che sottolinea il dolore del martire si è appianata in una sofferenza che il santo decanta nel vedersi già al di la della morte. La scena è posta su una rovina antica che dimostra la conoscenza del pittore del reperto antico. In primo piano i due aguzzini che se ne vanno, anche qui immaginiamo uno spazio che non è rappresentato.
CRISTO MORTO
La figura è molto scorciata, Gesù è sulla lastra che attende di essere sepolto, il corpo è stato lavato, la stoffa bagnata si attacca al corpo,la testa poggia su un cuscino per essere vista. E’ un capolavoro di prospettiva illusionista poiché anche se sembra giusta, il corpo è sproporzionato, con gambe troppo corte e braccia troppo lunghe. Viene proposto dalla parte dei piedi per dare una maggiore drammaticità, i piedi erano considerati la parte meno nobile del corpo. Ad aumentare la drammaticità, la vergine e san Giovanni vengono rappresentati come due brutti volti che si inseriscono nella scena.
MADONNA DELLA VITTORIA
Francesco Gonzaga, erede di Ludovico, dopo aver rischiato la vita per una caduta da cavallo fa erigere una chiesa per ricordare l’evento. Nel dipinto all’interno, Francesco dona la sua armatura alla vergine, seduta su un lussuosissimo trono di legno intagliato. Gemme trasparenti le fanno da corona. L’architettura è una specie di gazebo che crea una cappella di fiori e frutta con uccelli strani. C’è san Michele, protettore dei guerrieri, e altri santi cari alla città. Un ramo di corallo scende sulla testa della vergine e del bambino che simboleggia il sangue di cristo trasformatosi in pietra a contatto con l’acqua del mare.
Isabella d’Este arriva in sposa a Mantova, è una donna molto colta, nel suo studiolo ha riunioni con letterati illustri e lo fa arredare in modo che rifletta la sua cultura. Vuole che i più grandi artisti del tempo le mandino delle opere da inserire nel suo studiolo, lo chiederà sia al Bellini che a Leonardo, che però non riceverà mai, ne arriveranno però dal Perugino e da Giorgione. Al Mantegna commissionerà la decorazione dello studiolo e un ritratto che però rifiuterà in quanto era troppo realistico e a lei non piacque. Sarà soddisfatta dal ritratto di Giovanni Santi, padre di Raffaello, e da quello di Tiziano.
PARNASO
il Parnaso è il monte in cui risiedono gli dei. Nel dipinto troviamo Apollo con le muse insieme a Vulcano e a Pegaso. Un arco naturale al centro della composizione, sopra il quale ci sono i due amanti con il letto dietro. A sinistra, sulla grotta, Vulcano sta urlando contro la coppia clandestina. Il bambino rappresentato li vicino non è Eros ma Anteros, altro figlio di Venere; tiene in mano una cerbottana e la sta puntando verso Vulcano perché si sta lamentando dei due amanti. Anteros qui diventa il Dio che trasforma l’amore lascivo in amore spirituale. Pegaso è il simbolo della poesia. Isabella e le sue occupazioni ricreano una sorta di Parnaso nel suo studiolo.
GIOVANNI BELLINI (Venezia 1425-30, 1516)
è il grande rinnovatore della pittura veneziana. Si forma nella bottega del padre ma sente però il bisogno di studi approfonditi sui maggiori artisti rinascimentali come Andrea del castagno, Piero della Francesca e Masaccio, i rapporti col quale si faranno poi più stretti per il matrimonio di quest'ultimo con la sorella del Bellini, Nicolosia. Giovanni Bellini conferisce alle sue figure un accento lirico intimo con una dolcezza del colore. Sono queste le caratteristiche che andrà sempre più sviluppando. Nella pittura fiorentina l'inserimento predominante dell'uomo sulla natura cambia con Bellini creando una relazione egualitaria, per la quale l'uomo e la natura convivono senza predominanza l'uno sull'altra. Bellini crea la prospettiva cromatica che diventerà la caratteristica della pittura tonale veneta.
PRESENTAZIONE AL TEMPIO
è quasi uguale a quella di Mantegna, però se in quella di Mantegna il bambino è rigido in Bellini si addolcisce un po'.
PIETA’
Cristo è morto e sta per essere calato nella tomba. Dove batte la luce viene messa in evidenza la muscolatura, San Giovanni sta guardando qualcosa fuori del quadro, sullo sfondo il paesaggio è quello di Gerusalemme, che spunta dalla bruma al tramonto. La luce avvolge tutto il dipinto e sottolinea un grande pathos.
ORAZIONE NELL’ORTO
anche qui il volto del Cristo è perso, tre quarti del volto ci sono preclusi e non possiamo vedere il suo dolore. Il cherubino è trasparente. L'alba illumina il gruppo guidato da Giuda, la luce illumina anche i personaggi principali.
PALA PESARO
Cristo incorona la vergine. Dipinto commissionato da Pesaro. Lontano si vede una rocca identificata come quella di Gradara. I termini prospettici sono perfetti con richiamo al Mantegna.
MADONNA DEL PRATO
il paesaggio è diventato il protagonista, Bellini è come una spugna, assorbe tutto ciò che è nuovo. Mantegna invece è sempre fedele a se stesso, non si rinnova. La presenza dell'avvoltoio è presagio del destino del bambino. Il pellicano, nella leggenda, si strappa la pelle dal petto per nutrire i piccoli.
SACRA ALLEGORIA
il significato è ancora oggi un mistero, c'è una figura senza piedi.
PALA DI SAN ZACCARIA
si trova in una cappella all'interno dell'edificio sacro. Una quercia e un fico con significato iconologico. La luce illumina tutta la scena, i personaggi formano un tutt'uno, non sono separati. In alto, il ricordo della tradizione veneziana: non più cassettoni nella volta, ma mosaico veneziano che assorbe la luce dell'evento.
LEONARDO DA VINCI (vinci 1452 – francia 1519)
Leonardo è uno dei grandi geni su tutti i livelli, è un'artista poliedrico. Non ci sono molti dipinti documentati. È orafo, scultore, architetto, pittore, scienziato, inventore, scenografo, letterato, musico. Nasce a vinci nel 1452, si trasferisce poi a Firenze dove lavora dal Verrocchio. Viaggerà molto, passerà per Milano, Venezia, nelle Marche, Roma per poi morire in Francia nel 1519.
PAESAGGIO DELLA VALLE DELL’ARNO
è un disegno piccolo, rappresenta un paesaggio che fino ad allora non aveva mai avuto vita autonoma, non ci sono figure umane, ci da profondità spaziale e spessore geometrico con rigore scientifico. Gli ultimi monti sono solo un accenno di profilo, i campi regolari si diradano verso il fondo facendoci intendere con il tratteggio che la campagna è coltivata. Le foglie degli alberi sono tratteggiate con una linea curva, sembrano mosse. Con il tratteggio rende bene anche le ombre.
BATTESIMO DI CRISTO
l'angelo a sinistra è di spalle, la torsione è resa con linee spezzate, l'immagine si avvita su se stessa.
GINEVRA DEI BENCI
è un piccolo dipinto tagliato in basso per un terzo. Sul retro del dipinto c'è l'immagine di un ramo di palma e ginepro con scritto "la bellezza decora la virtù". E un ritratto quasi in tre quarti, il volto è molto bello, gli occhi allungati quasi a mandorla. Ha una leggera torsione del busto, la spalla destra in avanti, non guarda lo spettatore, ma ha lo sguardo in tensione tipico della pittura fiamminga. Abbiamo assi luminosi diversi, il fondale è luminoso, ma la ragazza è illuminata dall'alto, e illumina la pelle candida che contrasta con la scura pianta di ginepro alle sue spalle.
SAN GIROLAMO
preparazione monocroma su tavola. Il dipinto è incompiuto. Il leone è solo una silhouettes. Girolamo è descritto nel momento dell'eremitaggio, si percuote il petto con una pietra, è sempre in relazione con il leone. Un corvo, nella tradizione, gli porta ogni giorno del cibo. Girolamo è calvo, in modo da evidenziare la muscolatura in tensione. C'è una ricerca costante sulla figura umana che, muovendosi, si deforma. Il dipinto venne segato in due, fu rimesso insieme dal Papa Pio IX.
ADORAZIONE DEI MAGI
monocromo su tavola, molte delle sue commissioni non vengono concluse. A Milano e in Francia si trova bene perché non ha scadenze nel suo lavoro. Qui c'è un'iconografia diversa dalle altre, la vergine e il bambino sono seduti sulle rocce in primo piano dove sorge un grande albero che divide la scena. Le persone si mettono in cerchio per rendere omaggio, quasi fosse una rappresentazione teatrale. Sullo sfondo ci sono le rovine. I personaggi sono curiosi e stupefatti, quasi spaventati. Ci sono forti contrasti chiaroscurali, il bambino si muove nella scena e benedice il re barbuto, che gli offre dei doni. C'è un nuovo senso di esaltazione, tutto si muove.
Leonardo arriva a Milano nel 1483. Nel 1482, il Papa invita tutti i migliori artisti fiorentini a dipingere nella Cappella Sistina, ma non invita Leonardo, che se ne va a Milano da Ludovico il moro.
LA VERGINE DELLE ROCCE
c'è anche una seconda versione delle stesse dimensioni. La scena si rifà alla leggenda popolare, San Giovanni con l'angelo Uriel fa l’eremita nel deserto e incontra la sacra famiglia. Il piccolo Gesù benedice il Giovannino. È una pittura tonale, Leonardo insiste che nel dipinto sono le ombre a definire l'immagine. L'ombra prevale sul colore, le ombre non sono solo brune ma colorate che velano le figure. Leonardo è affascinato dal riverbero della luce che illumina le cose. Solo molto dopo il fenomeno luminoso ottico sarà studiato così approfonditamente. Si è parlato di paesaggio subacqueo come un acquario.
CENACOLO
è in alto quindi la vista è dal basso. Costituisce un paradosso visivo, l'ambiente del dipinto continua quello del cenacolo reale, ma se la vista è dal basso non si dovrebbero vedere gli oggetti appoggiati sul tavolo. La luce non è dipinta nel modo classico, ma prende la luce direttamente dalle finestre del vero cenacolo. C'è un perfetto rapporto prospettico e proporzionale. Poco dopo il 1497 il cenacolo è già famoso e ben presto ci saranno delle coppie. Gli apostoli non sono facilissimi da identificare, poiché già negli anni 20 del 500 il dipinto risulta rovinato date le infiltrazioni d'acqua. Nell'ottocento iniziano a restaurarlo ma facendo più danni perché si ripassa ad olio; bisogna inoltre aggiungere i danni fatti dei soldati che usavano la struttura come deposito. Viene rappresentato il momento in cui Cristo avverte gli apostoli che uno di loro lo tradirà. È un momento drammatico e assistiamo alla reazione del gruppo. Cristo resta isolato al centro mentre gli apostoli si dividono in quattro triadi e parlano tra loro. Cristo è leggermente più grande degli apostoli ed è nel momento in cui sta per consacrare il pane e il vino. La prima triade sulla sinistra deve San Giovanni subito alla destra di Gesù che sta parlando con San Pietro che tiene in mano un coltello, con loro Giuda sta per intingere il pane nel piatto. A destra ci sono altri tre apostoli che stanno discutendo. Alla destra di Gesù l'ultimo gruppo in fondo sta parlando e commentando ciò che ha appena affermato Cristo. Ha un grande interesse a caratterizzare le azioni dei suoi personaggi, non sono più immagini statiche come nel passato. Si legge un atteggiamento mentale nei protagonisti del dipinto, è una pittura dell’anima. I personaggi agiscono, si muovono, parlano, ogni gesto è conseguenza del gesto precedente. Il piatto davanti a Cristo è vuoto, manca l'agnello sacrificale, poiché in questo caso è lui stesso il sacrificio.
RITRATTO DI DONNA CON L’ERMELLINO
forse è il ritratto di Cecilia Gallerani. La parola greca che traduce "donnola" è "galè" e questo potrebbe essere un modo per rappresentare il cognome della persona raffigurata. Il ritratto è di tre quarti, il busto è avvitato. L'ermellino figura nell'emblema di Ludovico il moro ed è un simbolo di purezza. Cecilia abbraccia l'animale, è un ritratto dell'anima. Il fondo è scuro e l'immagine salta fuori grazie alla luce. L'acconciatura dei capelli non è originale, probabilmente si fermava alle orecchie. Cecilia guarda fuori del ritratto, la sua mano è un po' più grande del normale ma molto elegante, un sorriso sfumato le affiora sulle labbra, forse sta per sorridere, anche qui c’è l’azione in atto.
BATTAGLIA DI ANGHIARI
il quadro non andrà mai a buon fine, il rapporto col pigmento colorato non è facile poiché prova a inventare un nuovo modo di pittura per avere colori ancora più brillanti. Userà la cera, ma nel periodo in cui dipinge la battaglia è inverno e il colore non si asciuga. Farà a quel punto accendere dei bracieri per velocizzare l'asciugatura, così facendo però la cera si scioglie e Leonardo arrabbiato se ne va.
LA GIOCONDA
è il quadro più famoso del mondo, il ritratto di una signora italiana. Leonardo si è portato il dipinto in Francia, secondo alcuni risalirebbe al periodo romano dell'artista. È l'emblema del dipinto tradizionale, anche se di tradizionale c'è ben poco. E un dipinto misterioso, non si sa chi è il soggetto e perché Leonardo lo tenga con sé. È un quadro in azione, un ritratto dell'anima, la donna sta per sorridere, c'è un'impercettibile sfumatura che le piega gli angoli della bocca verso l'alto. Leonardo ha una grande abilità nel plasmare le luci e le ombre. La luce non fissa niente, lascia tutto sfumato, lo sfondo sembra essere un paesaggio lunare, un paesaggio misterioso. Anche qui un'atmosfera da acquario come nella vergine delle rocce.
BRAMANTE (Urbino 1444, Roma 1514)
è una figura di primo piano nell'arte italiana del Rinascimento medio, determinante per la sua formazione è stata la giovinezza passata nell'ambiente culturale dei Montefeltro. Intorno al 1480 si trasferisce a Milano. Le architetture milanesi del Bramante aprono una strada del tutto nuova, cinquecentesca.
LA CHIESA DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO
è indicativa delle sue opere, l'edificio anche se piccolo ha una misura grandiosa, data dal rapporto fra larghezza e altezza, dalla copertura a botte con i lacunari che conferisce movimento spaziale, dalla disposizione ad angolo retto degli archi sui quali si imposta la cupola emisferica. Sulla parete piana retrostante l'altare, è realizzato a stucco, in prospettiva, un braccio longitudinale con volta a botte come prosecuzione ideale della navata centrale. L'illusione è perfetta. L'impianto che dà all'edificio è basato sulla maestà spaziale delle volte. L'equilibrio delle varie parti esigerebbe una pianta a croce ma questo è impedito dal passaggio di una strada e lo spazio mancante viene creato artificialmente con la prospettiva.
LA TRIBUNA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
La stessa Chiesa nel cui convento, Leonardo da Vinci dipingerà l'ultima cena. L'architetto inserisce, al termine della grande chiesa, un ampio vano cubico sormontato da una cupola, con due absidi laterali, prolungato sul fondo da un altro ambiente simile, ma minore, concluso da una terza abside. All'interno lo spazio è definito geometricamente dalle superfici piane che fungono da limite delle forme cubiche. All'esterno i volumi, alternando blocchi quadrangolari, semicircolari, poligonali, si articolano liberamente e grandiosamente nello spazio opponendo luci a ombre, andamenti concavi ad andamenti convessi.
IL TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO
rappresenta il capolavoro di Bramante e,allo stesso tempo, l'inizio del Rinascimento romano. Il tempietto è a pianta circolare, sormontato da una cupola, è circondato da colonne tuscaniche sopra cui c'è una terrazza con balaustra. Alla ridondanza tardo-gotica, il Bramante oppone l'essenzialità della propria concezione architettonica, mossa ma non fastosa. Infatti il passaggio dall'aperto al chiuso e viceversa è graduato. Lo spazio penetra nella costruzione attraverso le colonne, la balaustra, le nicchie scavate nel cilindro interno, mentre le luci e le ombre si alternano con ritmo solenne, seguendo le plastiche. Oggi l'edificio è chiuso in un cortile quadrangolare piuttosto anonimo. Il cortile infatti doveva essere ugualmente circolare e porticato, così che dal chiuso dell'edificio circostante si sarebbe passati, attraverso il colonnato, allo spazio aperto nel cortile.
PALAZZI VATICANI
l'architetto aveva progettato un enorme cortile rettangolare, articolato su più livelli sovrapposti, sfruttando la planimetria naturale del colle del belvedere, collegando i vari piani mediante scale, culminando con una grande nicchia.
SAN PIETRO IN VATICANO
è l'opera più importante alla quale l'architetto attende, l'idea del Bramante è fondamentale: una croce greca con quattro absidi semicircolari, sporgenti da una pianta quadrata, quattro campanili angolari, quattro cupolette e una grande cupola centrale. È la pianta che il Rinascimento considera ideale e quindi perfetta, perché tutte le parti sono coordinate rispetto al centro. Tuttavia è una pianta che contrasta con la tradizione e con la volontà della Chiesa. Da qui le difficoltà che il progetto di Bramante ha sempre incontrato, e quindi le continue modifiche apportate anche dopo la sua morte.
MICHELANGELO (Arezzo 1475, Roma 1564)
figura dominante di tutto il secolo, è considerato il "DIVINISSIMO" uno spirito inviato in terra da Dio per mostrare la perfezione dell'arte, è l'uomo che conclude il processo evolutivo dell'arte iniziato con Cimabue e con Giotto. Ancora una volta si è tornati al mito, ma per capire Michelangelo bisogna studiarlo storicamente, inserito nel suo ambiente culturale, politico e sociale. Educato nell'ambiente fiorentino della fine del quattrocento, assiste alla caduta di quei valori ideali partecipando da protagonista alla lunga crisi del Rinascimento. Appartenente alla piccola nobiltà fiorentina è figlio di un funzionario della Repubblica. Studia a Firenze nella bottega del Ghirlandaio. Più importante però è il periodo che Michelangelo trascorre nel "giardino di San Marco" dove Lorenzo il magnifico aveva raccolto opere antiche e dove giovani artisti studiavano sotto la guida dello scultore Bertoldo. Michelangelo viene così preparandosi ad affrontare il problema dell'arte come impegno culturale "sì dipinge con la mente non con la mano". Con Il giardino di San Marco nasce una scuola del tutto diversa dalla bottega tradizionale. Nella bottega l'allievo imparava dal maestro imitandone lo stile, nel giardino i giovani invece avevano davanti a sé modelli antichi e si esercitavano a copiarli, apprendendo il senso delle proporzioni e dei rapporti secondo un intendimento classico.

