domenica 12 maggio 2013

Percorsi nel paesaggio


Capitolo 1 Primi passi nel paesaggio geografico
Per paesaggio fisico in geografia si prendono in considerazione clima, le forme del rilievo, l’idrografia, i suoli, la vegetazione, per un’analisi specifica. Un aspetto importante del paesaggio naturale è quello della copertura vegetale: viene analizzata sia attraverso la distribuzione di specie che di associazioni vegetali. Si cerca anche di individuare le relazione che legano la vegetazione agli altri caratteri del paesaggio. Il paesaggio è un dato sensibile che permette di risalire ad un insieme concreto di forme e fenomeni tra loro legati da mutui rapporti entro una porzione di sfera terrestre. E’ quindi il prodotto visibile dell’interrelazione di numerosi fattori. Il paesaggio non è statico ma è caratterizzato da rapporti tra forme e fenomeni. L’uomo nel paesaggio è attore perché contribuisce a caratterizzare un territorio e spettatore perché osserva ciò che ha costruito. IL paesaggio può essere studiato in modi diversi: in relazione all’ambiente natura, alla struttura socio-economica, all’evoluzione storica, a quella culturale e agli aspetti soggettivi e percettivi. Quando il geografo studia il paesaggio costruito, vissuto e percepito dall’uomo considera le forme dell’antropizzazione, cioè le forme introdotte dall’uomo tramite le sue molteplici attività. Analisi descrittiva: descrivere un paesaggio senza limitarsi agli aspetti più evidenti ma entrando nello specifico. Vi sono fenomeni non visibili o avvertibili per l’uomo che sono tuttavia determinanti, come i fenomeni climatici. Il paesaggio geografico è inteso come la complessa combinazione di oggetti e fenomeni legati tra loro da rapporti funzionali. L’uomo ha da sempre modificato l’ambiente naturale per sfruttare le risorse che questo offre, il paesaggio rispecchia i valori della società che in esso vive e opera; può quindi essere considerato testimone della cultura di questa società. Attraverso il paesaggio si può quindi comprendere quali siano i valori dominanti in essa. Il paesaggio può essere considerato come un sistema di segni. I paesaggi agricoli tradizionali sono la testimonianza di un’attenzione scrupolosa al territorio e al mantenimento delle risorse nel tempo. Le componenti del paesaggio possono quindi costruire delle preziose testimonianze di un modo di vita del passato oppure essere segni delle nuove modalità con cui l’uomo si relaziona con l’ambiente. La cultura della società industriale ha infatti molto spesso stravolto la struttura paesaggistica preesistente. E’ importante allora analizzare tanto il presente quanto il passo per capire meglio i mutamenti avvenuti. Da una parte il miglioramento del tenore di vita è un valore indiscutibile, dall’altro però la completa rottura con il passato potrebbe corrispondere ad una fratture anche culturale tra generazione ad una perdita di valore e di identità sociale.  Nell’analisi del paesaggio non può prescindere l’analisi della dimensione soggettiva, dal modo in cui ciascuno, osservatore esterno (outsider) o fruitore interno (insider) di un paesaggio, si crea delle immagini del paesaggio stesso, attribuisce valore ai diversi elementi, oppure dà loro un preciso significato simbolico. Ciò che si vede esiste indipendentemente da noi, ed è d0altra parte visto e sentito differentemente dagli uomini che sono gli utenti. L’analisi della percezione del paesaggio è fondamentale anche in prospettiva di pianificazione paesistica, partendo dal presupposto che non è tanto la realtà che influenza i comportamenti quanto piuttosto l’idea che ci si è fatti di essa. Esistono delle variabili che entrano in gioco nella formazione dell’immagine del paesaggio da parte del singolo individuo, alcune di tipo collettivo, sociale, influenzate dalla cultura dominante, altre di categoria, altre ancora legate alla personalità, alla sensibilità. Tali variabili svolgono la funzione di filtri che si pongono tra l’individuo e il paesaggio attraverso cui si forma l’immagine mentale del paesaggio stesso. Le opere degli artisti e dei letterati molte volte contribuiscono a caricare di valenza simbolica alcuni elementi del paesaggio, anche le immagini pubblicitarie e la cinematografia giocano un ruolo importante nel determinare le conoscenze e i giudizi dell’uomo e nel rafforzare stereotipi superficiali. Il paesaggi è anche considerato un bene culturale e ambientale. Il benessere dell’uomo non è solo fisico (igiene, sicurezza) ma fanno parte di questo benessere anche la coscienza della propria identità culturale e il senso di appartenenza a una comunità e ad un territorio.
Capitolo 2 Un modello per il paesaggio
Il sistema realtà geografica è strutturato in due sottosistemi, quello delle dinamiche dell’ambiente naturale e quello delle dinamiche del gruppo umano, questi sono in continuo collegamento tra loro.
Il sistema paesaggio si divide in tre ambiti: caratteri fisici (rilievi, clima, vegetazione), caratteri dell’antropizzazione( gli insediamenti) e caratteri culturali (valori estetici e affettivi). I caratteri fisici e quelli dell’antropizzazione sono caratteri materiali, tangibili mentre quelli cultura sono immateriali, percepiti soggettivamente. Questi tre ambii sono strettamente interconnessi. Il sistema realtà geografica produce il sistema paesaggio. Gli elementi del paesaggio stesso hanno infatti sempre origine dalle dinamiche dei due sottosistemi, ambiente naturale gruppo umano, che costituiscono la realtà geografica. Non è possibile separare realtà geografica e paesaggio. Ci sono tre possibili percorsi di lettura di un paesaggio: la dimensione orizzontale che fa riferimento solo al sistema paesaggio e analizza le sue relazioni e i suoi elementi. La dimensione verticale che da un lato ricerca la ragione dei caratteri del paesaggio nei dati non direttamente manifesti e dall’altro considera il paesaggio come una delle fonti di informazioni utili per conoscere il territorio. La dimensione temporale considera il paesaggio come il risultato di tutte le forze che hanno agito nel paesaggio nel passato e oggi. Il sistema paesaggio può essere considerato come l’insieme di elementi, relazione e significati. La complessità paesaggistica aumenta con l’aumentare degli elementi del paesaggio, questa varietà è un pregio. La complessità aumenta anche quando le relazioni crescono quantitativamente e restano aperte ed elastiche. Il paesaggio è un sistema di segni e significati da interpretare, è necessario che ciascun segno abbia un proprio significato. Significato funzionale si tratta delle funzioni materiali che rispondo alla domanda “a che cosa serve concretamente?”. Significato simbolico tratta della funzione di simboli legati a valori estetici, culturali, immateriali, che si differenziano tra gli insiders e gli outsider poiché ognuno può attribuire al paesaggio significati simbolici differenti. Significato progettuale ovvero la progettualità delle intenzionalità. Gli elementi, le relazioni e i significati strutturano il sistema paesaggio e ne garantiscono il dinamico evolversi come sistema complesso; quando però il livello di complessità è troppo bosso o alto uno stimolo esterno può condurre il sistema al collasso.