LA MADONNA DELLA SCALA
rivela rapporti con opere antiche, soprattutto con Donatello nello stacciato che deforma le figure in latitudine dando loro potenza. La Madonna, posta di profilo, occupa l'altezza totale della lastra e se il bordo inferiore funge da piano di appoggio, quello superiore le comprime quasi la testa e viene a mancare il respiro dello spazio sopra di essa. Il bambino volge la testa e il braccio in posizioni divergenti, preludendo ai contrapposti delle opere mature. La scala, più che creare profondità spaziale, incombe sul davanti drammaticamente.
LA BATTAGLIA DEI CENTAURI
prevale il senso della lotta accanita fra uomini, in un groviglio inestricabile di membra. Il tema della battaglia giunge al Rinascimento dall'antichità romana. La scena è dominata dal giovane in alto al centro, che si svolge da un lato sollevando il braccio destro. Con il gesto sembra imprimere movimento all'intera composizione. Un altro elemento ormai tipicamente michelangiolesco è l'assenza di prospettiva geometrica. Lo spazio è creato liberamente dal diverso emergere dei volumi.
Alla morte di Lorenzo il magnifico nel 1492 Michelangelo parte per Venezia, passa quasi subito a Bologna e infine ritorna a Firenze. Nel 1496 parte per Roma. È la prima volta che Michelangelo vede la città, un ambiente ancora più idoneo a stimolargli di interesse per l'antichità. Le prime opere che Michelangelo scolpisce a Roma non risentono ancora dell'impeto drammatico ellenistico ma di un equilibrio classico.
IL BACCO
una delle prime opere romane, il giovane dio, appoggiato sulla gamba sinistra, solleva con il braccio destro la tazza, lasciando in riposo l'altra gamba e l'altro braccio, in una contrapposizione di parti, secondo le norme della ponderazione policletea.
LA PIETA’ DI SAN PIETRO
per la prima volta si assiste alla totale idealizzazione della forma. Anche se sacra, l'arte per lui non è narrativa, ma esprime un'idea. La pietà non narra il dolore della madre, non mostra lo strazio del corpo martoriato, ma entrambe riunite insieme raggiungono la perfezione divina. La forma piramidale, che dalla base larga, sale e conduce al vertice nella testa della vergine, costringe lo spettatore a percepire il gruppo come un rilievo che emerge da un fondo ideale. Il punto di vista di Michelangelo è sempre quello frontale. Le pieghe della veste hanno lo scopo di far risaltare maggiormente la bellezza e la ricercatezza del corpo nudo. La perfezione del volto della vergine esprime il superamento delle fattezze terrene e il raggiungimento della bellezza ideale.
Nel 1501 Michelangelo torna a Firenze dove inizia una delle sue creazioni più note: il David
IL DAVID
anche il David, seppur rifinito in tutto il corpo, anteriormente e posteriormente, è concepito per essere visto di fronte: quando si trattò di trovargli una collocazione, la maggioranza dei componenti della commissione decise di porlo alla base della facciata di palazzo vecchio. Il grande muro in pietra del palazzo costituiva il piano d'appoggio posteriore della statua come se questa ne fuoriuscisse dominando la piazza. David è l'uomo rinascimentale, autore di se stesso, padrone del mondo che lo circonda. L'impianto è classico, per la ponderazione policletea, ma vi è un crescendo di interesse elastico dal basso verso l'alto. Dalle gambe lisce, si passa al busto con i possenti rilievi anatomici, per giungere alla testa, fulcro della composizione perché sede del pensiero. La fronte corrugata indica la concentrazione dell'intelletto. A rendere più evidente l'importanza della testa è il saldo attacco al busto mediante i muscoli del collo. Si capisce perciò perché sia errato parlare di sproporzioni, poiché le proporzioni sono studiate da Michelangelo non come imitazione di quelle naturali ma per rendere il significato dell’idea. Anche le mani, rispetto alla norma, hanno una grandezza maggiore, perché sono lo strumento della ragione; senza di esse David non avrebbe abbattuto l'avversario.
IL TONDO DONI
rappresenta la sacra famiglia, la forma circolare non è rara, ma neppure consueta. Poiché si presuppone che sia un regalo di nozze, si giustifica il tema, in riferimento alla santità della nuova famiglia che si costituisce con il matrimonio. La forma obbliga ad adattare la composizione al taglio circolare, al quale dà movimento che sale a spirale. Chiude il primo piano con l'andamento concavo di un basso muretto, al di là del quale c'è un pianoro limitato da un costone roccioso, a cui si addossano figure nude. I nudi costituiscono il piano terminale e lo animano plasticamente, questo non è un fondo neutro, ma esalta l'intensa vitalità della sacra famiglia. Il chiaroscuro conferisce ai loro corpi risalto volumetrico. Le tre figure in primo piano esprimono la virile coscienza del loro ruolo, sia per il vigore del disegno che dell'ombreggiatura. Anche se Michelangelo discende dalla tradizione fiorentina del disegno, il colore ha importanza fondamentale in funzione del volume. Michelangelo concepisce la pittura come fosse una scultura.
Nel 1505 papa Giulio II chiama Michelangelo a Roma per affidargli la progettazione della propria tomba. Michelangelo aveva concepito la tomba come un immenso complesso architettonico-scultoreo isolato, visibile su quattro lati e movimentato da oltre 40 statue. Il progetto però fu accantonato, successivamente dopo circa 40 anni e numerose variazioni del progetto che veniva sempre più ridotto si arrivò alla definitiva sistemazione nella chiesa di San Pietro in vincoli. Nel frattempo Giulio secondo incarica Michelangelo di realizzare una statua in bronzo nella basilica di San Petronio a Bologna che fu distrutta però pochi anni dopo. Successivamente papa Gregorio II chiede a Michelangelo di dipingere la volta della cappella Sistina.
LA CAPPELLA SISTINA
è un impegno enorme dal punto di vista quantitativo e qualitativo, si tratta di dipingere quasi cinquecento metri quadrati di superficie con storie bibliche. Michelangelo lavorò per quattro anni quasi completamente solo, avendo licenziato quasi tutti i collaboratori che gli venivano proposti. Michelangelo suddivide la vasta superficie in settori, dandole un impianto architettonico-scultoreo, mediante cornici, architravi, capitelli, così da conferire al complesso un'intensa vita plastica. Nei singoli pannelli, invece, le scene sono immaginate al di là della volta, facendo nascere così una molteplicità di piani, sporgenti o rientranti, quasi come un grande altorilievo. Le storie bibliche, tratte dal libro della genesi, hanno inizio con "la separazione della luce dalle tenebre" e termine con "l'ebbrezza di Noè". Nelle prime scene, le figure sono molte e quindi relativamente piccole; in quelle seguenti, diminuisce il numero e accrescono le misure, raggiungendo così una maggiore monumentalità. La "creazione di Adamo" è un'opera esemplare, da destra giunge in volo Dio accompagnato da angeli e infonde la vita all'uomo sfiorandolo con un dito. Dio è rappresentato avvolto in un manto tondeggiante, Adamo semisdraiato in un lembo arido di terra. La lentezza del suo movimento è dovuta alla coscienza del dramma della vita. Gli uomini in Michelangelo raramente agiscono; meritano, piuttosto, sull'azione che devono intraprendere o che hanno appena compiuto. La linea è netta, precisa mentre il chiaroscuro fa emergere le figure dal piano di fondo.
LE STATUE PER LA TOMBA DI GIULIO II
NEL 1513, morto il Papa, gli eredi firmano un nuovo contratto con Michelangelo che riprende il lavoro della tomba. Il progetto viene modificato e il monumento, invece che isolato, è immaginato addossato a una parete. I due schiavi simboleggiano probabilmente le province soggiogate dal Papa oppure le arti liberali, incatenate e morenti, per la scomparsa del Papa. Lo schiavo ribelle, cercando di sciogliere i lacci che lo legano, si divincola, la testa si svolge da un lato mentre il torace è orientato dall'altra parte e le gambe sono frontali. Lo schiavo morente mostra la bellezza del suo corpo allungato, levigato e proporzionato, il volto perfetto rende più dolorosa la coscienza della fine. Mosé invece è vitalissimo nel senso del vigore interiore. La disposizione esprime l'energia morale del personaggio.
IL GIUDIZIO UNIVERSALE
nel 1534 Michelangelo a Roma per dipinge il giudizio universale nella parete di fondo della cappella Sistina. Lavora da solo per quattro anni, non ha più bisogno, come nella volta, di suddividerla in settori architettonici; le quasi 400 figure campeggiano contro il cielo libero, senza riferimenti prospettici. Cristo nell'emettere il suo giudizio, imprime, con il solo alzare e abbassare le braccia, un movimento all'intera composizione: ascendente a sinistra, discendente a destra, chiamando a sé gli eletti e facendo precipitare i dannati. Tutto questo assicura unicità alle molteplici immagini. Alla grandiosità dell'insieme corrisponde la grandiosità delle singole figure, perché sono tutti uomini coscienti di sé e della propria condizione umana alla presenza di Dio. Il giudizio universale suscitò anche perplessità per i nudi raffigurati, che apparvero scandalosi sopra l'altare del Papa nella Cappella Sistina. Poco meno di un mese prima della morte di Michelangelo si decise di far coprire con dei panneggi tutte le nudità da un mediocre artista.
IL CAMPIDOGLIO
nel 1546, morto Antonio da Sangallo il giovane, a Michelangelo viene affidata la direzione di tutti principali lavori architettonici di Roma: completa il palazzo Farnese, trasforma l'antico tepidarium delle terme di Diocleziano nella chiesa di Santa Maria degli angeli, disegna la facciata di Porta Pia, sistema il Campidoglio e la basilica di San Pietro. Michelangelo cambia innanzitutto l'orientamento del complesso del Campidoglio e lo fa guardare verso la città moderna, verso la sua nuova grandezza. Disegna il pavimento con un motivo a quadrangoli curveggianti inscritto entro un ovale. La scala non era prevista, come oggi, in lieve salita con ampi gradoni ma più ripida e soprattutto appoggiata direttamente al muraglione di contenimento del colle; l’ascesa doveva perciò accentuare il distacco della città bassa da quella alta.
SAN PIETRO
La ricostruzione di San Pietro iniziata nel 1506 era ancora poco avanzata, nel 1514 alla morte di Bramante, il primo architetto, successe a Raffaello che, cedendo alle pressioni della Chiesa romana, progetta una basilica longitudinale come richiamo alla croce latina. Alla morte di Raffaello successe Antonio da Sangallo, dopo di lui arrivò Michelangelo. L'artista riprende l'idea fondamentale del Bramante, ma per il resto l'impostazione è del tutto differente e personale. Gli spazi interni sono più vasti e maestosi, il perimetro esterno è una forma articolata nello spazio. Grandi semipilastri addossati a contropilastri la incatenano verticalmente, con un ordine unico gigante, comprendente più piani di finestre, coronato da un'architrave e da un cornicione fortemente aggettante. È lo stesso carattere cui è improntata la cupola, l'attuale deriva da quella del Brunelleschi solo per la tecnica. La cupola nasce da un tamburo del quale sporgono con forza colonne binate, alternate ai vuoti delle finestre.
RAFFAELLO (Urbino 1483, Roma 1520)
è ritenuto il massimo fra i pittori, si forma in relazione ai vari ambienti culturali che frequenta, fino a raggiungere la propria personalità. Non c'è opera o maestro che non abbia conosciuto un visto, del quale non risente in maniera chiaramente riscontrabile. Nasce a Urbino ed è figlio di un modesto pittore, erede della tradizione umbro-marchigiana, fondamento della cultura di Raffaello è la visione delle prospettive cristalline, della razionalità matematica, dell'idealizzazione di Piero della Francesca. Dal 1504 al 1508 Raffaello si trova a Firenze, pur attentissimo a tutto ciò che avviene intorno a lui, segue una strada esclusivamente sua. Le sue opere fiorentine rivelano che ha tenuto ben presente il rapporto ombra-luce di Leonardo, non nel senso dello sfumato ma usando l'attenuazione della luce per conferire maggiore dolcezza alle figure.
MADONNA DEL GRANDUCA
dal fondo scuro emerge la piramide allungata della madre che regge il figlio, i contorni ammorbiditi dall'ombra, le forme coordinate reciprocamente, i volti totalmente idealizzati, pur partendo dalla realtà quotidiana. Raffaello osservando i molti aspetti di ogni singola immagine, giunge, con un processo continuo di selezione, all'immagine ideale. Il tema della Madonna col bambino torna più volte in questo periodo, spesso aggiungendovi San Giovannino. Ma l'influsso si risolve nelle posizioni e nelle forme, non vi è, come in Leonardo, l'inquietante analisi della natura.
LA MADONNA DEL CARDELLINO
il chiaroscuro leonardesco si trasforma in una velatura, che riveste l'intera superficie del quadro attenuandone i contorni e dando grazia ai volumi. C'è anche una monumentalità che si va accentuando negli ultimi anni del periodo fiorentino, riflesso dell'intenso plasticismo di Michelangelo.
DEPOSIZIONE
qui Raffaello non riesce a liberarsi del tutto da una certa retorica nelle contrapposizioni dei corpi, nella teatralità delle impostazioni e nell'esteriorità delle singole espressioni.
LA TRINITA’ E SANTI
La composizione è divisa in due parti: una in cielo, dove si collocano figure maestose; l'altra in terra. L'opera sarà finita più tardi dal perugino.
A Firenze Raffaello aveva rivelato anche grandi doti di ritrattista cercando di rendere le caratteristiche esteriori e interiori del personaggio che rappresentava. Nei ritratti di Agnolo Doni e di Maddalena Strozzi, il taglio al di sotto del gomito e la disposizione di tre quarti, davanti ad un ampio panorama, derivano dalla Gioconda, la rappresentazione delle loro caratteristiche individuali, fisiche e morali, vengono rese mediante l'indagine accurata dei dettagli del volto, delle mani, delle vesti.
LE STANZE VATICANE
verso la fine del 1508 Raffaello si trasferisce a Roma chiamato da Giulio II per decorare le stanze del palazzo vaticano.
LA STANZA DELLA SEGNATURA
il tema trattato è quello della teoria dell'uomo, che, superato ogni timore medievale attraverso la ragione, si pone al centro della realtà dominandola. I soggetti affrescati da Raffaello illustrano contenuti di fede, scienza, giustizia e arte. Le allegorie dipinte sulle pareti sono: la "disputa del sacramento" la fede, "la scuola di Atene" la filosofia, "le virtù" il bene, "il parnaso" l'arte. Le quattro pareti sono lunettate, la forma ad arco è il punto di partenza per Raffaello, il quale imposta le scene principali sulla linea curva, verticale e orizzontale.
LA DISPUTA DEL SACRAMENTO
La prima scena dipinta è il trionfo della chiesa, la rivelazione di Dio, incarnatosi nel figlio per riscattare l'uomo. Nella parte inferiore, al centro della scena, l'ostia consacrata è il punto di convergenza di tutte le linee prospettiche, indicate dalle strisce della pavimentazione in primo piano. All'ostia si coordinano in asse verticale, cerchi sempre più ampi dal basso verso l'alto. Mentre la linea curva da ampiezza ed importanza al tema trattato; la prospettiva, la composizione costruita come una architettura umana, la luce , rendono lo spettatore consapevole del rigore della dimostrazione teologica.
LA SCUOLA DI ATENE
La scena si svolge all'interno di un'architettura inscritta in un deambulatorio quadrato con cupola centrale. L'asse della composizione coincide con quello di uno dei bracci, le cui volte determinano profondità e spazialità. Al centro, in alto, evidenziati dal cielo luminoso e dall'incorniciatura dell'ultimo arco, avanzano Platone e Aristotele, i due poli fondamentali del pensiero rinascimentale. Attorno e sotto di loro tutti i massimi filosofi.
LA STANZA DI ELIODORO
La stanza è chiamata così per il titolo di uno degli affreschi presenti, ha un tema religioso e contemporaneamente politico: Dio che interviene direttamente in aiuto della Chiesa, i soggetti narrati sono: la cacciata di eliodoro dal tempio, il miracolo di bolsena, la liberazione di San Pietro dal carcere, papa Leone magno ferma attila.
IL MIRACOLO DI BOLSENA
è affrescato su una parete in cui è presente una finestra che occupa parte della superficie, Raffaello riesce a dare senso logico rendendola funzionale alla narrazione. Pone la finestra al centro della composizione l'altare dove si svolge il rito. Poiché lo spazio ai due lati dell'altare e diseguale, lo pareggia accostando allo stipite destro della finestra una pedana sulla quale è inginocchiato il Papa in preghiera. La zona superiore della scena è resa più raccolta per concentrare l'attenzione sul miracolo.
LA LIBERAZIONE DI SAN PIETRO DAL CARCERE
qui si ha il massimo sviluppo delle qualità illuministiche di Raffaello, una straordinaria illuminazione notturna, con cinque fonti di luce: a sinistra, il cielo, un quarto di luna tra le nubi, l’aurora all'orizzonte, la fiaccola in primo piano, l'angelo con un alone dorato al centro e a destra. La luce emessa dall'angelo dà la certezza del miracolo che sta accadendo, la luce fredda e bianca della luna e quella rosata dell’ aurora fanno da sfondo al risveglio dei soldati, i cui corpi sono realizzati drammaticamente con la contrapposizione di chiari e  dei scuri.
LA STANZA DELL’INCENDIO DI BORGO
Raffaello ha eseguito personalmente soltanto qualche brano dell'affresco che dà nome alla stanza.
LA STANZA DI COSTANTINO
Raffaello probabilmente in questa stanza ha fornito solamente il disegno generale.
I RITRATTI
negli affreschi delle stanze vaticane sono riconoscibili le fattezze di personalità contemporanee, ma Raffaello non si limita a inserire uomini noti nel contesto di narrazioni complesse ma vuole concentrare la nostra attenzione sulle loro caratteristiche spirituali.
LA TRASFIGURAZIONE
è l'ultima opera di Raffaello, la scena è divisa in due parti: in alto il soggetto principale, sotto l'episodio della liberazione di un giovane indemoniato. Il tema della zona superiore presenta la difficoltà di rendere visibile il tramutarsi dell'aspetto fisico di Gesù nel suo aspetto divino. Il viso di Gesù è un viso umano cui manca però la consistenza volumetrica e la precisione della linea di confine, e si contrappone con la plasticità intensa della folla sconvolta. Le due parti sono coordinate dal movimento delle braccia degli uomini, che tendono a disporsi secondo linee convergenti.

 RAFFAELLO ARCHITETTO
l'interesse dell'architettura di Raffaello è maturato grazie l'influenza di Bramante e dallo studio dell'antichità. Nella sua breve attività come architetto portò a termine a Roma il palazzo branconio dell'Aquila, la Chiesa di Sant’eligio degli orefici e si occupò dei progetti per la basilica di San Pietro e la cappella Chigi.
La cupola della cappella Chigi
Tra il 1512 ed il 1514, Raffaello progettò ed iniziò a realizzare una cappella in Santa Maria del Popolo, per la famiglia Chigi. La cappella Chigi è a pianta quadrata, sormontata da una cupola emisferica secondo un modello che risale al rinascimento fiorentino. La cupola è decorata a cassettoni, con mosaici, eseguiti su disegno dello stesso Raffaello, raffiguranti immagini religiose insieme a simboli dell'oroscopo, e poggia su un tamburo ampiamente finestrato che illumina la cappella dall'alto. La costruzione fu portata avanti da uno degli aiuti dell'affollata bottega di Raffaello. Successivamente, Bernini completò il ricco apparato decorativo e scultoreo. Alla cappella si accede attraverso un arco aperto alla navata laterale della Basilica di Santa Maria del Popolo; l'interno è uno spazio semplice, scandito da tre arcate cieche che completano, con quello dell'ingresso, lo schema quadrato  arricchito da nicchie destinate ad accogliere sculture e dipinti.
PALAZZI
Raffaello progettò il palazzo Branconio dell'Aquila per Giovan Battista Branconio dell'Aquila. Il palazzo fu demolito nel Seicento per fare spazio al colonnato del Bernini di fronte a San Pietro. La facciata aveva cinque campate , il pianterreno, che doveva essere affittato a botteghe, non era bugnato ma articolato da un ordine tuscanico che incorniciava arcate cieche.
VILLA MADAMA
Negli ultimi anni della sua vita Raffello lavorò al progetto della villa a Monte Mario. Sovrintendente dei lavori fu nominato Antonio da Sangallo il Giovane, che era assistente di Raffaello a San Pietro. Un disegno mostra lo stato del progetto nel 1520, in cui al centro della villa doveva trovarsi un grande cortile circolare. Oltre alle stanze, la villa avrebbe compreso un teatro, stalle per duecento cavalli, un immenso ippodromo e giardini con giochi d'acqua; una grande scalinata, avrebbe dovuto condurre all'ingresso della villa. La parte completata venne incendiata durante il Sacco di Roma. Dopo un restauro le sole parti dell'edificio originario sono, oltre a qualche zona del giardino, solo alcune parti incomplete della rotonda, cinque stanze e una loggia a tre campate. Non esisteva un unico punto dal quale vedere la villa nel suo insieme; l'ippodromo,il teatro, la loggia, le terrazze del giardino e anche il vestibolo erano pensati per essere visti o tutti insieme o anche solo uno alla volta. In Villa Madama troviamo la rinuncia a un sistema strutturale che governi tutto l'insieme. Nessun edificio precedente aveva riprodotto così esattamente la funzione e le forme degli antichi modelli romani.
LA BASILICA DI SAN PIETRO
Il lavoro di Raffaello a San Pietro si svolse sotto cattivi auspici, perché Leone X era molto meno interessato del suo predecessore al nuovo edificio. Un solo disegno si può attribuire a Bramante, molti invece a Raffaello; quest'ultimo era solito preparare molti dipinti con disegni metodici e accurati. Era complicato mettere tutto per iscritto, quindi Raffaello utilizzò un nuovo sistema, quello della proiezione ortogonale Raffaello disegnando la propria pianta riutilizzò le idee di Bramante. Questa pianta si distingue da tutte le altre per la sua completa chiarezza: una navata di cinque campate, con navate laterali, viene posta davanti allo spazio cupolato bramantesco; la facciata è costituita da un ampio portico a due piani. L'altezza della navata maggiore era fissata dagli archi a crociera bramanteschi. Il sistema delle cupole minori fu ripreso. Le fondazioni dei piloni si mostrano insufficienti; per questa ragione si decise di posizionare i muri più vicini ai piloni della cupola. L'ordine gigante della crociera prosegue sui pilastri del transetto, e le colonne tra i pilastri formano un ordine minore. Raffaello non aveva alcuna intenzione di modificare la cupola di Bramante: l'aspetto esterno della chiesa sarebbe stato dominato dal sistema trabeato all'antica, composto cioè da sostegni verticali e architravi orizzontali senza l'uso di archi.
GIORGIONE (Treviso 1477, Venezia 1510)
il primo dei grandi pittori veneti del 500, le sue opere certe sono poche, le notizie più attendibili sulla sua vita provengono dal Vasari. Le opere sicure sono pochissime probabilmente perché Giorgione lavora spesso per privati, nei cui palazzi vengono conservati i suoi quadri, ammirati soltanto da pochissimi intenditori. I soggetti sono quindi prevalentemente profani e per conseguenza difficilmente interpretabili. Nel quadro profano, il pittore inventa il tema attribuendogli significati che sfuggono spesso a noi. Si forma nella bottega di Giovanni Bellini dove trova lo spunto principale per lo sviluppo del Rinascimento. A Venezia si preferisce studiare la natura e stabilire un rapporto paritario fra essa e l'uomo, mentre a Firenze predomina la linea che definisce spazi e oggetti, a Venezia predomina il colore come lo si vede in natura. L'amore per la natura e la convivenza in essa di tutti gli oggetti coordinati dall'intonazione di colori sono il punto di partenza di Giorgione.
LA PALA DI CASTELFRANCO
è la prima opera importante attribuita al Giorgione, rappresenta la Madonna col bambino fra i santi. La pala è apparentemente tradizionale, sia per il tema, sia per la posizione simmetrica dei santi ai lati della vergine, ma la posizione elevata della Madonna serve al Giorgione per darle il ruolo di tramite fra sacro e profano. Il convergere delle linee prospettiche, apparentemente legato alla tradizione fiorentina, contribuisce a questo scopo, poiché il punto di fuga, estremamente rialzato, si trova al di sopra del pannello che separa la zona anteriore da quella retrostante, in modo che il nostro sguardo vada al di là del divisorio partecipando alla vastità spaziale. La distanza è indicata dalla disposizione dei colori, i quali non degradano ma variano passando dalle tonalità più calde a quelle più fredde.
I TRE FILOSOFI
Giorgione abolisce il disegno e la linea di contorno dell'oggetto per farlo vivere solo mediante il proprio colore. La natura è fatta di colori, nelle sue opere la natura è la protagonista. I tre uomini raggruppati a destra: un giovane seduto, un arabo meditabondo, un vecchio con un foglio, sono stati interpretati in vari modi. Potrebbero essere la rappresentazione delle tre età dell'uomo o di simboli della filosofia classica oppure le età  antichità, medioevo, Rinascimento. Nei tre filosofi, come in tutte le altre opere di Giorgione, non dobbiamo chiederci chi siano i personaggi, ma vederli come uomini che vivono immersi nella natura. Giorgione diminuisce l'importanza della presenza umana, ma questi ne è parte. I tre uomini sono appartati contro un gruppo di alberi, mentre al centro si apre uno squarcio di Panorama chiaro, che si allontana. I colori freddi del fondo sono contrapposti a quelli caldi del primo piano. La composizione si impernia sui tronchi d'albero spogli, mentre l'arabo e il vecchio, accennano a un movimento lento in direzioni diverse che toglie staticità non soltanto al gruppo ma anche allo spazio.


LA TEMPESTA
il colore tonale qui è ancora più evidente. È difficile dare una spiegazione plausibile dei due personaggi: un uomo in piedi, a sinistra, appoggiato a un lungo bastone; una donna nuda, a destra, seduta su un lenzuolo in atto di allattare un bambino. Anche di essi sono state date varie interpretazioni: Mercurio e Iside, l'infanzia di Paride, ecc. ma anche qui la storia per Giorgione non è importante, i due sono partecipi del luogo dove vivono, nell'attesa dell'evento naturale che sta per accadere. La nostra attenzione infatti è attratta non soltanto da loro, ma anche da questo evento, dal rialzo roccioso, dal prato, dei cespugli, ecc.
VENERE
qui Venere viene rappresentata come una splendida donna nuda, castamente dormiente, ignara della propria bellezza e dell'osservatore. Il corpo si allunga costruito nelle sporgenze e nelle rientranze dalle varietà tonali inserendosi armoniosamente nel paesaggio. L'opera è stata completata da Tiziano quando Giorgione morì.
TIZIANO (Belluno 1488-90, Venezia 1576)
è estroverso e aperto, le sue opere sono commissionate dai dogi e dell'imperatore, dal Papa e dai re, da personalità illustri. La carriera di Tiziano è trionfale, la sua pittura è altrettanto grandiosa. Nasce da antica famiglia in un anno non ben precisato. Dal paese natio si trasferisce a Venezia da cui deriva la sua formazione. Allievo dapprima di Giovanni Bellini, entra poi nella bottega di Giorgione da cui apprende l'uso del colore tonale e l'assenza di disegno. La sua prima impresa importante è la collaborazione con  Giorgione negli affreschi che ornavano le pareti esterne del fondaco dei tedeschi.
AMOR SACRO E AMOR PROFANO
rappresenta la contrapposizione fra l'amore pagano impuro e l'amore casto cristiano. Nell'età rinascimentale, il nudo non soltanto non è considerato impuro, ma anzi è piuttosto il simbolo dell'ideale umano. La composizione è inserita in un ampio panorama sognante, animato di vari elementi. Soprattutto il primo piano rivela la bellezza opulenta delle donne del Tiziano.