Capitolo 3 Paesaggio come sistema in evoluzione
I paesaggio sono continuamente soggetti al cambiamento, sono sistemi che si evolvono come risposta ella modificazione continua dei due sottosistemi (ambiente naturale e gruppo umano) da cui hanno origine. Niente nel paesaggio cambia nello stesso tempo, alla stessa velocità o nella stessa direzione. Per paesaggio in equilibrio non si intende la fissità, la rigidità ma la stabilità della traiettoria di trasformazione, del dispiegarsi lento di un processo evolutivo. I modi con cui avvengono i cambiamenti della struttura di un sistema territoriale e la loro intensità sono spiegati sulla base delle modificazioni dei significati del sistema stesso e delle modificazioni dell’ambiente in cui esso è inserito. Per morfogenesi si intende la completa trasformazione del sistema che prende avvio quando l’ambiente esterno interagisce con il sistema fino al punto che esso cambia i propri obiettivi. Si perdono quindi la maggior parte degli elementi del sistema e ne vengono inseriti di nuovi. Si ottengono tre indicatori del cambiamento del paesaggio: l’omeostasi del sistema paesistico se la struttura non cambia, un adattamento progressivo in caso di trasformazioni parziali oppure una morfogenesi se il cambiamento coinvolge gran parte delle componenti. La resilienza è la capacità di un sistema di assorbire una perturbazione senza cambiare la sua struttura. Un importante elemento di resilienza è la disponibilità ad accettare ed integrare il rischio, il cambiamento. Il comportamento resiliente degli attori sociali presenta due aspetti: la capacità di adattamento e di apertura alla novità e la capacità di apprendere dal passato. Nel paesaggio è quindi importante sia il passato che il nuovo. Un territorio troppo stabile e nel quale si verificano pochi cambiamenti è anche poco resiliente. Si può quindi affermare che una struttura paesaggistica complessa, cioè ricca di elementi, relazione e significati, è anche multi stabile e può rispondere con un comportamento resiliente alle perturbazioni.
Capitolo 4 Paesaggio come sistema naturale: convergenze e divergenze concettuali
Arriviamo quindi a diverse definizioni di paesaggio. La prima: il termine paesaggio è attribuito ad una porzione di territorio nella sua realtà materiale, l’attenzione è concentrata sul sottosistema delle dinamiche dell’ambiente naturale. La seconda: la presenza dell’uomo nell’ambiente naturale resta piuttosto marginale o del tutto estranea, gli aspetti socio-economici, culturali, soggettivi non sono considerati. Il paesaggio così inteso non è colto nella sua funzione di testimone della cultura della società che lo ha costruito. La terza: Gli studi transdisciplinari, interdisciplinari caratterizzano l’analisi paesaggistica, nelle sue differenti prospettive. La quarta: il paesaggio è considerato non come un sistema statico, ma nel suo continuo evolversi, nella sua perenne modificazione. Infine: paesaggio, geosistema e sistema di ecosistemi sono termini che indicano una porzione di territorio o si riferiscono ad entità con una più o meno marcata dimensione spaziale. La sfera del paesaggio consiste in uno strutturato insieme di componenti che mostrano relazioni reciproche individuabili e che operano come un’unità complessa. Demek distingue i paesaggi naturali dai “geosistemi socio-economici”; i primi sono considerati come geosistemi aperti dotati di autoregolazione, i secondo sono creati dall’uomo. Il paesaggio culturale è una parte della superficie terrestre in cui coesistono geosistemi naturali e geosistemi socio-economici. Si possono distinguere paesaggi coltivati, nei quali la relazione è armoniosa, paesaggi disturbati, cioè le regioni intensamente utilizzare dall’uomo, ma dove c’è ancora una certa capacità di autoregolazione, e paesaggi devastati nei quali le possibilità di recupero sono possibili solo grazie a interventi sul geosistema socio-economico. Per geosistema si intende un sistema geografico naturale omogeneo legato ad un territorio, caratterizzato da una morfologia, un funzionamento e un comportamento, in cui si distinguono tre componenti: abiotiche, biotiche e antropiche. Si distingue dall’ecosistema dato che non ne condivide l’approccio biocentrico, che pone gli elementi non viventi come subordinati nell’analisi a quelli viventi. Il paesaggio è rappresentato come un sistema dinamico, risultato dell’evoluzione dello spazio e nel tempo di variabili di tipo fisico e di tipo antropico. L’ecologia del paesaggio considera il paesaggio come quella porzione della superficie terrestre che presenta aspetti fisici e biotici distinguibili, o anche una unità olistica comprendente tutte le componenti abiotiche, biotiche e i processi legati all’uomo. Per paesaggio si intende il territorio nella sua totalità, ma con un’attenzione particolare agli aspetti naturalistici, escludendo dall’analisi gli aspetti storici e culturali, e quelli estetici e percettivi, legati alle diverse soggettività. Questa disciplina si discosta dallo studio del paesaggio intesto come geosistema, in quanto l’attenzione è rivolta quasi esclusivamente alla componente biotica del sistema naturale. Gli elementi che determinano la struttura del paesaggio sono i singoli ecosistemi, i quali possono essere distinti in matrice, macchie, e corridoi. A queste diverse categorie di elementi vengono attribuiti diversi significati funzionali. Nell’ecologia del paesaggio la stabilità dei paesaggi è interpretata non come fissità ma come un processo in continuo di evoluzione. I disturbi non sono visti come elementi necessariamente negativi, ma fungono semplicemente da agenti di questo normale processo di evoluzione. Il disturbo assume un significato negativo quando non si giunge, dopo la sua introduzione, ad un successivo stadio di equilibrio. Si fa uso anche in questa disciplina della cartografia, così come delle fotografie aeree e da satellite. Il concetto di biodiversità viene inteso come varietà del mondo vivente. È importante salvaguardare la diversità paesistica non soltanto in termini di tipi paesistici ma anche in termini di livelli diversi di evoluzione degli stessi. L’ecologia del paesaggio considera l’uomo e gli ambienti antropizzati non come qualcosa di staccato, ma come parte di questi paesaggi: la proposta è di superare la sterile dicotomia tra l’uomo da una parte e la natura dall’altra. È possibile contrapporre all’idea che l’intervento dell’uomo sia necessariamente causa di danni ambientali la proposta di ricollocare l’uomo al suo posto nel mondo. Egli può garantire il migliore funzionamento del sistema, la sua stabilità, la sua capacità di risposta ai disturbi, grazie alle scienze.