L’ASSUNTA DEI FRARI
è un'opera rivoluzionaria per Venezia nella sua composizione. In terra gli uomini rivolti verso l'alto a constatare il miracolo che sta accadendo, in cielo le persone divine sono immerse nel fulgore dorato della luce. Questo colpisce emotivamente lo spettatore trascinandolo con la foga dei gesti e con lo splendore dei colori. L'ampiezza dei gesti, l'evidenza degli atteggiamenti e delle espressioni sono tali da poter essere percepiti immediatamente, per giungere a questo Tiziano usa colori molto forti che piovendo dall'alto sugli uomini ne fa risaltare la struttura con i rapporti di luce-ombra. La pennellata, densa e sintetica, costruisce l'immagine con il colore.
SACRA CONVERSAZIONE
dipinta nella Chiesa dei frari per la famiglia pesaro. La Madonna in trono, fra i santi Pietro e Antonio da Padova, riceve l'omaggio di alcuni membri della famiglia veneziana. Maria è seduta in alto, ma invece di essere al centro è spostata a destra ed è obliqua rispetto all'osservatore. Le linee prospettiche conducono perciò verso un punto di fuga ideale al di fuori della cornice. Ne risulta uno spazio in movimento che si estende aldilà della superficie dipinta. Il moto architettonico determina anche il moto delle figure, il sottinsù conferisce alle persone e alle architetture maestà.
VENERE DI URBINO
negli anni 30 Tiziano entra in rapporto con le corti di Mantova e di Urbino, per Urbino dipinge questa Venere sdraiata nuda su un letto, con un cagnolino ai piedi (simbolo di fedeltà), mentre sul fondo della stanza, due donne, le preparano gli abiti. Qui Venere è rappresentata come una donna nella propria ricca camera, in attesa di vestirsi, la testa leggermente sollevata rivolta verso lo spettatore sul quale posa lo sguardo, perfettamente cosciente della propria nudità e della propria bellezza. Tiziano realizza le forme del corpo con l'uso del colore tonale, impiegando colori vivi che si esaltano reciprocamente.
DANAE
La giovane donna giace nuda sul proprio letto e attende serenamente la fecondazione della pioggia d'oro divina che sta scendendo dall'alto. La calma con cui accetta l'evento come un fatto naturale è espressa dall'accordo dei toni caldi con qualche scintillio della stoffa su cui cammina amore.
Tiziano è anche uno dei ritrattisti più ricercati, analizzando l'aspetto fisico della persona, riesce a interpretarne il significato interiore.
L’UOMO DAL GUANTO
reso con il gioco dei grigi e degli scuri del fondo unito e dell'abito, ravvivato dal bianco luminoso della camicia.
PAOLO III CON I NIPOTI
si sta svolgendo un colloquio privato tra il Papa e uno dei presenti, mentre l'altro è in posa ufficiale e guarda lo spettatore. Tiziano interpreta tre diversi caratteri. È un'analisi spietata della realtà sconosciuta fuori dalla corte papale, un ritratto dal quale emerge quella politica nepotista che è sempre stata imputata a Paolo III.
CARLO V
Tiziano non rappresenta soltanto la gloria dell'imperatore, ma ne rende anche il senso umano, la solitudine, la tristezza, la stanchezza, causata da anni di lotte politiche e militari. Ambientato in un paesaggio solitario, sotto un cielo nuvoloso, nella luce arrossata del tramonto. Il sovrano passa sul suo cavallo vestito con la splendida armatura e la lancia in pugno.
CORREGGIO (correggio 1489, 1534)
dopo i primi rudimenti appresi da mediocri maestri locali si reca a Mantova dove si suppone possa essere stato allievo di Mantegna, dal quale apprende l'amore per l'antichità classica e per il mito, che interpreta tuttavia in maniera del tutto diversa.
LA CAMERA DELLA BADESSA
C’è una ripresa dei modelli del Mantegna, gusto per l’imprevisto e per l’ ardito, ci presenta una natura che è quasi innaturale. E’una delle prime opere, è un ambiente relativamente piccolo, che fungeva da sala di ricevimento e di ritrovo mondano e letterario. Sulla cappa del camino è dipinta Diana sul suo carro, protettrice della castità femminile. La volta della sala è immaginata come se fosse formata da un pergolato costituito da 16 costoloncini principali, fra i quali si intreccia una struttura di canne più sottili. È idea umanistica dell'interscambio fra interno ed esterno, fra architettura e spazio circostante. Egli da il senso del piacere, che si ricava dalla vita in mezzo alla natura, restando al riparo dall'intensità della luce solare e godendo della frescura offerta dall'ombra. Nel verde della cupola si aprono occhi ovali al di là dei quali giocano alcuni putti. Alla base di ognuno dei 16 settori in cui è divisa la volta sono rappresentate figure mitologiche come fingendo che siano statue entro cavità architettoniche, in un continuo scambio di sacro e profano.
LA CUPOLA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA
viene rappresentata la visione di San Giovanni, la decorazione è fatta per essere osservata dei fedeli che si affollano nella navata principale, e per essere vista dai monaci che sostano nel coro. Il pittore prevede quindi due punti di vista e due impianti prospettici diversi: Cristo, che discende in volo, si dirige verso i fedeli, ma San Giovanni, che ne ha la visione folgorante e che è collocato sul margine inferiore della cupola è visibile soltanto dai monaci, poiché la figura del Santo, scorciato audacemente, è pressoché irriconoscibile da altri punti di vista.
LA CUPOLA DEL DUOMO DI PARMA
rappresenta l'assunzione della vergine, anche qui lo spettatore vede con chiarezza l'atto della traslazione del corpo di Maria, ma scorge a malapena dove si trova la vergine. Domina invece il moto ascensionale, ottenuto con la spirale delle molte figure che galleggiano su soffici nubi. L'impianto prospettico allontana il punto di fuga che culmina al centro della cupola dove il cielo è quasi privo di figure ed è costituito esclusivamente dalla luce.
ADORAZIONE DEI PASTORI
la luce emanata dal bambino si riflette sui presenti, rompendo il buio della notte, mentre sul fondo il cielo sì illividisce nel crepuscolo. Non è però una luce ideologica, è un lume notturno che colpisce, secondo l'incidenza naturale, uomini e oggetti, lasciando in ombra altri.
DAL RINASCIMENTO AL MANIERISMO
Dell'ultimo periodo del Rinascimento è difficile stabilire i termini cronologici. Approssimativamente si suole farlo iniziare con la morte di Raffaello e terminare con gli ultimi decenni del cinquecento. Questo periodo è detto anche "manierismo". Il termine deriva da maniera, che si fa con le mani, in quanto ogni mano ha un suo modo diverso di disegnare, distendere il colore, di lasciare il proprio segno. In questo periodo per evitare la decadenza, non resta altra strada che quella di imitare la grande maniera. È una corrente che esprime il tentativo tormentoso di trovare una propria strada indipendente, pur non potendo ignorare quelle grandi personalità venute prima. È una corrente che esprime l'angoscia di un'epoca che ha visto crollare i grandi valori universali della fede della Chiesa romana. È un'epoca alle cui domande la Chiesa cattolica risponde con la controriforma, riaffermando le proprie tesi, senza possibilità di discussione, reprimendo le idee degli oppositori. Per liberarsi delle pesanti condizionamenti della tradizione artistica e religiosa c'è una ricerca intelligente del nuovo, del desueto, sfociando talvolta nel capriccio gratuito. Il manierismo ha bisogno di inventare, di cambiare, di interessare, non di commuovere o di convincere con la chiarezza delle idee
GIORGIO VASARI (Arezzo 1511, Firenze 1574)
organizza, controlla, ordina la maggioranza delle opere pubbliche fiorentine. Trasforma e decora molti ambienti del palazzo della signoria. È un notevole architetto e scrittore. Come scrittore la fama del Vasari è affidata a "Le vite de più eccellenti architetti,pittori et scultori italiani da Cimabue insino à tempi nostri" un'opera di grande mole pubblicata nel 1550 che raccoglie un'incredibile quantità di notizie sugli artisti e le loro opere.
GLI UFFIZI
Come architetto la sua creazione maggiore è il palazzo degli Uffizi, l'edificio voluto da Cosimo come sede degli uffici amministrativi dello Stato ed è una grande costruzione costituita da due lunghi corpi paralleli uniti in fondo da un braccio trasversale. Le strutture architettoniche aggettanti o rientranti sono pacate e il concatenamento si allenta nella ripetizione continua dei motivi, alleggerendosi per la presenza in basso del porticato e in alto di una loggia, e inoltre per le aperture ai lati esterni, una verso la piazza della signoria, l'altra verso l'Arno. Gli Uffizi e ancora di più il piazzale, collegano il palazzo della signoria con la piazza.
IL CORRIDOIO
è un lungo corridoio che conduce dal palazzo della signoria a palazzo Pitti, evitando il passaggio attraverso le strade. Il corridoio, scavalcando con un ponte la via che divide il palazzo della signoria dagli Uffizi, passa attraverso l'ultimo piano di questi, scende verso l'Arno, attraversa il fiume sul Ponte Vecchio e giunge infine a palazzo Pitti servendosi di varie case private.
TINTORETTO (Venezia 1518, 1594)
da un lato si forma sulla tradizione locale del colore, dall'altro studia i grandi maestri toscani. Se il Tintoretto disegna, lo fa in modo ben diverso dai toscani, la sua linea è dinamica e fa balzare la figura drammaticamente, in maniera sempre più innaturale, trasformandosi in linea-luce. Inizialmente usa il colore tonale, gradualmente lo scurisce facendolo percorrere da bagliori improvvisi. La luce diventa perciò la vera protagonista della sua pittura.
LA CENA DI SAN MARCUOLA
da Tiziano deriva il tonalismo, dalla tradizione Fiorentina deriva l'impostazione prospettica centrale. Il rapporto cromatico però è dominato dalla luce riflessa dalla tovaglia che illumina dal basso e il punto di vista rialzato fa sì che il pavimento sembri inchinarsi togliendo stabilità ai personaggi.
LA LIBERAZIONE DI UNO SCHIAVO
il fatto si svolge in primo piano, in uno spazio ristretto fra due edifici in prospettiva, collegati in alto da un pergolato. Qui si affollano gli astanti, ai quali viene impressa una forza centrifuga dal movimento avvolgente dei protagonisti posti al centro: lo schiavo nudo, l'aguzzino, San Marco. Le tre figure sono coordinate dalle linee salienti lungo un arco, ma in posizioni reciprocamente contrapposte. I colori sono caldi ma la luce naturale, non potendo scendere liberamente dall'alto, proviene dalla zona anteriore destra determinando urti chiaroscurali.
IL RITROVAMENTO DEL CORPO DI SAN MARCO
si narra il momento in cui il Santo appare miracolosamente ai mercanti di Venezia, indicando loro la sua spoglia. L'episodio è collocato all'interno di un'ampia cripta in prospettiva. Il Santo è in piedi accanto al proprio corpo rappresentato scorciato e evidenziando le possenti anatomie, mentre ferma con la mano gli uomini che stanno calando un cadavere da una delle arche. La figura di San Marco funge da perno attorno a cui la composizione si muove. Qui è protagonista la luce notturna, mobile e irreale.
Nel maggio del 1564 i consiglieri della scuola grande di San Rocco decidono di far decorare il soffitto dell'albergo, Tintoretto riuscì ad ottenere, con molte difficoltà, l'incarico di dipingere il soffitto e successivamente le pareti e tutta la sala. Il tema trattato sulle pareti dell'albergo è la passione.
CRISTO DAVANTI A PILATO
l'opera è dominata dall'esile figura di Cristo, la cui candida veste genera una luce impalpabile nello spazio angusto reso dall'obliquità delle linee prospettiche.

LA SALITA AL CALVARIO
il passo lento ma irreversibile dei condannati è reso dall'andamento obliquo delle linee angolate delle lunghe croci e con il contrasto drammatico tra l'ombra della zona inferiore e la luce di quella superiore.
LA CROCEFISSIONE
è una composizione vastissima, che riempie tutto l'ambiente e crea nella parete un vuoto dietro la croce come se si trattasse di un unico spazio, in cui lo spettatore è chiamato ad assistere alla tragedia. Per ottenere questo coinvolgimento la croce è piantata al centro dello spazio, ai suoi piedi la piramide umana si raccoglie attorno alla vergine. Cristo, ormai senza vita. La croce è il perno di un'immensa ruota, in cui i raggi sono costituiti dalla scala, dalla croce di uno dei ladroni, dall'altra ancora adagiata.
Il Tintoretto ottiene di dipingere nella sala grande, prima le tele del soffitto, con temi biblici, poi quelle delle pareti, con temi evangelici. Poiché la sala è piuttosto scura e le tele delle pareti sono poste accanto alle finestre e quindi in condizione sfavorevole di illuminazione, l'artista accentua l'importanza delle luci dipinte, che immagina proveniente da diverse origini, combinandone insieme per ricavare effetti espressivi.
ADORAZIONE DEI PASTORI
la scena e divisa orizzontalmente in due zone da una specie di soppalco; sopra, su un mucchio di fieno, la sacra famiglia adorata da due donne, sotto, i pastori. Ciò consente il convergere delle linee verso la Madonna e il bambino dando ad essi il ruolo di protagonisti.
SANTA MARIA MADDALENA
Le due figure, decentrate e di proporzioni ridotte, vivono in un vasto paesaggio notturno, misterioso e luminescente.
SANTA MARIA EGIZIANA
Le acque del ruscello, i rami, le foglie, i monti, sembrano formati di luce perché disegnati con una linea chiara e trasparente.

PAOLO VERONESE (Verona 1528, Venezia 1588)
Verona è una città legata alla cultura veneziana, ma, al tempo stesso, è a contatto con tradizioni diverse. Dalla pittura veronese apprende il disegno che contorna zone di superficie colorate e trae la possibilità di accostare i colori senza fonderli con passaggi graduali, in modo che essi si esaltino reciprocamente. Nasce così nel pittore anche l'uso dei colori complementari, che accostandosi e riflettendosi, generano l'equivalente della luce bianca determinando un'intensa luminosità chiara. Il colorismo del veronese è molto diverso dall'impasto tonale di Tiziano.
LA GIOVINEZZA E LA VECCHIAIA a Palazzo Ducale
mostra elementi culturali manieristi sia nella figura femminile che nel vecchio. Ma il fortissimo scorcio, causato dalla collocazione nel soffitto, si risolve in un mezzo per far risaltare le figure contro il cielo, accostando i colori in un sapiente gioco di intonazioni.
STORIE DI ESTER nella Chiesa di San Sebastiano
dipinte per il soffitto della chiesa, la posizione elevata, l'ampiezza del luogo, la distanza dallo spettatore, permettono di accentuare la monumentalità, lo scorcio spettacolare e l'accostamento reciproco dei colori.
Il soggetto rappresentato è il mezzo per esprimere, attraverso l'uso dei colori, il proprio mondo interiore, che non può essere separato dal contesto sociale contemporaneo. Forse è per questo che la fantasia del veronese può esprimersi meglio quando affronta temi profani.
CICLO PER LA VILLA DI MASER
decora il corridoio longitudinale con una finta loggia ad archi entro i quali immagina paesaggi campestri amplificando artificialmente lo spazio e moltiplicando con i riflessi della luce le luminosità proveniente dalla finestra. Nel corridoio trasversale dipinge invece nicchie con giovani suonatori, aste, picche, alabarde, bandiere appoggiate fra colonne e perfino finte porte da cui si affacciano un paggetto e una bambina. È questo processo di trasformazione del reale nell'ideale che gli permette di rappresentare, nelle sale della villa, i miti classici degli dei, senza attribuire loro alcun significato educativo. Nella sala dell'Olimpo, sulle due pareti laterali, sono rappresentati due finti balconi da cui si affacciano due giovani da una parte, la padrona di casa con la nutrice dall'altra. Nell'abito della padrona di casa è visibile il superamento del dettaglio, per renderne le lucentezza, il pittore non si sofferma ai particolari, ma accenna improvvisi bagliori di luce con macchie, riproducendo la nostra percezione del reale.
L’ULTIMA CENA o IL FESTINO IN CASA DI LEVI
nel 1573 si deve presentare di fronte al tribunale dell'inquisizione per aver dipinto in un’ultima cena, un servo a cui esce sangue dal naso, dei buffoni, degli ubriachi, dei nani, ecc. La sentenza del tribunale fu mite, limitandosi ad obbligare il veronese a correggere il dipinto che divenne così "il festino in casa di Levi" la grande tela è una trionfale composizione in cui ogni figura, ogni colore, sono finalizzati al risultato di insieme; non esiste un particolare che non abbia una propria ragion d'essere per il rapporto che si stabilisce con quello accanto. Il banchetto si svolge all'interno di un portico, al di là del quale, si scorge una città in prospettiva e un cielo azzurro striato di nubi. I punti di fuga sono più di uno in corrispondenza con i vari punti di vista in cui può collocarsi lo spettatore.
GESU’ NELL’ORTO SORRETTO DA UN ANGELO
la solitudine, la tristezza, l'abbandonarsi del Cristo in attesa del momento supremo sono espressi dal colore illuminato dalla luce lunare, che, passando attraverso le fronde degli alberi giunge fino all'ombra densa dove giacciono gli apostoli dormienti.
Il veronese, accanto al Tintoretto, è l'ultimo rappresentante della Rinascimento veneziano e, al tempo stesso, con l'audacia degli scorci e con lo sfondamento prospettico di pareti e soffitti apre la strada al barocco.
ANDREA PALLADIO (Padova 1508, Vicenza 1580)
è il maggior architetto veneto del cinquecento. La storia e la cultura dell'artista hanno inizio dal momento in cui incontra il Trissino, un letterato vicentino, il quale lo introduce nell'ambiente aristocratico di vicenza, educandolo classicamente. Nel corso dei vari viaggi a Roma, il palladio, ha modo di conoscere anche le numerose città poste lungo il cammino. Uno degli elementi fondamentali che trae dall'antichità è la scelta tipologica: ogni edificio ha una forma che deriva dalla sua funzione e dalla sua collocazione in un determinato luogo.


PALAZZO DELLA RAGIONE o BASILICA PALLADIANA
è la sua prima opera rilevante, realizza il rivestimento esterno che consta di un portico inferiore e di un loggiato superiore, con apertura a SARLIANA, separate da semicolonne. Ne deriva un andamento ritmico e solenne ma non pesante. Il chiarore delle superfici in pietra viva, nell'ombra delle logge, il chiaroscuro delle sporgenze, rivelano il senso dei rapporti tonali che farà del palladio uno dei massimi architetti veneziani.
PALAZZO CHIERICATI
è il più originale, si sviluppa in latitudine, e poiché la fronte è costituita quasi esclusivamente di vuoti, vi si determina una totale compenetrazione di spazio e volumi, mentre le superfici chiare si modulano nella luce, in relazione al fatto che il palazzo non sorge in una via, ma su una piazza luminosa.
LA ROTONDA
sorge su un colle nei dintorni di Vicenza, la sua funzione non è esclusivamente di abitazione ma anche quella di tenere spettacoli e riunioni. Perciò l'edificio è isolato e si impernia su una sala centrale cupolata e rotonda, attorno a cui sono poste altre sale quadrangolari, costituendo nel complesso una pianta quadrata, con un pronao sporgente da ciascuno dei quattro lati. Dalla lieve salita del colle si passa ai gradini che conducono all'altezza del piano nobile, penetrando poi all'interno dell'edificio tramite il portico. Le quattro fronti, derivate dal tempio greco-Romano assumono un significato moderno nel stabilire un rapporto con la natura.
VILLA BARBARO MASER
si distende in larghezza entrando a far parte della forma dell’altura, con le basse ali porticate e con il corpo centrale che sporge in avanti. La funzione è quella di luogo di riposo e di studio ma anche legata al lavoro agricolo. Insieme alla villa il palladio costruisce i luoghi per gli attrezzi, per i lavoratori e per gli animali. Il corpo centrale si stacca e si distingue per l'aspetto templare con quattro semicolonne ioniche e timpano. La luminosità naturale passa all'interno attraverso le finestre, mentre la facciata posteriore si affaccia su una fontana.


SAN GIORGIO MAGGIORE
ha un'importanza scenica fondamentale, in relazione con la riva degli schiavoni, il canale della Giudecca e la laguna. Dall'acqua riceve una luce mobile riflessa che si mescola con quella diretta solare, così che la facciata si erge luminosa. È classica per la presenza di semicolonne, per il timpano e per la forza chiaroscurale, ma è veneziana. L'interno a tre navate, è altrettanto luminoso ed è mosso dalle semplici strutture architettoniche.
CHIESA DEL REDENTORE
il passaggio dall'unica navata al coro avviene mediante un’abside traforata e per tutta la sua altezza in un mutuo scambio degli spazi e delle luci a causa delle diverse posizioni delle finestre.
LA LOGGIA DEL CAPITANIO
sebbene incompiuta, se ne può intuire la grandiosità dall'ordine gigante che ne percorre verticalmente l'intero corpo.
TEATRO OLIMPICO
anche se costruito da altri dopo la morte del palladio, rispecchia con sufficiente fedeltà le idee dell'artista. E’ il primo teatro costruito stabilmente dopo l'età classica ma è coperto. Interamente chiuso per un miglior risultato acustico. Il palladio crea un'opera originale e moderna, sia nel disegno della cavea semiellittica, che culmina nella loggia e nella terrazza, sia nella scena, costruita plasticamente con sporgenze e rientranze, come la facciata di un palazzo.
IL BAROCCO
il 17º secolo è caratterizzato dalla repressione esercitata dalla Chiesa cattolica contro la libertà delle idee, nella riaffermazione della superiorità del proprio magistero in ogni campo dove molti subiscono l'oppressione controriformista. È caratterizzato anche dalla nascita del primo teatro pubblico. Il teatro è dunque il mezzo espressivo più adeguato al 600, poiché svincola le leggi che regolano l'espressione logica del pensiero, e dall'imitazione della natura come accade nelle arti visive. Caduto il mito rinascimentale della ragione per conquistare la verità, le arti visive si fanno sempre più teatrali, indagano sulla drammatica realtà dell'uomo contemporaneo. In un'epoca ricca di contrasti, dove allo sfarzo della nobiltà si oppone la miseria dei poveri, in un'Europa dilaniata da lunghe guerre, si può capire l'arte del seicento, l'arte di un'età spregiativamente definita barocca. La parola "barocco", infatti, è stata inventata nel secolo successivo per contrapporre l'enfasi, l'esagerazione, l'oratoria del seicento, alla razionalità illuministica. In ogni caso la parola esprime un giudizio negativo che si è venuto attenuando solo alla fine dell'ottocento. Il termine è sinonimo di artificialità, povertà spirituale, assenza di equilibrio e buon gusto. Il barocco è la continuazione logica del manierismo ed è l'arte del trionfo controriformista e dell'assolutismo sovrano, sia quello papale sia quello monarchico. È inoltre anche l'arte dell'introspezione psicologica dell'uomo e l'espressione del suo dramma, dell'audacia degli scorci prospettici, dei contrasti fra le ombre dense e le luci improvvise.
I CARRACCI
intorno al 1585, a Bologna, viene fondata, ad opera di Ludovico Carracci e dei suoi cugini Agostino e Annibale, un’ "accademia del naturale e del disegno". L'accademia ha avuto un peso non indifferente nella storia della pittura italiana, avendo creato tutta una corrente artistica. Nell'accademia si studia a fondo il passato, con preferenza per i pittori veneti e per il Correggio, ma anche con un allargamento verso la tradizione tosco-romana. L'accademia era diversa dalle comuni botteghe, qui si dà preminenza al problema culturale in senso umanistico trattando di lettere, di arte, di scienza, senza trascurare la manualità pittorica. Nasceva in tal senso una scuola moderna.
LUDOVICO CARRACCI (Bologna 1555, 1619)
è il più anziano dei tre, si forma studiando, oltre all'arte locale, anche quella romana, Toscana e soprattutto Venezia
L’ANNUNCIAZIONE
lo spazio è individuato dalla convergenza elementare delle linee del pavimento verso il punto di fuga, così da ottenere un'intelaiatura quasi quattrocentesca. I due protagonisti si dispongono ai due lati, dal fondo scuro emergono le due figure e spicca il candido giglio retto dall'Angelo, illuminati da una luce soprannaturale, ideologica. L'ambiente è spoglio, essenziale.
AGOSTINO CARRACCI (Bologna 1557, Pisa 1602)
è il più colto dei tre, è il teorico.
LA COMUNIONE DI SAN GEROLAMO
è il più celebre dei suoi quadri. L'inginocchiarsi del Santo, il movimento degli astanti, tutto appare estremamente teatrale, tendente a suscitare effetto dello spettatore, rispondendo anche in questo alle richieste del cardinale e della Chiesa.

ANNIBALE CARRACCI (Bologna 1560, Roma 1609)
è il più estroso, il più libero e il più dotato pittoricamente. La cultura di Annibale è vasta, c'è in lui l'impalcatura grandiosa di origine tosco-Romana, il senso cromatico lagunare e il vivo realismo lombardo.
IL MANGIAFAGIOLI
fa parte di un genere chiamato "scena di genere" per indicare quelle pitture in cui il tema fosse ispirato alla vita quotidiana. Questo tipo di pittura veniva considerato inferiore, soltanto la critica moderna ha abbandonato ogni pregiudizio. L'ambientazione scenica è quasi abolita, così che la nostra attenzione è costretta a concentrarsi su poche cose essenziali estremamente ravvicinate. Tutto è rappresentato con evidenza, ma sinteticamente; il disegno è forte, la luce è mobile, la materia pittorica è densa.
LA MACELLERIA
è reso con vivezza un momento della giornata lavorativa. La vivacità, il moto, l'immediatezza sono espressi non soltanto dalla molteplicità delle azioni compiute, ma anche dalle pezzature cromatiche e dalla rapidità del segno.
Intorno al 1595 Annibale si trasferisce a Roma per la decorazione del camerino e successivamente della galleria di palazzo farnese.
PALAZZO FARNESE
i temi trattati sono mitologici: i tre modi di essere dell'amore, quello contemplativo (divino), quello attivo (umano), quello voluttuoso (animale). Le pitture sono destinate ad ambienti privati, per cui si verifica spesso la convivenza di soggetti sacri e di soggetti profani.

TRIONFO DI BACCO E ARIANNA
le figure in scorcio, mosse e avvolte in se stesse, si dispongono l'una accanto all'altra, quasi senza scalatura spaziale, come in un fregio antico ad altorilievo.
LA FUGA IN EGITTO
protagonista è il paesaggio, non idilliaco e silenzioso come in Giorgione, ma vasto e maestoso, mosso e animato da elementi umani e naturali. Un paesaggio in cui la collocazione dentro la città di un edificio circolare e cupolato ricorda la romanità, è dunque un paesaggio idealizzato.
CARAVAGGIO (Bergamo 1573 o Milano 1571, Grosseto 1610)
è il maggior pittore italiano del seicento e uno dei massimi di tutti i tempi. Vissuto a cavallo dei due secoli, erede della tradizione cinquecentesca ma che al tempo stesso apre una nuova via. Caravaggio affronta senza mezzi termini il problema esistenziale dell'uomo, il suo dramma nella ricerca della verità. La rappresentazione della realtà è dunque il fondamento della pittura caravaggesca, una realtà che appare agli occhi della società contemporanea talmente sconvolgente da essere scambiata per brutale volgarità. La sua non è "imitazione della natura", al contrario, vede la realtà e ce ne presenta il suo significato, emettendo giudizi morali su di essa, per mezzo della luce e lasciando il resto nell'ombra. La sua educazione presso il pittore Simone Peterzano fa si che il Caravaggio sia a contatto con i veneti, ma soprattutto con i pittori lombardi "della realtà", nei quali spesso la luce gioca un ruolo determinante. Intorno al 1591 scende a Roma ed è qui che si svolge gran parte della sua attività, lavora in un primo momento presso alcuni pittori locali che lo misero a dipingere nature morte, questo sarà fondamentale per tutta la sua pittura. La natura morta, infatti, non è un soggetto nobile, non è una storia da narrare per insegnare al popolo una qualsiasi dottrina, ma è solo se stessa, in tutta la sua presenza di oggetto reale.
CANESTRA DI FRUTTA
 esempio di natura morta autonoma del Caravaggio dove l'umile oggetto naturale diventa protagonista rilevandosi contro il fondo chiaro per i rapporti di luce e ombra
IL RIPOSO NELLA FUGA IN EGITTO
l'angelo dal corpo elegante, dalle morbide carni perfettamente tornite esaltate dal chiarore del panno bianco, ha ancora qualcosa di manieristico nella ricerca della posa. Ma il panorama è proporzionalmente ridotto. L'attenzione dello spettatore si concentra maggiormente sull'umanità di Giuseppe e di Maria, non tanto sulla loro sacralità: sembrano una povera famiglia di contadini vinti dalla stanchezza.
STORIE DI SAN MATTEO
si trovano nella cappella di San Luigi dei francesi.
SAN MATTEO E L’ANGELO
Qui esplode la polemica antimanierista, antidealista, anticonformista con una tale immediatezza, una tale violenza che la prima tela dipinta venne rifiutata poiché affermavano che la figura del Santo non aveva l'aspetto di Santo, non era abbellito, non aveva bel corpo, era addirittura volgare nel mostrare in primo piano i piedi nudi. Ma proprio qui sta la novità e l’ importanza della composizione caravaggesca che rifiuta la tradizionale identificazione di bello con buono, di brutto con cattivo. Tutto questo è espresso dall’ aerea configurazione dell'angelo luminosissimo, a contrasto con la greve struttura fisica di San Matteo, entrambi fermati dalla luce contro il fondo scuro.
VOCAZIONE DI SAN MATTEO
è illustrato il passo evangelico che narra la chiamata del Santo. Caravaggio accentua il significato della fede che tocca improvvisamente chiunque, anche il peccatore. La scena si svolge in un ambiente buio e squallido; seduti attorno a un tavolo alcuni uomini contano del denaro, improvvisamente, accompagnato da Pietro, entra Gesù accennando a Matteo, il quale indica se stesso stupefatto. Il significato è dato solo mediante la luce, che non proviene dalla finestra, anche se è chiaramente visibile davanti a noi, ma è una luce morale che scende dall'alto sfiorando la testa di Gesù e mettendone in evidenza la mano. La luce si sofferma sui personaggi bloccandoli nell'atto che stanno compiendo, conferendo loro un'intensa vita plastica.
IL MARTIRIO DI SAN MATTEO
la drammaticità è espressa con il moto centrifugo delle figure, con il loro torcersi, con il loro orrore nell'assistere al brutale atterramento del Santo, e soprattutto, con la violenza della luce artificiale che colpisce con forza le parti salienti (l'assassino, il martire, il bambino che fugge). È una luce teatrale di straordinaria efficacia: guida l'attenzione dello spettatore rendendolo pienamente consapevole della tragedia umana.
LE TELE DI SANTA MARIA DEL POPOLO
nelle due tele la forza di concentrazione del Caravaggio si accentua, lo scenario è abolito, l'unico protagonista è l'uomo con la sua vicenda.
LA CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO
sono rappresentate soltanto quattro persone: la vittima già inchiodata, i tre aguzzini che stanno capovolgendo la croce. I quattro uomini, disposti secondo le diagonali della tela, imprimono alla composizione un moto rotatorio, un moto lento, faticoso, e la luce dona ad essi plasticismo distinguendoli dall'ombra.
LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO
la facoltà di concentrazione sul dramma è ancora più chiara. Caravaggio non rappresenta, secondo la tradizione iconografica, il momento della folgorazione. Qui ormai è già subentrato il silenzio, tutto è compiuto; Paolo giace in terra sul suo mantello aperto, gli occhi accecati, gambe e braccia aperte; il cavallo, ormai calmo, tenuto da un vecchio scudiero. Nella tela appaiono solo queste tre figure, fermate dalla luce, collegate l'una all'altra, così da suggerire lo spazio in profondità senza descriverlo nei suoi dettagli, rinunciando all'intelaiatura prospettica rinascimentale.
LA DEPOSIZIONE
il lastrone in bilico, visto d'angolo come se sorgesse al di qua della tela, rende il senso del movimento transitorio: è stato spostato per aprire la tomba e sarà nuovamente collocato al suo posto non appena il corpo sarà stato calato a terra. È l'ultimo atto della tragedia, sopra di esso si dispone il gruppo degli accompagnatori, scalato in profondità in una composizione piramidale, serrata geometricamente che conferisce calma nella tragedia; il dolore non esplode violentemente ma è dominato. Nessuno dei partecipanti recita un ruolo, ognuno, mentre agisce, medita profondamente.
LA MORTE DELLA VERGINE
anche questo dipinto venne rifiutato perché ritenuto scandaloso a causa della rappresentazione di Maria come una donna qualsiasi morta e gonfia: Maria, sdraiata scompostamente su un'asse, davanti a lei una ragazza del popolo seduta su una piccola sedia rozza, la testa china sul grembo, gli angeli piangono sconsolatamente; intorno ci sono gli apostoli addolorati, anch'essi legati al popolo. Si rimproverava alla tela l'assenza di decoro, la novità impedì di capire la concezione caravaggesca: la presenza di Dio presso gli uomini più umili, più diseredati, presso i poveri peccatori ed emarginati.
Nel 1606, durante una rissa per una banale discussione in una partita a pallone, Caravaggio uccide un rivale. Per evitare la condanna fugge da Roma dove non tornerà più. Sarà costretto a continui spostamenti nell'attesa della grazia. Nel frattempo continuerà a dipingere per sopravvivere.
SETTE OPERE DI MISERICORDIA
La luce artificiale assume un alto significato espressivo, colpisce alcune parti evidenziandole, altre le lascia nel buio della notte. Così la nostra attenzione è polarizzata da coloro che compiono gli atti misericordiosi e da chi li riceve, mentre la madonna con il bambino assiste con viva partecipazione alla scena. Le sette opere di misericordia evangeliche sono contenute tutte in un unico dipinto. L'affollamento di tante figure e le difficoltà ad individuarne i singoli atti, può forse distrarre l'attenzione dei fedeli, ma accentua la drammaticità degli eventi con i continui sbalzi di luce in contrasto con l'ombra densa.
LA DECOLLAZIONE DEL BATTISTA
le figure, disposte a semicerchio, risaltano sia per la luce, sia per l'arco a volta che le inquadra. L'illuminazione è determinante: provenendo lateralmente accresce l'esistenza volumetrica dei protagonisti e li stacca dall'ombra.