Capitolo 5 Metodi e strumenti per l’analisi del paesaggio
Gli studi geografici si avvalgono spesso della possibilità di analizzare più aree distinte e di proporne il confronto: l’interpretazione delle forme e delle strutture si arricchisce grazie alla sottolineatura delle analogie e delle differenze. Il confronto in geografia è il campo di sperimentazione. L’analisi comparata dei paesaggi presenta numerosi vantaggi: essa aiuta a non dare niente per scontato e stimola un’attenta osservazione di tutti i particolari. Il confronti infatti fa sì che non si consideri come assoluto il proprio punto di vista e che si cerchino risposte in più direzioni. L’unità di paesaggio è intesa come area campione. (?? Non so se ho capito giusto!!) Le aree campione oggetto delle indagini particolari sono porzioni piccole rispetto alle regioni cui appartengono. Esse presentano alcune caratteristiche comuni: sono uniformi per quanto riguarda la morfologia; hanno estensione tale da permette alcune analisi quantitative complete. La scelta di prendere in considerazione aree campione di estensione limitate è stata dettata dalla necessità di compiere analisi di dettaglio. Le aree di studio considerate possono venire interpretate come unità di terre, cioè porzioni di superficie terrestre includente elementi ricorrenti che determinano una configurazione propria, distinguibile e definibile con la foto interpretazione. Gli elementi di terre sono costituiti invece dalla minima unità di superficie che, da sola o insieme ad altri elementi, caratterizza l’unità di terre. La maggior parte delle tecniche di classificazione e valutazione del paesaggio sono spesso finalizzate a determinare parametri quantitativi e indici per un’analisi sintetica di tutti i caratteri del paesaggio stesso. Le analisi quantitative comunque finalizzate sono esprimibili attraverso dati numerici, grafici, carte tematiche; richiedono precisione nel rilevamento, strumenti anche informatici. In genere è necessaria una prima fase analitica di ogni singolo carattere. I risultati della prima fase possono avere un grado elevato di attendibilità e oggettività ma, a volte, non si arriva a risultati soddisfacenti. I risultati delle analisi qualitative del paesaggio potrebbero apparire poco rilevanti o superficiali, essere richiedono invece grande impegno e notevole esperienza. Nella scelta di utilizzare metodologie di tipo quantitativo oppure qualitativo possono intervenire diversi fattori: l’attitudine del ricercatore e gli obiettivi dello studio, ma anche dal tipo di strumenti e materiali a disposizione per le indagini e del carattere stesso del paesaggio da analizzare. I dati dei censimenti della popolazione e dell’agricoltura forniscono indicazioni utili per inquadrare dinamiche del paesaggio entro l’evoluzione del contesto sociale ed economico. Nell’edizione a cinque colori la carta topografica alla scala 1:25.000 è un documento fondamentale nell’analisi del paesaggio, perché fornisce informazioni di base riguardanti tanto gli aspetti naturali quanto quelli dell’antropizzazione. La Carta Tecnica alla scala1:5.000 si dimostra utile soprattutto per le indagini di tipo quantitativo e per costruire carte tematiche per aree di piccole dimensioni. Le fotografie aeree sono uno strumento indispensabile e un documento molto ricco di informazioni per le analisi del paesaggio. Nella visione stetoscopica si possono infatti riconoscere con dettaglio sia i caratteri naturali che quelli antropici. Si ha quindi la possibilità di immergersi nel paesaggio. La fotografia aerea ha quasi la ricchezza di un video, esse possono costituire un documento fondamentale per lo studio dell’evoluzione del paesaggio. Problemi possono comunque sorgere a causa delle differenti scale e della qualità delle foto stesse. La conoscenza diretta dei luoghi, non mediata da filtri, è lo strumento attraverso cui meglio si possono cogliere i particolari significativi e la visione di insieme. È il momento in cui si confronta la propria posizione di outsider con quella di altri outsider e soprattutto con quella degli insider. Gli strumenti informatici, quali il foglio elettronico e i programmi di statistica, permetto di effettuare analisi quantitative dettagliate ed approfondite. Più specifico è l’uso dei Sistemi Informativi Geografici (G.I.S.) che, oltre a permettere la costruzione di carte tematiche, danno anche la possibilità di analizzare i dati rappresentati nelle carte stesse. Questo strumento informatico è piuttosto complesso e impegnativo.