IL CARAVAGGISMO
al contrario dei Carracci, Caravaggio non aveva discepoli diretti nè collaboratori, un po' per l'asprezza del carattere ma molto di più per l'originalità e la forza della sua concezione. Tuttavia la sua pittura ha avuto un peso storico di grande portata in tutta Europa, così che, accanto e in opposizione alla corrente Carraccesca, si suole parlare anche di una corrente caravaggesca. Di Caravaggio hanno risentito in molti, i pittori di questa corrente recepiscono le novità dell'illuminazione laterale che colpisce con forza alcune parti lasciandone altre in ombra.
GIAN LORENZO BERNINI (Napoli 1598, Roma 1680)
architetto, scultore, pittore, scenografo, costumista, commediografo, realizza concretamente l'unione di tutte le arti che è uno degli ideali del seicento. Il barocco con la sua teatralità è l'arte della Chiesa cattolica, il Bernini è il maggiore rappresentante di quest'arte, esprime il trionfalismo della controriforma ed è perciò l'artista dei papi. La vastità dei suoi interessi gli permette di concepire ciò che progetta in una collocazione urbana globale. Il Bernini si forma con il padre e con il quale collabora ad alcune opere come ad esempio la fontana della barcaccia. La cultura del Bernini, trasferitosi a Roma insieme al padre, si forma sul patrimonio classico, che resterà sempre alla base della sua cultura.
IL DAVID
il Rinascimento ha visto in David l'uomo eroe, dominatore delle forze avverse con la superiorità della ragione, e lo ha presentato immobile, cosciente della propria virtù. Bernini lo coglie invece nell'attimo in cui sta per scagliare il sasso. Lo obbliga perciò a ruotare sulle gambe divaricate e a curvarsi sul busto, deviando l'asse verticale mentre volge la testa con gli occhi intenti nel prendere la mira.
APOLLO E DAFNE
c'è la stessa rapidità di moto del David ma il significato è diverso, qui l'azione si stempera in un'elegante atteggiamento ballettistico. Il dramma, la violenza, scompaiono nel disporsi delle due figure secondo una linea obliqua, che partendo dalla gamba sinistra di Apollo sale fino alla mano destra della ninfa. L'opera è esemplare della nuova mentalità seicentesca.
CARDINALE SCIPIONE BORGHESE
Bernini è anche un eccellente ritrattista. L'alto prelato viene qui rappresentato nei suoi elementi umani, mentre volge il viso bonario per prestare attenzione ad un immaginario interlocutore. Il busto segue un modulo curvilineo dettato dalla rotondità del viso. Il volto è mosso per renderne la maturità, la veste è levigatissima per ottenere le lucentezza della seta.
COSTANZA BONARELLI
è vista nella sua personalità di giovane donna che vive la vita giornaliera a contatto con gli altri.
IL BALDACCHINO DI SAN PIETRO
il suo debutto come architetto è clamoroso, a soli 26 anni gli viene affidato il compito di creare il baldacchino per San Pietro. Si trattava di mettere in relazione il progetto con la cupola di Michelangelo. Bernini non costruisce un'edicola stabilmente poggiata su colonne e gravitante verso il basso, erige invece un baldacchino, un elemento apparentemente mobile. Le colonne di bronzo sono tortili che imprimono un moto dilatatorio orizzontale che si propaga verso i quattro pilastroni che sostengono la cupola, scavati in nicchie per riceverne la spinta. In queste nicchie l'architetto collocò altrettante statue colossali. Il baldacchino anche se maestoso nelle proporzioni si alleggerisce per le forme architettoniche, e a ciò contribuisce anche la scelta cromatica, il bronzo cupo, animato dalle decorazioni auree, si profila contro la luce diminuendone l'ingombro.

MONUMENTO FUNEBRE DI URBANO VIII
Nel 1642 Bernini riceve l'incarico dal Papa di scolpirne il monumento funebre nell'abside di San Pietro. In questo caso lo scultore doveva tener conto del monumento a Paolo III posto nella nicchia di fronte e in qualche modo uniformarvisi. Le due figure allegoriche sono in piedi, ambedue inclinate verso il centro, determinando una spinta verso l'alto che si conclude nella figura del pontefice con il braccio alzato a benedire. Alla concezione statica cinquecentesca si viene contrapponendo una concezione dinamica, cui contribuisce la varietà cromatica dei marmi e del bronzo. I colori cupi esaltati dal contrasto bianco del marmo del basamento riportano al tema funebre, forse per questo che sopra il sarcofago c'è uno scheletro alato che scrive in lettere d'oro il nome del papa su un libro nero.
L’ESTASI DI SANTA TERESA
è una delle opere più famose e discusse, mentre tutti riconoscono l'eccezionale abilità tecnica nel trattamento del marmo, molti le rivolgono almeno due critiche fondamentali: la spettacolarità teatrale e una specie di ambiguità nell'abbandono della Santa in un'estasi d'amore più terreno che divino. Bernini è cosciente della sua teatralità e lo denuncia con chiarezza ponendo il gruppo in una rientranza sopra elevata come fosse un palcoscenico e sui due lati della cappella scolpisce in rilievo i membri della famiglia CORNARO entro logge come se assistessero ad uno spettacolo teatrale. In questa realtà c'è la risposta alla seconda critica, essendo un attore si può rendere visibile l'amore divino solamente con gli atteggiamenti del corpo che è fisico e reale.
LA FONTANA DEI QUATTRO FIUMI
il nuovo papa, Innocenzo X, intendeva ornare piazza Navona con una fontana. Aveva perciò bandito un concorso ma nessuno dei progetti presentati gli era piaciuto. Bernini riesce a fare avere un suo bozzetto a donna Olimpia, cognata del Papa. Il bozzetto piacque tanto che l'incarico fu affidato al Bernini. L'opera è rivoluzionaria, la forma è costituita da un obelisco antico sostenuto da una scogliera naturale, aperta in basso da una sorta di grotta, sulla quale siedono le quattro figure che simboleggiano i fiumi dei quattro continenti allora noti. L'idea fondamentale è nella libera invenzione della roccia lasciata grezza e trattata in contrasto con il gravare statico dell'obelisco.

LA CATTEDRA DI SAN PIETRO
La cattedra è un seggio ligneo che la tradizione identifica con quella che servì all'apostolo Pietro per la sua missione di successore di Cristo e di vescovo di Roma. Bernini la riveste con un maestoso trono che funge da teca e che colloca al centro dell’abside sostenuto da quattro enormi statue di santi, mentre al di sopra, entra la luce da una finestra con lo spirito Santo al centro di una raggiera dorata. La cattedra è rappresentata in volo, dalla finestra entra sfolgorante la luce reale, trasformata dai vetri e dai raggi in luce ultraterrena. La collocazione è studiata in relazione prospettica con il baldacchino, che le fa da cornice.
IL COLONNATO DI SAN PIETRO
è l'opera più importante del Bernini e porta a compimento la ricostruzione della basilica iniziata più di un secolo prima. Bernini giunge alla soluzione del problema creato da Carlo Maderno costruendo un colonnato a pianta ellittica con l'asse maggiore disposto orizzontalmente alla facciata e unito alla basilica mediante due corpi rettilinei divergenti in modo da costruire due piazzali attigui. L'idea del Bernini è importante: le due ali curveggianti non sono costituite da una costruzione compatta e non sono perciò un confine fra l'area sacra e quella laica, ma al contrario invitano al passaggio in ogni punto. L'ellisse del colonnato è staccato dalla facciata della Chiesa così da portare lo spettatore alla distanza giusta per apprezzare la cupola di Michelangelo. L'impianto prospettico è basato su due punti di vista in corrispondenza con gli ingressi che originariamente avvenivano da due strade separate dai borghi vecchio e nuovo, distrutti nel 1937 per aprire l'attuale via della conciliazione e vanificando così l'idea dell'architetto.
LA SCALA REGIA
nella scala regia il Bernini riesce a rendere il significato di ascensione, pur avendo a disposizione uno spazio angusto, mediante il doppio colonnato ionico e ad un semplice accorgimento prospettico in cui le pareti laterali convergono dal basso verso l'alto. Qui la prospettiva è usata come mezzo per esaltare la grandezza della Chiesa cattolica.
SANT’ANDREA AL QUIRINALE
La piccola chiesa riprende nella pianta la forma ellittica del colonnato di San Pietro. L'ellisse esprime tensione e dinamismo ed è perciò la pianta barocca. Ancora una volta l'asse maggiore è in senso trasversale, così che il decentramento avviene lateralmente, mentre varcato l'ingresso, l'altare, si presenta avvicinato lungo l'asse minore. Lo spazio si espande tutt’intorno nelle nicchie divise da pilastri e in alto nella cupola che conclude l'edificio.
FRANCESCO BORROMINI (canton ticino 1599, Roma 1667)
è il grande antagonista di Bernini: Bernini è estroverso, crede nel valore universale della sua opera ed è l'interprete del trionfo della Chiesa cattolica; Borromini è introverso, la verità per lui è una ricerca dubbiosa che parte dal basso, dall'intimità di ogni persona. I suoi spazi sono limitati, usa materiali poveri che nobilita con l’intelligenza della forma. La sua carriera è piena di amarezze e delusioni che lo porteranno a togliersi la vita trafiggendosi con una spada.
IL CHIOSTRO E LA CHIESA DI SAN CARLO ALLE QUATTRO FONTANE
a questo complesso architettonico lavora in due momenti diversi, uno all'inizio e uno alla fine della sua carriera. Dapprima costruisce il convento con il chiostro e l’attigua chiesa, della quale costruisce la facciata solo alla fine della sua vita. Il chiostro ha forme cinquecentesche con un porticato con forti colonne tuscaniche, collegate con architravi con doppia cornice sporgente e alternati ad archi. La solennità cinquecentesca è solo apparente, gli angoli sono tagliati da corpi obliqui disposti su una linea convessa, come se lo spazio fosse premuto a forza. La luce scende verticalmente diminuendo via via di intensità fino alla penombra del portico. La Chiesa ha pianta ellittica, disposta longitudinalmente, ottenendo un senso di compressione invece che di dilatazione. La facciata è un capolavoro ed è la sintesi dell'arte del Borromini. Innanzitutto la posizione obbligata, ma particolarmente adatta al Borromini, stacca con decisione la facciata, sia per il colore del materiale sia per le colonne che la fiancheggiano, il cui movimento si conclude proiettandosi in direzione opposta.
L’ORATORIO DEI FILIPPINI
la facciata non si allinea agli edifici attigui, ma se ne stacca, sia per la sporgenza dei pilastri laterali sia perché è concava. La concavità determina un'incidenza della luce variata sulla superficie e sulle numerose sporgenze e rientranze. La contraddizione degli elementi è il motivo conduttore dell'arte del Borromini. Nella facciata la concavità dell'insieme si oppone alla convessità del balcone e del sottostante volume in cui si apre il portone.
LA GALLERIA DI PALAZZO SPADA
è servita da precedente per la costruzione della scala regia del Bernini. Mediante l'impianto prospettico Borromini realizza una vasta profondità spaziale visiva con una lunghezza reale di appena 9 m.
SANT’IVO ALLA SAPIENZA
è una delle opere più interessanti, la pianta è costituita da due triangoli equilateri sovrapposti e invertiti, ma gli angoli sono tagliati da linee curve alternativamente concave e convesse. L'attenzione dello spettatore è attirata dall'andamento mosso delle pareti che si propaga verso l'alto culminando nel lanternino della cupola. Anche all'esterno si ripetono concavità e convessità e la forma triangolare.
SAN GIOVANNI IN LATERANO
il Borromini riceve finalmente le prime commissioni papali, viene incaricato di rimodernare la basilica di San Giovanni in laterano. Il tempo a disposizione era brevissimo e il Papa voleva mantenere la struttura originale, il pavimento e il soffitto ligneo del cinquecento. Condizionato da questi limiti l'architetto decide di rivestire le antiche strutture con le nuove come fossero racchiuse in una grande teca. Nel rivestimento Borromini acceca cinque Intercolumni, alternandoli alle arcate e divide le superfici con paraste ad ordine unico.
SANT’AGNESE
l'edificio era già stato iniziato e il Borromini dovette modificarlo per imprimergli la sua personalità. Nell'interno smussa gli angoli dando la forma ellittica alla primitiva pianta a croce greca. La facciata è stata portata a termine da altri, ma mantiene almeno l'impianto del Borromini. Trae spunto da quella di San Pietro, ma assume un aspetto diverso perché, all'andamento rettilineo delle ali, contrappone la cavità del corpo centrale e a questa il pronao, mentre la cupola domina il complesso edilizio e la orizzontalità frontale è equilibrata da due campanili leggeri e mossi.
I GENERI PITTORICI NEL XVII E NEL XVIII SECOLO
LA NATURA MORTA
La natura morta è un tipo di rappresentazione pittorica che consiste nel ritrarre oggetti inanimati. Solitamente gli oggetti ritratti sono frutta e fiori, ma anche oggetti di vario tipo, come strumenti musicali, oltre che selvaggina, pesci ed altri animali. La natura morta si configura come genere autonomo solo all'inizio del XVII secolo, tuttavia troviamo esperienze figurative più antiche. L’attenzione per la raffigurazione dell’oggetto si ripresenta solo dopo secoli, a partire dal 1300 quando la cultura presta attenzione al valore simbolico degli oggetti, come ad esempio i teschi che rappresentano il memento mori e la vanitas, o i fiori appassiti che ricordano all’uomo che la bellezza è effimera è passeggera. Spesso si tratta di moniti. L’oggetto è simbolo di un messaggio e non fine a se stessa. Nel XV secolo le origini del genere vanno collegate alla pittura fiamminga. Nel XVI secolo cresce l'attenzione verso la rappresentazione di oggetti e forme del mondo naturale. Il secolo XVII conosce un notevole sviluppo delle opere raffiguranti natura morta. Fra i numerosi pittori che vi si dedicano con particolare fortuna, possiamo ricordare Caravaggio.
LA VEDUTA
non è certo la prima volta che la pittura italiana tratta la veduta naturale. Nel passato la città e la natura, sebbene assumano nel quadro un ruolo non secondario, servono come scenari per il fatto narrato dal pittore. È soltanto nel settecento che la "veduta", indipendentemente dalla presenza attiva dell'uomo, diventa protagonista. La veduta è un documento oggettivo di luoghi o eventi storici che esercita una straordinaria attrazione per la vita presente e per le vestigia del passato e per lo straordinario fascino della sua bellezza. Si tratta di vedute perlopiù scrupolosissime. Per ottenere maggiore verità di quanto non possa restituirla l'occhio umano, ci si servirà di uno speciale apparecchio chiamato "camera ottica"; uno strumento che, facendo passare all'interno, mediante un piccolo foro, i raggi della luce, permetteva di proiettare l'immagine della realtà sulla superficie opposta, dove appariva capovolta e sfocata. Raddrizzata e resa nitida con lenti e specchi veniva ricalcata dall'operatore. Questo è uno strumento necessario, nella concezione illuminista, per riscoprire l'oggettività razionale della prospettiva, dopo che il virtuosismo scenografico barocco aveva tolto all'occhio umano la possibilità di recepire con chiarezza la realtà. Le vedute erano ritenute dai teorici del tempo un genere inferiore. Il vedutismo settecentesco ha due filoni principali: l'uno si dedica al paesaggio di fantasia; il secondo preferisce riprodurre oggettivamente la realtà.
IL CANALETTO (Udine 1663, 1729)
è il primo importante vedutista veneziano, anch'egli si serve della camera ottica, ma le sue vedute non sono immagini anonime riprodotte ad uso dei turisti. Il Canaletto opera in ambiente veneziano, i suoi paesaggi ricchi d'acqua sono resi minuziosamente. Cura case, edifici, aggiungendo qualche volta anche persone ma il suo soggetto è il paesaggio. Al Canaletto interessa soprattutto la luce che, riflessa sull'acqua, crea degli effetti interessanti sulle facciate degli edifici.
FRANCESCO GUARDI’ (Venezia 1712, 1793)
i suoi temi preferiti sono le immagini di Venezia, osservata con l'occhio della memoria affettiva e vissuti nella coscienza interiore e trasfigurati nella realtà. Il suo disegno è meno definito, cura molto meno gli edifici e le persone, definiti solo da piccoli tocchi di colore. Le sue immagini sono molto suggestive e ricche di luce.
LA SCENA DI GENERE
La pittura di genere, che si traduce nella pratica delle scene di genere, è una rappresentazione pittorica che ha per soggetto scene ed eventi tratti dalla vita quotidiana; ad esempio mercati, faccende domestiche, interni o feste. La pittura di genere, rappresentando aspetti della vita di tutti i giorni, fu a lungo considerata un genere "minore", decisamente inferiore per valore alla pittura storico-religiosa. I grandi committenti non erano interessati a questo tipo di opere, solitamente di piccolo formato, che ebbero, invece, una notevole fortuna e diffusione tra la borghesia e i mercanti. Molto decisa, piena di vita e variamente articolata, è nel corso del Settecento la realizzazione della "pittura di genere", con temi vicini alla vita di ogni giorno, soprattutto popolana, e ritratti di indigenti, pezzenti, soldataglia, piccoli venditori, donne mentre sono dedite ai lavori della casa, ed altro di simile: a rappresentare è l'occhio che guarda la realtà, ma nell'insieme più come gusto della stravaganza, ai limiti dell'efferatezza, che non come esplorazione intellettuale o coinvolgimento morale. Gli artisti di questo tipo di pittura sono quasi tutti fiamminghi, olandesi, austriaci e tedeschi; molti dei quali sono attivi anche in Italia.
GIOVAN BATTISTA TIEPOLO (Venezia 1696, Madrid 1770)
è il più grande pittore del secolo, l'ultimo dei grandi pittori italiani. Tiepolo si orienta sul forte costruttivismo chiaroscurale ma con una diversa sensibilità coloristica per ricavarne una luminosità più intensa. Otterrà una quantità e una qualità di luce che nessun altro sarà mai capace di raggiungere.
RACHELE CHE NASCONDE GLI IDOLI
la storia biblica è un pretesto per mostrare un incontro raffinato di uomini e donne in un ambiente pastorale dove non vi è niente dell'autenticità della vita, ma tutto è visto con gli occhi della fantasia, composto come in una scena teatrale. La composizione è basata sulla forma piramidale suggerita dalla cornice, dal tendone e dalla convergenza verso l'alto degli alberi. È una forma in movimento, i protagonisti in conversazione, gli animali, i colori studiate secondo un moto progressivo che conduce dalla zona scura di destra alla luce del gruppo di sinistra.
PALA DEI GESUATI
in stretta concomitanza con la bellezza terrena della vergine e delle sante, la materia pittorica In un rifrangersi di luci rinviate e moltiplicate dalle superfici cromatiche in rapporto con il nero e con il candore della tonaca di Santa Caterina accostato al rosso vivo della veste e all'azzurro del manto di Maria.
AFFRESCHI DI PALAZZO LABIA
sulle pareti del salone dipinge due storie antiche: l'incontro di Antonio e Cleopatra e il banchetto di Cleopatra. I due fatti sono inseriti entro nicchie e architetture in prospettiva preparate appositamente. È interessante notare come Tiepolo interpreti episodi storici. La storia romana è tradotta da lui in un linguaggio settecentesco, Antonio e Cleopatra sono due attori che recitano la parte di eroi antichi, con abiti e atteggiamenti moderni. Tiepolo non è uno storico è un pittore, evita giustamente ogni ricostruzione di un mondo che non è il suo, limitandosi a ricrearlo fantasticamente.
LA SALA IMPERIALE DI WURZBURG
è un palazzo maestoso, costituito da un corpo centrale con due ali a squadra che racchiudono una corte anteriore e un vasto parco. Il tema proposto era l'esaltazione del principato. Nella sala imperiale si trattava più specificatamente di dimostrare il fondamento giuridico della sovranità civile del vescovo. Sul lato nord è rappresentato l'episodio fondamentale: il vescovo viene investito a duca di franconia dall'imperatore Federico Barbarossa, sul soffitto è rappresentato Apollo che conduce all'imperatore la sua promessa sposa, sul lato sud il matrimonio dei due celebrato dal vescovo. È dunque l'ideologia dell'assolutismo del sovrano "illuminato". Tiepolo presenta i due fatti storici sollevando il sipario su due scene teatrali.
DAL BAROCCO AL ROCOCO’
GUARINO GUARINI (Modena 1624, Milano 1683)
il maggior architetto del seicento torinese è teorico, architetto, filosofo e matematico. Nel 1666 è chiamato a Torino dal duca Carlo Emanuele II di Savoia per riprendere i lavori della cappella della Santa sindone.
LA CAPPELLA DELLA SANTA SINDONE
 La cappella, a pianta circolare, è collocata dietro l'abside del Duomo ed è adiacente al palazzo reale. La parte più interessante è la cupola, che, vista dall'interno, appare sorretta da sei ordini di archetti disposti a forma di esagono, sovrammessi e sfalsati, progressivamente più stretti dal basso verso l'alto. La posizione, lo slancio, il rapporto reciproco di questi archetti determinano un effetto dinamico. Tutto è calcolato matematicamente, ma, al tempo stesso, il ricco gioco della trama fa si che sia impossibile la percezione immediata delle ragioni tecniche e che lo spettatore sia dominato dalla meraviglia. All'esterno la cupola culmina in un'alta guglia.
LA CHIESA DI SAN LORENZO
La pianta è centrale con otto lati convessi, nei quali si aprono archi su colonne corinzie fiancheggiati da due strette luci architravate. Nella cupola si rinnova l'idea degli archi lanciati come ponti sottili, secondo un complicato disegno composto da otto costoloni interdipendenti che si diramano a coppie. Meno interessante è invece l'esterno della cupola.
PALAZZO CARIGNANO
c'è una contrapposizione di linee rette e curve, e, fra queste, di linee concave e convesse, ma con un ampio distendersi in latitudine e con un pittoricismo causato dalla variata incidenza della luce, dall'uso del materiale rosseggiante, dalle molteplici sporgenze e rientranze generate dal doppio ordine di semipilastri e dalle cornici delle finestre. All'andamento convesso della zona centrale corrisponde la forma ovale del salone delle feste, che condiziona la pianta di tutto l'edificio.
FILIPPO JUVARRA (Messina 1676, Madrid 1736)
Fra gli stati italiani, quello sabaudo, pur conoscendo periodi di decadenza è forse il più combattivo e vitale, soprattutto ad opera di Vittorio Amedeo II, il quale, riesce ad allargare progressivamente i propri domini, giungendo a trasformare il ducato in regno. L'ingrandimento di Torino fu affidato a Filippo juvarra. Le opere costruite dall'architetto sono numerosissime.
LA BASILICA DELLA SUPERGA
La pianta è dettata dalla posizione al vertice dell’altura: una forma rotante costituita da un cilindro, sormontato da una cupola, preceduto da un pronao e sostenuto lateralmente da due brevi corpi trasversali. Lo sviluppo verticale, la luminosità delle superfici ritmate da paraste e da colonne, i campanili ariosi, generano una leggerezza che non è turbata neppure dalla mole del vasto convento annesso alla basilica.
LA PALAZZINA DI STUPINIGI
non nasce come reggia ma come ritrovo per la caccia. È un edificio relativamente piccolo, imperniato su un salone centrale ellittico, che ne occupa tutta l'altezza ed è coperto da una cupola, sopra la quale è posta la statua di un cervo. Da questo salone scenografico si dipartono quattro bracci disposti a croce di Sant'Andrea, due dei quali, ora più bassi ora più alti, proseguono in lunghi corpi che si inseriscono nello spazio, realizzando completamente l'ideale settecentesco di vita in mezzo alla natura. Le numerose finestre permettono un interscambio tra esterno e interno.

LA REGGIA DI CASERTA
l'idea di far costruire una grande reggia e, attorno ad essa, una nuova città, a imitazione di versailles, come sede del sovrano e del governo, viene concepita dal nuovo re di Napoli e di Sicilia. Carlo VII è un sovrano moderno: promuovere forme in uno stato arretrato e povero, restaura le finanze, incoraggia gli scavi di Ercolano e Pompei. L'incarico di provvedere alla progettazione e alla realizzazione della nuova reggia viene affidato a Luigi Vanvitelli. L'architetto è allievo di Juvarra, studia i monumenti romani e i testi dei grandi trattatisti. Il piano per la reggia è grandioso: comprende, oltre al palazzo, la sistemazione del piazzale antistante, il vasto parco, la città e l'acquedotto. Questo progetto però non è stato realizzato completamente. Il palazzo ha forma rettangolare ed è costituito da quattro corpi ortogonali e da due bracci interni intersecati a croce. La facciata posteriore che guarda il vasto parco è più varia di quella anteriore perché mossa dai semipilastri che dividono le numerose finestre. La fronte esterna ha invece un andamento uniforme, la cui monotonia è rotta appena da lievi sporgenze. L'edificio però è progettato per essere visto nel complesso scenografico in cui è inserito. All'interno percorrendo la galleria che attraversa tutta la reggia si giunge nel punto di intersezione dei bracci, il vestibolo principale, vero nucleo del palazzo. Il vestibolo è il punto di incontro di varie direttrici, che costituiscono spazi divergenti tipici delle scene teatrali settecentesche, con un impianto dinamico che prosegue anche nello scalone. È la parte più geniale, più creativa e al tempo stesso più disciplinata che rivela l'indirizzo artistico dell'architetto. All'interno è interessante la presenza del teatro di corte e della cappella. Il piazzale antistante la reggia, realizzato solo parzialmente, avrebbe dovuto avere forma ellittica.
LA RISCOPERTA DELL’ANTICO E IL NEOCLASSICISMO
con il termine neoclassicismo si usa indicare il periodo compreso tra la metà del settecento e i primi decenni dell'ottocento. Si è convinti di poter raggiungere un nuovo classicismo. Il neoclassicismo trova giustificazione storica nel razionalismo illuminista, che, nell'opposizione agli eccessi del barocco cerca quella chiarezza che sembra di poter riconoscere solo nella cultura classica. Già prima che abbia inizio la teorizzazione classica abbiamo riscontrato la tendenza di schiarire i colori ed evitare i contrasti chiaroscurali e a dare forma geometrica alle strutture. Il vero indiscusso teorico neoclassico è il tedesco WINCKELMANN. Il Winckelmann ritiene che l'opera d'arte sia espressione del bello ideale, raggiungibile non imitando la natura, ma sollevandola dai suoi difetti, o, meglio, scegliendo da essa le parti più belle e fondendole insieme. Winckelmann, ritenendo che soltanto i greci abbiano raggiunto il bello ideale, assume l'opera greca come modello da imitare. Il neoclassicismo è una corrente culturale ben definita e molto diversa da quel classicismo che è presente in tutto il corso della storia dell'arte europea, soprattutto italiana. L'opera d'arte dovrà perciò superare il movimento e il dramma. Poiché il padrone dei propri sentimenti è l'uomo, la più alta forma d'arte è la scultura che imita il corpo umano; attraverso la scultura sarà possibile esprimere una serena compostezza anche nel dolore. Il neoclassicismo sarebbe però limitativo considerarlo solo dal punto di vista del bello ideale perché il fine estetico non può essere disgiunto dall'ideale etico di un'epoca che è conseguenza sia delle teorie illuministiche sia della situazione storica. Nasce nuovamente il mito dell'eroe, l'uomo leggendario che, da solo, salva l'umanità. Ideale estetico e ideale etico sono dunque i due poli entro i quali si muove il neoclassicismo.
IL NEOCLASSICISMO
ANTONIO CANOVA (Treviso 1757, Venezia 1822)
è il maggiore scultore europeo dell'età neoclassica, che sintetizza e conclude la grande tradizione scultorea italiana. Interpreta al più alto livello le aspirazioni contemporanee al bello ideale e alla rinascita dell'arte antica. A Venezia, dove si trasferisce, ha modo di studiare il morbidi passaggi chiaroscurali delle sculture e, mentre frequenta la scuola di nudo dell'accademia, impara a conoscere il corpo umano dal vero, abituandosi a trasformarlo nelle forme classiche.
DEDALO E ICARO
è riscontrabile il naturalismo e l’idealizzazione delle figure, visibile nella struttura anatomica dei corpi e nel diverso trattamento del marmo che esprime le due età. La divergenza della parte superiore determina un sottile gioco chiaroscurale che conferisce vivezza.
MONUMENTO FUNEBRE DI PAPA CLEMENTE XIV
SI rifà a precedenti Berniniani, il gesto del Papa è forse più di protezione che di benedizione, se non addirittura un invito a entrare attraverso la porta sottostante. Lo scultore ha creato un moto ascendente che dalla figura di destra sale al pontefice. Sul tema funebre il Canova tornerà altra volta. Per la fede cristiana la morte non è che il momento di passaggio dalla vita terrena a quella eterna, per il razionalismo settecentesco essa è la fine. La tomba, che non ha nessun significato per chi vi viene collocato, può acquistarne uno soltanto per i vivi come ricordo di chi viene sepolto. È questo il significato che i contemporanei attribuivano ai monumenti funebri del Canova.
MONUMENTO FUNEBRE DI MARIA CRISTINA D’AUSTRIA
La tomba è raffigurata in forma piramidale a cui si adeguano perfettamente le figure leggermente oblique in avanti e sulla sinistra, i componenti del corteo che si accingono a penetrare nella tomba, con un movimento ritmico lento ma continuo. La tomba emerge frontalmente dalla parete di fondo, l'apertura scura al centro sembra condurci verso uno spazio buio e infinito al di là della parete stessa. Il procedere delle figure esprime una solenne meditazione sul senso della morte.
PAOLINA BORGHESE
era presentata nell'atteggiamento di Venere, vincitrice del pomo aureo. Giace semisdraiata su un letto, il busto nudo sollevato e sostenuto dal braccio destro appoggiato sui cuscini. La composizione permette un passaggio graduale dalla orizzontalità del giaciglio alla verticalità della testa, con un morbido andamento reso evidente dalla linea di contorno determinata dalla posa frontale e dallo stacco fra i colori del marmo e lo spazio che la circonda.
VENERE ITALICA
Canova ha steso un impasto rosato sulla statua per rendere meglio la bellezza del corpo femminile, colto nell'atto di raccoglimento mentre tenta di coprirsi.
EBE
avanza con la leggerezza di una danzatrice, in un perfetto e armonico bilanciamento del movimento di braccia e gambe, mentre la tunica rende visibili le modulazioni del seno, sospinta indietro dal lieve attrito dell'aria.
AMORE E PSICHE
Le ricerca di equilibrio si fa ancora più complessa per la posa divergente delle due figure che si uniscono tuttavia mediante l'incrocio delle diagonali che costringono lo spettatore a girargli intorno.