Capitolo 6 Caso di studio n.1: il paesaggio carsico dei Colli Berici
L’area di riferimento è la porzione sud-occidentale dei Colli Berici, gruppo collinare che si eleva nella pianura veneta, a sud di Vicenza. Si tratta di un altopiano calcareo di piccole dimensioni, che a est è interrotto dall’ampia incisione della Val Liona. L’area è caratterizzata da un insediamento sparso, i due centri di Lonigo e di Alonte si trovano al piede delle colline e si espandono nella pianura circostante. Lonigo è sede di attività agricole, commerciali e artigianali, si arricchisce di monumenti architettonici, e in passato fungeva da centro di maggior rilievo sia economico sia culturale. Alonte è invece un piccolo paese agricolo che sta sviluppando di recente una zona artigianale e di piccole industrie. Il paesaggio della zona collinare acquista completa autonomia rispetto a quello della pianura circostante, i brevi tratti di vi versante ripido sono sufficienti a creare un confine tra i due ambienti. Sull’altopiano, a causa del substrato quasi completamente costituito da rocce calcaree di età terziaria, si sono insta turati i processi tipici della morfogenesi carsica, che anno luogo ad un rilievo molto articolato, con depressioni (doline) di varia dimensione che si alternano a dossi non molto rilevati. Il paesaggio dell’altopiano appare monotono, nell’alternarsi di appezzamenti coltivati o del bosco. Quest’ultimo crea microambienti freschi e umidi, mentre sui dossi più soleggiati cresce una boscaglia termofila con caratteri che possono somigliare alla macchia mediterranea. La flora ha una fioritura primaverile e la fauna selvatica è piuttosto varia. Sul fondo delle doline coperto dalla tipica “terra rossa” e sui versanti più dolci troviamo coltivazioni di vario tipo: quando il rilievo permette di creare appezzamenti coltivati sufficientemente estesi prevale il vigneto, ma possiamo trovare anche campi di frumento, di mais, o prati regolarmente falciati. Ci si imbatte di frequente in cumuli di pietre rimosse dai terreni coltivati. Le abitazioni rurali si trovano in prevalenza sul bordo delle depressioni, e sono tra gli elementi più evidenti nel paesaggio, esse mantengono di frequente caratteristiche tradizionali, mentre per le nuove costruzioni esistono vincoli precisi che scoraggiano i nuovi insediamenti. Se alcuni decenni fa quest’area rurale è stata luogo di parziale esodo, adesso la situazione è rovesciata, e molte famiglie desiderano abitare nei luoghi tranquilli della collina, pur facendo riferimento per il lavoro e per i servizi ai centri di pianura. Infatti, a parte le attività agricole ed alcuni allevamenti, in queste zone non sono presenti altre forme produttive. Dal punti di vista architettonico il paesaggio collinare non presenta caratteri particolare, se si escludono le care rurali meglio conservate e la chiesa di Monticello. Un elemento di grande pregio è la Rocca Pisana, villa cinquecentesca di stile palladiano, che testimonia il maggior pregio che la cittadina aveva nei secoli passati. Alcuni dati riguardanti lo sviluppo demografico di quest’area vengono ricavati dai Censimenti Generali della Popolazione, da questi si nota che la maggior parte delle popolazione risiede in case sparse, che le attività lavorative hanno subito profondi cambiamenti, con un netto calo degli addetti all’agricoltura e una crescita degli addetti all’industria, ai commerci, ai servizi. E’ molto probabile che l’attività agricola sia ora condotta in grande parte anche dai pensionati. Il numero totale delle abitazioni è in deciso aumento e negli ultimi due censimenti si può notare la presenza di alcune abitazioni destinate all’uso come seconde case. Nel 1961 praticamente nessuna abitazione disponeva di acqua ll’interno di essa e soltanto una parte poteva disporre di un pozzo; la costruzione dell’acquedotto ha modificato completamente la situazione, ma una notevole percentuale di case risulta ancora priva di acqua corrente. Si nota la totale mancanze di impianti di riscaldamento nelle abitazioni sempre in quel periodo, è presumibile che si facesse uso di legna da ardere. Ciò potrebbe rappresentare uno dei motivi della scarsa presenza di bosco nelle aree di altopiano. Lo studio morfometrico parte dalla misurazione di ciascuna forma e procede raccogliendo i dati in un database. Da queste analisi, integrate dalle informazioni fornite dallo studio delle fotografie aeree e dai sopralluoghi sul terreno, si ottiene in primo luogo una descrizione di dettaglio del paesaggio fisico, in secondo luogo si ricavano alcune indicazioni sulle dinamiche e sulla evoluzione, da confrontare con i dati bibliografici. L’analisi quantitativa è stata compiuta su una ristretta area campione, la porzione sud-occidentale dei Colli Berici. Il raccordo tra l’altopiano e la pianura avviene in alcuni punti con pendii dolci, in altri con una variazione di pendenza più accentuata. Le caratteristiche geologiche di quest’area determinano lo sviluppo di numeroso forme carsiche di superficie: sull’altopiano si incontra un susseguirsi di depressioni più o meno ampie (doline) alternate a dossi di altezza modesta, mentre è completamente assente l’idrografia superficiale. Le doline hanno dimensioni medio-piccole, forma pressoché circolare e la profondità non molto elevata, tutte le doline di questa zona possono essere definite “tronco-coniche”. Si nota che il perimetro della dolina non è quasi mai pianeggiante. L’area in esame si presenta leggermente diversa dall’insieme dei Colli Berici per due caratteri: la forma delle doline e la loro relazione con la morfologia complessiva dell’altopiano. L’evoluzione generale del rilievo dei Colli Berici non risulta ancora del tutto chiarita nelle sue tappe principali.