IL RINASCMENTO
GHIBERTI  (firenze 1378-1455)                                                         FRA GOTICO E                             
-porta del battistero                                                                           RINASCIMENTO
JACOPO DELLA QUERCIA (siena 1371,74-1438)
-tomba di ilaria del carretto
-fonte gaia
MASOLINO (arezzo 1383-firenze 1440)
-madonna col bambino
-il peccato originale
-il banchetto di erode
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BRUNELLESCHI (firenze 1377-1446)                                                GLI INIZIATORI DEL
-porta del battistero                                                                           RINASCIMENTO
-cupola del duomo di firenze
-ospedale degli innocenti
-cappella pazzi
-palazzo pitti
DONATELLO (firenze 1386-1466)
-david
-san giorgio
-banchetto di erode
-david del 1440
-cantoria
-altare di sant’antonio
-gattamelata
-maddalena
MASACCIO (arezzo 1401- roma 1428)
-trittico
-madonna col bambino e sant’anna
-adorazione dei magi
-cappella brancacci
-il tributo
-trinità
LEON BATTISTA ALBERTI (genova 1404- roma 1472)
-tempio malatestiano
-palazzo rucellai
-santa maria novella (facciata)
-sant’andrea
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BEATO ANGELICO (firenze 1400- roma 1455)                                LA PITTURA
-visitazione (varie)                                                                               FIORENTINA DELLA
-annunciazione (varie)                                                                        PRIMA META’
FILIPPO LIPPI (firenze 1406- perugia 1469)                                     DEL 400
-incoronazione della vergine
-il festino di erode
-morte della vergine
PAOLO UCCELLO (firenze 1397-1475)
-giovanni acuto
-caccia
ANDREA DEL CASTAGNO (firenze 1423-1457)
-ultima cena
-pippo spano
DOMENICO VENEZIANO (venezia 1406- firenze 1461)
-adorazione dei magi
-sacra conversazione
-annunciazione
PIERO DELLA FRANCESCA (arezzo 1410,20 -1492)
-flagellazione di cristo
-il battesimo di cristo
-incontro della regina di saba con salomone
-ritratti
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 I DELLA ROBBIA (Firenze 1400-1550 circa)                                    ARCHITETTI E
-cantoria (luca)                                                                                    SCULTORI FIORENTINI
-le terracotte invetriate                                                                     DEL 400
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POLLAIOLO (Firenze 1431-Roma 1498)                                          ARTISTI FIORENTINI
-david                                                                                                    DELLA SECONDA
-ercole e anteo                                                                                    META’ DEL 400
-ercole e anteo (statua)
-tomba di sisto IV
VERROCCHIO (Firenze 1435-Venezia 1488)
-david
-monumento funebre ai de medici
-putto con delfino
-statua equestre di colleoni
-battesimo di cristo
BOTTICELLI (Firenze 1445-1510)
-adorazione dei magi
- nascita di venere
-primavera
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ANTINELLO DA MESSINA (Messina 1430-1479)                            ARTISTI DEL 400
-san giorgio nello studio                                                                    NELL’ITALIA DEL SUD
-san Sebastiano
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MANTEGNA (Padova 1431-Mantova 1506)                                   RINASCIMENTO
-san Sebastiano                                                                                   A PADOVA
-pala di san zeno
-crocifissione
-orazione nell’orto
-camera degli sposi
-sacra conversazione
-morte della vergine
-cristo morto
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I LOMBARDO (Bergamo-Venezia tra il 1435 e il 1550)                 RINASCIMENTO
-palazzo dario                                                                                      A VENEZIA
CODUSSI (Bergamo 1440-Venezia 1504)
-san michele in isola
-san zaccaria
-palazzo vendramin
GIOVANNI BELLINI (Venezia 1430-1516)
-orazione nell’orto
-presentazione al tempio
-pietà
-madonna col bambino
CARPACCIO (Venezia 1460,65-1525,26)
-miracolo della reliquia della croce
-il sogno di sant’orsola
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COSME’ TURA (Ferrara 1430-1495)                                                 I FERRARESI
-pietà
DEL COSSA (Ferrara 1436-Bologna 1478)
-il lavoro delle donne
-i mesi (marzo e aprile)
DE ROBERTI (Ferrara 1450-1496)
-madonna e santi
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BRAMANTE (Urbino 1444-Roma 1514)                                           IL RINASCIMENTO
-chiesa di santa maria                                                                        MEDIO O MATURO
-palazzo della cancelleria
-tempietto di san pietro montorio
LEONARDO (vinci 1452-Francia 1519)
-le varie opere
MICHELANGELO (Arezzo 1475-Roma 1564)
-le varie opere
RAFFAELLO (Urbino 1483-Roma 1520)
-le varie opere
GIORGIONE (Treviso 1477-Venezia 1510)
-pala di Castelfranco
-i tre filosofi
-la tempesta
-venere dormiente
TIZIANO (Belluno 1490-Venezia 1576)
-amore sacro e amore profano
-assunta dei frari
-pala pesaro
-venere di urbino
-danae
-ritratti
-carlo V a cavallo
CORREGGIO (Reggio Emilia 1489-1534)
-camera della badessa
-cupola del duomo di parma
-la notte
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FRA’ BARTOLOMEO (Firenze 1475-1517)                                       DAL CLASSICISMO
-giudizio universale                                                                             AL MANIERISMO
-vergine in trono tra i santi
-deposizione
ANDREA DEL SARTO (Firenze 1486-1530)
-punizione dei bestemmiatori
-natività di maria
-madonna delle arpie
-madona del sacco
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PONTORMO (Empoli 1494-Firenze 1556)                                       IL PRIMO
-visitazione                                                                                           MANIERISMO
-deposizione
ROSSO FIORENTINO (Firenze 1495-Francia 1540)
-deposizione
PALMA IL VECCHIO (Bergamo 1480-Venezia 1528)                      ROMA E VENEZIA
-le tre sorelle
-madonna in trono tra i santi
LORENZO LOTTO (Venezia 1480-Ancona 1556)
-san gerolamo penitente
-madonna col bambino
-storie di santa barbara
SEBASTIANO DEL PIOMBO (Venezia 1485-Roma 1547)
-pala di san giovanni crisostomo
-pietà
PERIN DEL VAGA
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SAVOLDO (Brescia 1480,85-Venezia 1548)                                    PROVINCE LOMBARDE
-maddalena al sepolcro                                                                     SOTTO VENEZIA
-san matteo e l’angelo
MORETTO (Brescia 1498-1554)
-pala rovelli
ROMANINO (Brescia 1484,87-1560)
-san matteo e l’angelo
-cristo incoronato di spine e ecce homo
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PARMIGIANINO (Parma 1503-Cremona 1540)                              EMILIA
-storie di diana e atteone
-madonna dal collo lungo
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GIORGIO VASARI (Arezzo 1511-Firenze 1574)                               TARDO MANIERISMO
-gli uffizzi                                                                                              TOSCO-ROMANO
-corridoio vasariano
FRANCESCO SALVIATI                                                                         FIRENZE
BRONZINO (Firenze 1503-1572)
-lo studiolo del principe
AMMANNATI (Firenze 1511-1592)
-fonte di piazza
-palazzo pitti
-ponte a santa trinità
CELLINI (Firenze 1500-1571)
-saliera
-perseo
-narciso
VIGNOLA (Modena 1507-Roma 1573)                                            ROMA
-palazzo dei banchi (facciata)
-tempietto di sant’andrea
-chiesa del gesù
-villa giulia
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SANSOVINO (Firenze 1486-Venezia 1570)                                     TARDO MANIERISMO
-palazzo della zecca                 
-palazzo corner                                                                                    VENEZIA
-libreria di san marco                                                                          ARCHITETTURA E
SANMICHELI (Verona 1484-1559)                                                    SCULTURA
-palazzo grimani
PARIS BORDON
ANDREA PALLADIO (Padova 1508-Vicenza 1580)
-basilica palladiana
-palazzo chiericati
-la rotonda
-villa barbaro
-san giorgio maggiore
-chiesa del redentore
-loggia del capitanio
-teatro olimpico
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TINTORETTO (Venezia 1518-1594)                                                  PITTURA                                               
-liberazione di uno schiavo
-ritrovamento del corpo di san marco
-cristo davanti a pilato
-salita al calvario
-la crocifissione
-adorazione dei pastori
-il paradiso
-ultima cena
VERONESE (Verona 1528-Venezia 1588)
-madonna in trono
-decorazione di villa barbaro
-festino in casa di levi
-calvario
-sacra famiglia con santi
JACOPO BASSANO (Vicenza 1515-1592)
-riposo nella fuga in egitto
-decollazione del battista
-adorazione dei magi
-scena campestre

IL BAROCCO
I CARRACCI (Bologna, Pisa, Roma dal 1555 al 1619)
-annunciazione (ludovico)
-la macelleria (annibale)
-il mangiafgioli (annibale)
-nozze mistiche di santa caterina (annibale)
-trionfo di baco e arianna  (annibale)
-fuga in egitto (annibale)
CARAVAGGIO (Bergamo 1573-Grosseto 1610)
-canestra di frutta
-bachino malato
-riposo nella fuga in egitto
-san matteo e l’angelo
-la vocazione di san matteo
-il martirio di san matteo
-la crocifissione di san pietro
-la conversione di san paolo
-la deposizione
-morte della vergine
-decollazione del battista
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CARLO MADERNO (canton ticino 1556-Roma 1629)                    ARCHITETTI E
-sant’andrea della valle                                                                      SCULTORI
-san pietro (facciata)
BERNINI (Napoli 1598-Roma 1680)
-david
-apollo e dafne
-i busti
-baldacchino di san pietro
-palazzo barberini
-monumento funebre a urbano VIII
-estasi di santa teresa
-fontana dei quattro fiumi
-cattedra di san pietro
-colonnato di san pietro
-scala regia
-sant’andrea al Quirinale
-costantino
BORROMINI (canton ticino 1599-Roma 1667)
-san carlo alle quattro fontane
-oratorio dei filippini
-galleria di palazzo spada
-sant’ivo alla sapienza
-santa agnese
PIETRO DA CORTONA (Arezzo 1596-Roma 1669)
-santa maria della pace
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GUIDO RENI (Bologna 1575-1642)                                                   LA CORRENTE
-l’aurora                                                                                                CARRACCESCA A
-strage degli innocenti                                                                        BOLOGNA E ROMA
Atalanta e ippomene
GUERCINO (Ferrara 1591-Bologna 1666)
-paesaggio al chiaro di luna
-il figliol prodigo
LANFRANCO (Parma 1582-Roma 1647)
-assunzione di maria (affresco cupola)
PIETRO DA CORTONA (Arezzo 1597-Roma 1669)
-gloria dei barberini
-la sala di martedì
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GUARINO GUARINI (Modena 1624-Milano 1683)                         L’ARTE DEL 600
-cappella della santa sindone                                                            A TORINO
-san lorenzo
-palazzo carignano
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JUVARRA (Messina 1676-Madrid 1736)                                          IL 700 A TORINO
-palazzo reale
-palazzo madama di torino
-la superga
-palazzina dei stupinigi
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VAVINDELLI (Napoli 1700-Caserta 1773)                                        ITALIA MERIDIONALE
-la reggia di caserta
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TIEPOLO (Venezia 1696-Madrid 1770)                                            VENEZIA
-rachele che nasconde gli idoli
-madonna con le sante
-l’incontro di antonio e Cleopatra
-sala imperiale di wurzburg
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IL RITRATTO
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LA SCENA DI GENERE
PETRO LONGHI (Venezia 1702-1785)
-la lettera del moro
-il rinoceronte
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LA NATURA MORTA
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IL PAESAGGIO
POUSSIN
LORRAINE
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LA VEDUTA
CANALETTO (Venezia 1697-1768)
-rio dei mendicanti
-il ritorno del bucintoro
-il molo con la libreria e la colonna disan teodoro
BELLOTTO (Venezia 1721-Varsavia 1780)
-la piazza del mercato di pirna
GUARDI’ (Venezia 1712-1793)
-pranzo a palazzo ducale
-rio dei mendicanti
-gondola sulla laguna
CARLEVARIJS (Udine 1663-1729)
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PIRANESI (Treviso 1678-Roma 1720)
-santa maria del priorato
IL NEOCLASSICISMO
CANOVA (Treviso 1757-Venezia 1822)
-dedalo e icaro
-monumento funebre di clemente XIV
-monumento funebre di maria cristina d’austria
-napoleone
-paolina borghese
-venere italica
-ebe
-amore e psiche


With love , D. 

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