I modi dell’utilizzazione del suolo caratterizzano in maniera molto significativa i paesaggi, sia in termini di intensità dell’utilizzazione sia con riferimento alle tipologie degli insediamenti e delle diverse attività produttive. L’uso del suolo infatti è un carattere strettamente dipendente sia dalle componenti naturali della realtà geografiche che da quelle antropiche e diviene uno dei maggiori punti di incontro tra uomo e natura. Nello studio del paesaggio berico si è dato ampio spazio all’analisi quantitativa dell’uso del suolo. Si tratta ti uno studio eseguito su di un’area campione non molto estesa, ma le conclusioni tratte sono da considerare valide per l’intera area. Vi sono cinque diversi tipi di suolo: il bosco, si tratta di bosco ceduo dove a seconda dei versanti prevalgono le caratteristiche di bosco termofilo o di bosco mesofilo. La macchia (boscaglia), si considerano tutte quelle situazioni che vanno dall’incolto recente, alla macchia tipica di carattere termofilo delle zone più soleggiate, alla boscaglia rada. Sono situazioni tra loro molto diverse. Il prato-seminativo, i dati non permettono di individuare gli appezzamenti usati come prato a sfalcio rispetto a quelli coltivati a seminativo. Il vigneto, si nota un cospicuo aumento della superficie interessata da questa categoria, alcune importanti differenze nelle tecniche di coltura, si è infatti passati dai radi filari sostenuti da alberi intervallati da prato, al vigneto con pali di legno come sostegni, alla prevalenza di pali in cemento con appezzamenti di dimensioni maggiori. E infine l’edificato, ovvero le abitazioni e le costruzioni in generale. Risulta costante la percentuale di territorio occupata dalle categorie produttive (prato-seminativo e vigneto) rispetto a quelle poco o per nulla produttive (bosco e macchia). Si nota che avvengono ugualmente dei cambiamenti nell’uso del suolo. Il primo consiste nella trasformazione della macchia in bosco, probabilmente il territorio era stato trascurato per quanto riguarda le pratiche agricole. La boscaglia andava allora ad occupare aree non più coltivate e crescendo è diventata ciò che ora si presenta come bosco. Il secondo cambiamento è la diminuzione della categoria prato-seminativo e l’aumento della vite. È una trasformazione che modifica radicalmente la fisionomia del paesaggio berico. Rappresenta l’effetto di un processo che coinvolge l’intera attività agricola, con il passaggio da un’agricoltura che richiede molta mano d’opera e poco meccanizzata, rivolta al fabbisogno alimentare locale, ad una che mira alla vendita dei prodotti. Un ulteriore cambiamento del paesaggio è il progressivo aumento dello spazio destinato all’edificato, aumentano di numero le case sparse e anche per quanto riguarda la superficie occupata da ciascun insediamento. Cresce il numero di abitazioni per ciascun nucleo e le nuove costruzioni mantengono caratteristiche architettoniche tipiche della zona, che così si inseriscono con discrezione nel paesaggio locale. Nella categoria edificato vengono anche considerati gli allevamenti avicunicoli, grandi capannoni allungati che hanno un forte impatto visivo sul paesaggio e causano anche il problema dello smaltimento dei loro rifiuti. Nelle depressioni si concentra la maggior quantità di acqua, si trovano i maggiori spessori del suolo e l’80% delle coltivazioni è situato sul loro fondo. I versanti delle doline sono le uniche aree in cui si può osservare una leggera diminuzione delle coltivazioni. L’ecologia del paesaggio studia la situazione dei Colli Berici. L’analisi si è svolta con osservazioni dirette e studio di fotografie aeree. La scala scelta è quella che considera gli elementi fondamentali del rilievo, cioè le doline. Uno dei punti di partenza è lo studio della struttura e l’identificazione di quale sia la matrice, quali le macchie, e quali i corridoi. La matrice è l’unione delle categorie del bosco e della macchia, che occupano un’ampia parte del territorio in modo quasi continuo, essa dovrebbe esercitare il controllo più alto sul paesaggio dal punti di vista ecologico. Le macchie sono gli appezzamenti coltavi dei prati da sfalcio, dei vigneti, degli insediamenti; sono distribuiti in modo irregolare. Si riscontrano strutture lineari o allungate, assimilabili a corridoi, molto importanti per garantire la comunicazione nel tessuto paesistico. Sono soprattutto strade campestri, muretti a secco e anche le strette strisce di bosco. In questo paesaggio mancano i corsi d’acqua, poiché non vi è alcun tipo di idrografia superficiale. Per quanto riguarda l’inquinamento è difficile compiere monitoraggi perché manca un definito apparato escretore in superficie. Le interviste si sono dimostrate uno strumento di indagine ricco di potenzialità, hanno favorito il contatto con gli abitanti e di distinguere il diverso approccio di chi vive nell’area (insiders) e chi invece ne è fruitore occasionale (outsiders). Applicando questa metodologia di indagine è stato possibile stabilire quali sono gli elementi del paesaggio maggiormente conosciuti e i suoi caratteri più apprezzati. L’assenza di un vero e proprio centro abitato nelle zone collinari determina uno spostamento ero i paesi della pianura, l’altopiano ha quindi una posizione e una funzione marginali. Lonigo annovera parecchi edifici di pregio e un piacevole centro storico, mentre il piccolo centro di Alonte può solo far riferimento alla piazza del Municipio. Chi vive nei paesi riconosce al paesaggio collinare un ruolo di periferia, diversamente gli insiders privilegiano le zone dell’altopiano, apprezzano il fatto che le colline sono percorribili ed è facile passeggiare nel verde. La cittadina di Lonigo ha una sua ricchezza storico-culturale, lo manifestano i numerosi edifici pubblici e privati di prego. Le zone interne dell’altopiano sembra però che siano sempre state considerate marginali. Gli abitanti di Alonte presentano invece una minore identità culturale. Tra gli aspetti di maggior prominenza visiva vengono indicati solo gli edifici e gli elementi architettonici. Le politiche di salvaguardia e di tutela del paesaggio vengono riferito proprio all’edificato. Il problema dell’approvvigionamento dell’acqua nell’area collinare è sentito particolarmente dagli agricoltori. Si percepisce un differente atteggiamento nei confronti del paesaggio da parte dei giovani e degli anzi, questi ultimi hanno una visione utilitaristica dei vari aspetti dell’ambiente in cui vivono. I giovani invece hanno una maggiore attenzione ai valori culturali e ambientali dl paesaggio. Viene percepita l’idea che il futuro del paesaggio collinare procede attraverso la prosecuzione delle attività antropiche, con forme più compatibili con l’ambiente. Nel paesaggio attuale si leggono i segni della società che lo sta modificando e ricostruendo. Si nota una gradualità nel cambiamento, un’evoluzione continua con modificazioni graduali, che fanno mantenere al paesaggio il legame con la sua storia. È questo il maggior pregio paesaggistico, da conservare e da salvaguardare. Si ritiene che il continuo aumento dei vigneti, al fine di una maggiore resa, rischi di determinare una perdita di biodiversità e di contenuti culturali. Un altro elemento di rischio è la poca considerazione attribuita alle dinamiche del sistema carsico. C’è la necessità di una presa di responsabilità nella gestione dell’ambiente, proprio perché qui gli effetti visibili di un danno sono lontani nello spazio e nel tempo dalle cause.
Capitolo 7 Caso di studio n. 2: il paesaggio carsico del Gargano
Si prende in considerazione l’altopiano che occupa la parte occidentale del promontorio del Gargano. Esso si è trasformato da paesaggio rurale vario, vivace e non marginale a paesaggio dell’abbandono. La zona considerata presenta condizioni ambientali di tipo mediterraneo, che risentono dei venti provenienti dall’Adriatico. La temperatura invernale può essere piuttosto rigida e le precipitazioni sono abbondanti, mentre sono assenti e causano siccità in estate. Dal punto di vista morfologico il paesaggio è disseminato di doline, non sono quasi mai presenti corsi d’acqua, la continuità dell’altopiano è interrotta da dorsali alternate a vallette. La parte centrale del Promontorio del Gargano è una superficie di erosione formatasi tra il Cretaceo e il Pliocene inferiore e sollevata per cause orogenetiche. La superficie dell’altopiano è disseminata di doline, sul loro fondo si trovano spessi strati di suolo. Le zone sommitali di dossi e dorsali sono privi di una copertura completa di suolo. L’analisi del paesaggio di questa zona è stata compiuta con metodologie differenti da quelle nell’are dei Colli Berici. Sono state analizzate in dettaglio due aree, che si differenziano sia dal punti di vista morfologico che per l’evoluzione del paesaggio antropico. È stata utilizzata una metodologia di analisi di tipo qualitativo, basta sulle osservazioni dirette e integrata dallo studio delle fotografie aeree. Il percorso di analisi parte dai dati visivo-percettivi, per poi cercare di approfondirne l’origine e il significato e per ricostruire attraverso di essi le trasformazioni avvenute nel paesaggio. In quest’analisi non si può trascurare la componente soggettiva dell’osservatore. Area campione A – zona del Casino Ciavarella, è costituita da quattro situazioni morfologiche differenti: un ampio dosso sul quale si sviluppano numerose doline, alcune larhe vallecole incarsite, un ripiano leggermente inclinato e un versante piuttosto ripido. Sul bordo del ripiano si trova il Casino Ciavarella, un insediamento abbandonato. Sul ripiano e sulla parte bassa del versante il suolo risulta molto abbondante e non si evidenziano affioramenti. Due doline si aprono circa alla metà del versante. Le vallecole che quasi circondano il dosso sono in parte costituite da un susseguirsi di conche simili a doline aperte. Nella zona sono presenti fasci di faglie che danno origine a sistemi dorsali e vallecole allungate. I processi morfogenetici attivi sono da un lato quelli di erosione meccanica e di dilavamento sui versanti, dall0altro di corrosione carsica. Non si conoscono qui gli effetti ipogei del fenomeno carsico, quali la presenza di grotte. Va ricordato che le azione antropiche possono aver modificato in parte i caratteri morfologici, sia con i terrazzamenti che favorendo l’erosione del suolo. Il dosso si presenta con una copertura non omogenea di boscaglia, essa è più fitta in genere dove i versanti sono più ripidi, mentre il fondo delle doline è spesso privo di elementi arborei. La maggiore o minore densità della boscaglia dipende dall’esposizione e dalle disponibilità idriche e di suolo. Il fondo delle doline ha in genere copertura erbosa, talvolta arbustiva. Questi fattori naturali interagiscono con quelli antropici per determinare la reale distribuzione della vegetazione. Uno dei pochi segni della presenza attuale dell’uomo è l’uso del suolo come pascolo brado. L’utilizzo del territorio è estensivo, attraverso allevamento soprattutto bovino. Questo tipo di uso del suolo ha effetto sul tipo di vegetazione presente: gli animali al pascolo determinano una selezione delle specie erbacee, permettendo una crescita rapida di quelle da loro non appetite, quali l’asfodelo e la felce. La zona non è percorsa da una trama di strade, vi sono solo due elementi di viabilità: una carrareccia che collega il Casino Ciavarella alla strada asfaltata ed è in pessime condizioni. L’altra strada è invece una carrareccia lastricata in pietra, non collegata con la viabilità principale attuale e per questo oggi non utilizzata. Altri elementi lineari sono i muretti a secco in pietra calcarea. La differenza tra le due strade fa notare due modi diversi di inserirsi nel paesaggio con riferimento a due diversi modelli di rapporto uomo-ambiente: la strada vecchia, costruita con molta cura e la strada nuova, costruita affrettatamente. Nessuna dimora è attualmente abitata, sono in stato di completo abbandono, ma la roso struttura indica che in precedenza rappresentavano insediamenti significativi, rispondono a due differenti tipologie: il complesso del Casino Ciavarella e quattro carette o pagliari. Il Casino Ciavarella è un edificio a due piani, un elemento importante, quasi imponente, in passato probabilmente svolgeva funzioni importanti. Gli elementi antropici sono testimonianza di una presenza dell’uomo nel passato. C’è però anche un carattere che segnala la presenza dell’uomo in tempi recenti. I versanti delle doline vengono spesso usati come discarica di rottami. La caratteristica di questo come di tutti gli altopiani carsici è la scarsità di acqua, di qui la necessità di raccogliere quella piovana, con cisterne e grondaie. L’esodo rurale dei decenni trascorsi ha provocato la rottura degli equilibri preesistenti e ha determinato l’abbandono totale delle attività presenti in quest’area. Tutto è rudere. È una situazione di semi-naturalità in cui agiscono fattori diversi, da una parte c’è l’evoluzione spontanea degli ecosistemi che tende alla ricostruzione del bosco, dall’altra gli animali al pascolo intervengono sia a modificare le specie vegetali sia a danneggiare le coperture di suolo. Non si scorge inoltre alcun segno di intervento diretto da parte dell’uomo che possa contribuire ad accelerare le dinamiche verso una situazione di equilibrio. La seconda area oggetto di rilevamenti si estende subito a sud della grande Dolina Pozzatina. Le doline presentano sul fondo un inghiottitoio. La copertura del suolo è quasi completa sia all’interno che all’esterno delle doline, ed ha un colore bruno. La Dolina Pozzatina è una delle depressioni carsiche più grandi della Puglia, ha un ampio fondo pianeggiante. L’interpretazione della morfologia di questa zona risulta piuttosto complessa, di sicuro non recente. Il paesaggio vegetale della zona della Dolina Pozzatina è piuttosto vario, le specie presenti sono numerose e diverse associazioni vegetali si differenziano nelle aree a pascolo, in quelle in cui cresce il bosco e in quelle a prato, che si alternano alle coltivazioni. Questo non può essere considerato né un paesaggio naturale, né in completa rinaturalizzazione, perché risente moltissimo dell’azione dell’uomo. I caratteri antropici del paesaggio sono in quest’area chiaramente distinguibili poiché la zona è ancora sfruttata per l’agricoltura e per il pascolo sia di vacche che di capre. Le coltivazioni sono quasi tutte erbacee. La grande Dolina Pozzatina è coltivata in tutta l’estensione del fondo a grano tenero o avena. In quest’area l’esodo rurale non ha significato la perdita dei caratteri tradizionali del paesaggio. Quest’area ha conservato quasi per intero la struttura tradizionale, basata sulla presenza di attività agricole e pastorali. Il tipo di coltivazioni dipende in parte dalla vocazione dei terreni e dalle condizioni ambientali, privilegiando quelle specie che non risentono eccessivamente della siccità estiva, dipende anche in gran parte da ragioni economiche. La zona circostante la Dolina Pozzatina si caratterizza per la presenza di numerosi fili spinati, al confine tra zone con diversa destinazione d’uso, oppure tra proprietà. I muretti a secco sono presenti con il medesimo scopo, ma in misura minore. Oltre alla strada asfaltata la zona è percorsa da alcune stradine secondare e carrarecce che raggiungono i campi coltivati. Ci sono alcune case tradizionali risistemate e case di nuova costruzione, che possono essere considerate come seconde case di persone che vivono nei centri abitati. L’unica attività produttiva è il pascolo e non vi sono quasi più insediamenti. Nella zona della Dolina Pozzatina invece si mantengono le attività tradizionali e le abitazioni aumentano di numero. L’analisi di questo paesaggio è effettuata da un outsider, esterno sia ai luoghi che alla cultura del posto. Può essere una visione limitata, che si ferma agli elementi del paesaggio più appariscenti, oppure può avere il vantaggio di una maggiore curiosità da parte del ricercatore, che cerca proprio di oltrepassare i pregiudizi derivati dalle visioni superficiali e stereotipate. Le aree oggetto di studio sono quasi per intero comprese nel Parco Nazionale del Gargano e sono oggetto di politiche di sviluppo e di tutela dell’ambiente e salvaguardia del paesaggio come bene culturale ed ambientale. Attualmente però, non essendo ancora stato redatto il Piano per il Parco, risultano vigenti solamente le norme e i divieti generici per tutte le aree protette, mentre manca un progetto più ampio di valorizzazione del territorio in generale. Vi sono difficoltà anche di tipo amministrativo e burocratico, il confine comunale taglia la Dolina Pozzatina in due parti, una nel Parco e l’altra no. Si avverte la necessità di regolamentazioni vincolanti per le seconde case. È necessaria un’educazione ai valori paesaggistici.
Capitolo 8 Due sistemi paesistici a confronto: analogie e differenze tra l’evoluzione del paesaggio dei Colli Berici e del Gargano
Caratteristiche comuni sono: l’articolazione del rilievo in forme concave e convesse, la mancanza di idrografia superficiale, la distribuzione non omogenea delle coperture di suolo, i modi dell’utilizzazione del suolo con un’agricoltura parcellizzata in piccoli appezzamenti, con sistemi di raccolta dell’acqua, con la costruzione di terrazzi di coltura sorretti da muretti a secco, con i cumuli di pietre prodotti dallo spietramento. Un altro carattere di somiglianza tra due sistemi è quella di essere aree rurali con attività agricole e pastorali diffuse. La relazione tra processi e forme rurali e modi dell’utilizzazione antropica è talmente intensa che si può parlare di paesaggi agro-carsici. Una seconda caratteristica comune è legata alla loro ruralità, che ha contraddistinto le due aree soprattutto fino a qualche decennio fa. Queste aree si differenziano invece per la frequente presenza di notevoli spessori di suolo anche nelle aree esterne alle doline, il che permette di utilizzarle come aree coltivabili, sia sui Berici sia in Gargano le coltivazioni coprono una notevole percentuale della superficie totale, e non sono limitate al solo fondo delle doline. Per i Berici non si notano intense trasformazioni, se non un aumento delle dimensioni degli appezzamenti e una maggiore presenza di vigenti. Per il Gargano si può invece parlare di rinaturalizzazione spontanea con una crescita più rapida della vegetazione sul fondo delle doline, dove si sviluppane specie infestanti poco appetite dal bestiame. La dolina resta comunque un elemento particolarmente significativo in queste zone, tale da poterla definire unità elementare di paesaggio. Questa conformazione a pieni e vuoti delle aree di altopiano, permette di riconoscere una doppia dimensione percettiva del paesaggio, aperto e chiuso. La prima evidente differenza dal punto di vista ambientale tra Colli Berici e Gargano è riferita al clima, in dipendenza soprattutto dalla diversa latitudine. Essa è in parte mitigata dalla diversa altitudine e da fattori legati all’esposizione. In Gargano il deficit di bilancio idrico infatti si riscontra per una lunga fase in estete. Gli effetti negativi della siccità estiva sono accresciuti dalla scarsità di sorgenti, mentre nei Berici le sorgenti si trovano abbastanza vicine alle abitazioni. Un altro elemento molto significativo è la condizione di marginalità, la distanza rispetto ai centri abitati; dall’altopiano berico si raggiungono con facilità i centri di pianura, mentre le aree interne del Gargano sono molto più distanti dai paesi, che hanno sempre rappresentato la sede di residenza, per la maggior parte la popolazione è vissuta solo temporaneamente nelle campagne. Se il concentrarsi di flussi turisti sulle cose garganiche ha in parte dato nuovo prospettive alla regione, ciò non ha coinvolto le aree interne, anzi, potrebbe aver spostato ancor più lontano da esse il baricentro. Il paesaggio dei Colli Berici meridionali si è modificato con un processo di trasformazione graduale e con media intensità, mantenendo molti degli elementi, delle relazioni e dei significati che lo caratterizzavano in precedenza; si può quindi parlare di adattamento. Le motivazioni si possono ricercare sia in un cambiamento nell’ambiente esterno, sia in una struttura del paesaggio sufficientemente complessa e con un libello di resilienza medio-alto che ha permesso di assorbire i cambiamenti .La struttura attuale è pure sufficientemente complessa e resiliente, e sembra che vi siano i presupposti perché i cambiamenti continuino a procedere con gradualità. Il paesaggio del Gargano si è modificato in modo radicale, perdendo la maggior parte dei significati; sarebbero pertanto cambiati gli obiettivi del sistema, trasformatosi attraverso il processo di morfogenesi; i profondi cambiamenti dell’ambiente esterno non sono stati assorbiti a causa sia di una condizione ambientale più fragile rispetto a quella dei Berici, sia di una struttura del paesaggio di bassa complessità e resilienza. Si avverte la necessità di individuare nuovi significati funzionali, simbolici e progettuali affinché il paesaggio possa ricostituirsi in una nuova struttura.
Capitolo 9 L’educazione al paesaggio per comunicare con il mondo
Il paesaggio costituisce il volto della terra, un volto visibile e sensibile. Il paesaggio è il mezzo per entrare in contatto nella maniera più immediata e diretta con un luogo, con una società. Esso è la prima occasione di incontro con le diverse realtà geografiche con le quali tutti entrano in contatto. D’Angiò considerando il paesaggio come porzione di spazio percepita dall’osservatore ripropone le due diverse dimensioni che ne contraddistinguono la percezione: il paesaggio è contemporaneamente fonte di formazione e fonte di sensazioni. L’autore sottolinea il ruolo del paesaggio nell’educazione geografica. Diventa così particolarmente importante fornire gli strumenti affinché l’incontro e la scoperta non restino superficiali. Educare al paesaggio significa promuovere lo sviluppo delle capacità di osservare con attenzione, di porsi domande, di atteggiarsi con curiosità nei confronti di oggetti e fenomeni, di fronte tanto agli scenari eccezionali quanto a quelli semplici e quotidiani. L’educazione al paesaggio è un percorso in cui si imparano i modi attraverso cui il paesaggio comunica, in cui si impara a riconoscerne il linguaggio. Considerando il paesaggio come luogo di comunicazione si possono porre due ordini di quesiti per i quali cercare una risposta: riguardo al linguaggio usato da esso per comunicare e riguardo ai contenuti di tale comunicazione. L’acquisizione dei codici di base per la lettura del paesaggio prevede lo sviluppo di abilità raggruppabili in due ambiti principali: quello della percezione soggettiva e dell’educazione all’immagine e quello della capacità di osservazione, di analisi, di descrizione, di far emergere questioni e di risalire a fatti che stanno dietro le apparenze. Il percorso cognitivo può essere suddiviso in due tappe, la prima è quella della percezione, nella quale viene chiamata in causa la sensibilità dell’alunno. La seconda si tratta dapprima di individuare gli elementi principali, suddividendoli per temi, e infine si deve prevedere una fase di sintesi degli elementi del paesaggio, raggruppandoli in insieme e mettendoli in relazione. La capacità di modellizzazione e di astrazione costituisce uno degli importanti contenuti formativi insiti nell’educazione al paesaggio. Lo studio di esso è un’occasione utile per la formazione alla logica sia del ragionamento che dell’esposizione, tenendo conto della personalità degli allievi. La familiarità con i processi di comprensione dei segni paesistici, l’abitudine a porre questioni, a chiedersi perché, diventa una importante modalità di superamento della soglia della superficialità, che può portare a una sorta di fatalismo per cui non si cerca di dare una spiegazione al paesaggio più familiare, ma semplicemente lo si accetta così com’è. Questa superficialità significa quindi chiusura sia nei confronti di paesaggi diversi sia delle conseguenze delle azioni dell’uomo. Lo studio del paesaggio permette operazioni di confronto stimolanti. Si potrebbe parlare più propriamente di educazione ai paesaggi per sottolineare l’importanza di saperne di più di spazi che sono oltre i confini abituali. Il paesaggio diviene quindi strumento concettuale e chiave significativa per la scoperta di altre culture, di oggi ma anche di ieri. Biasutti afferma che a differenza del paesaggio sensibile, il paesaggio geografico dev’essere costituito da un piccolo numero di elementi caratteristici e che è necessario considerare soltanto le grandi forme del paesaggio terrestre e limitare il numero degli elementi da prendere i considerazione. Il paesaggio sensibile è costituito da un grandissimo numero di elementi ma ciò non esclude la sua efficacia per avviare lo studente ad una geografia attiva. Un altro ruolo dell’educazione al paesaggio consiste nella presa di coscienza degli effetti delle azioni dell’uomo nei confronti del territorio, e nella conseguente assunzione di responsabilità nell’operare le scelte. Le modalità con cui l’uomo interagisce con il proprio ambiente di vita devono diventare oggetto di riflessione e di giudizio. Il paesaggio non è solo problema di conoscenza, ma anche progettualità e operatività. Si tratta di due categorie di valori, da una parte i valori relativi all’ambiente naturale, al mantenimento della bio-diversità; dall’altra sta il valore del paesaggio come risultato della cultura che vi si produce, come luogo in cui riconoscere i differenti modi attraverso cui i gruppi umani si sono relazionati con lo spazio. L’imparare a vedere è un presupposto fondamentale della conoscenza del paesaggio e porta al senso di identità e di appartenenza ad un territorio. Turri afferma che il paesaggio rispecchia il mondi in cui viviamo, di cui anche noi siamo parte attiva. Grazie agli strumenti multimediali e telematici, la comunica zio ne con il mondo sembra non essere mai stata tanto facile quanto lo è oggi. L’educazione al paesaggio proposta attraverso esperienze concrete e l’osservazione attenta possono essere strumenti utili affinché le scoperte virtuali di mondi diversi  non restino sul piano della superficialità. Ma attraverso gli strumenti multimediali si possono anche offrire maggiori potenzialità ad un percorso di educazione al paesaggio. La rappresentazione del paesaggio può servirsi in maniera opportuna di queste metodologie che presentano alcune potenzialità non riscontrabili negli strumenti tradizionali.

Capitolo 10 Educare al valore del paesaggio per una partecipazione responsabile
L’educazione al paesaggio non si può rinchiudere nelle ore scolastiche di geografia, ma per essa vanno allestiti progetti più ampi e con coinvolgimento di diversificate competenze disciplinari. Questi progetti non vanno pensati solo per la scuola, ma devono far parte di progetti di educazione permanente, per tutte le età. Non si tratta solo di un percorso cognitivo, ma di un processo di acquisizione di senso di responsabilità e di partecipazione nelle scelte che riguardano la trasformazione e lo sviluppo del territorio e del paesaggio. L’educazione allo sviluppo sostenibile deve diventare un elemento strategico per la promozione di comportamenti critici dei cittadini vero il proprio contesto ambientale. L’educazione ambientale nell’ambito scolastico non è circoscrivibile in una materia, ma è interdisciplinare e trasversale. Essa contribuisce a ricostruire il senso di identità e le radici di appartenenza, a sviluppare il senso civico. Gli stati membri del Consiglio d’Europa dispongono con il paesaggio di un bene prezioso da mantenere e da gestire con cooperazione internazionale. La Convenzione restituisce al paesaggio una posizione centrale nei processi di sviluppo sostenibile, esso svolge importanti funzioni di interesse generale e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica. Esso coopera all’elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale. È un elemento importante della qualità della vita delle popolazioni e i cambiamenti economici mondiali continuano ad accelerarne le trasformazioni. Tutti hanno il diritto/dovere di partecipare alla sua salvaguardia e gestione. Il paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e umani e delle loro interrelazioni. La Convenzione si applica su tutto il territorio delle Parti e riguarda spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi eccezionali che di vita quotidiana e degradati. Il paesaggio deve diventare un tema politico di interesse generale, poiché interessa tutti i cittadini e deve venir trattato in modo democratico. Per rafforzare il rapporto tra cittadini e paesaggio è necessario un processo formativo di ampio respiro, la prima delle misure specifiche adottate dalla Convenzione è quella della sensibilizzazione. La seconda misura riguarda l’impegno alla formazione e all’aggiornamento a vari livelli in modo che tutti acquisiscano la consapevolezza dei problemi connessi con il contesto nel quale vivono. Il Museo costituisce una risorsa molto interessante per promuovere il discorso intorno al paesaggio e estremamente efficace. Gli Ecomusei sono istituiti dalla Regione Piemonte come uno strumento innovativo con la finalità della tutela e valorizzazione della memoria storica, della cultura materiale e del modo in cui le attività umane hanno caratterizzato il paesaggio. È un museo del tempo e dello spazio, si riferisce al passato come al presente, proiettandosi verso il futuro. L’Ecomuseo è un vero e proprio progetto per il territorio, di valorizzazione e di tutela, che prevede un forte coinvolgimento delle popolazioni.

With love , D. 

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